Gli alimenti privi di glutine rappresentano l’unica strada e cura utile per chi soffre della malattia celiaca. L’individuo che apprende di essere celiaco dovrà da subito adoperarsi per intraprendere il percorso verso la dieta priva di glutine, attualmente considerata, sotto il profilo nutrizionale, più equilibrata per il paziente.
Le due uniche alternative alimentari sono rappresentate o dal consumo di alimenti per natura privi di glutine, quindi carne, pesce, uova, verdure, riso, mais, quinoa, patate, legumi; oppure ci si può orientare verso prodotti industriali detti “dietoterapeutici” realizzati con farine prive di glutine come quella di mais e di riso, che aumentano notevolmente la spesa del paziente.
E’ proprio su questi alimenti, realizzati dall’industria, che lo Stato, a partire dal 2001, riconosce un contributo per l’acquisto che oscilla dai 90 ai 140 euro per le persone celiache, importo, sufficiente a coprire circa il 35% del costo totale del fabbisogno calorico necessitato.
Tali prodotti, sono stati spesso al centro del dibattito per le loro caratteristiche nutrizionali ad elevata concentrazione di grassi, zuccheri e sale; le industrie produttrici, dunque, più volte additate dalla critica, si sono dovute necessariamente impegnare per migliorare la qualità di tali cibi e, conseguentemente, il profilo nutrizionale del paziente. Azione necessaria, dal momento che gli alimenti gluten-free sono considerati per chi soffre di celiachia alla stregua dei farmaci.
Il dibattito relativo al disturbo è notevole e l’attenzione è sempre maggiore anche in base ad alcune informazioni derivanti da studi passati. Nel 2006, infatti, una ricerca, pubblicata sul “The American Journal of Gastroenterology” evidenziava come dopo diverso tempo di dieta priva di glutine, si potesse instaurare nel paziente uno stato di malnutrizione derivante dall’eccessivo consumo di grassi saturi, zuccheri semplici e sale, elementi tipici degli alimenti privi di glutine. Le cause sono state poi oggetto di ulteriori indagini da parte di alcuni studiosi italiani. La successiva ricerca, pubblicata sul Journal of Human Nutrition and Dietetics ha dimostrato come i bambini celiaci osservati assumevano un eccesso di zuccheri semplici, grassi e proteine rispetto a quelli sani, situazione poi appesantita dal minore apporto di fibre e dalle poche informazioni presenti in etichetta. Da qui, il punto di partenza per il miglioramento.
E’ chiaro che in natura esistono prodotti privi di glutine in grado di sostituire l’assunzione, dal punto di vista nutrizionale, di pane, pasta, focacce ,tuttavia, sul piano psicologico e sociale bisogna ammettere che il celiaco può vivere situazioni di disagi, da qui l’esigenza di ideare prodotti adatti alla dieta celiaca ma quantomeno visibilmente e nutrizionalmente vicini a quelli tradizionali, cosa, che la comunità scientifica auspicava da tempo e che si avvia ad ottenere.
L’ultima indagine dell’Associazione Italiana Celiachia (AIC) condotta in collaborazione con l’Università di Genova su circa duecento prodotti (pane, biscotti, merendine) gruten –free ha dimostrato, sin dalle prime sperimentazioni, una certa sovrapponibilità dal punto di vista nutrizionale di questi prodotti rispetto a quelli tradizionalmente consumati al punto di poter affermare che anche le differenze di grassi e apporto energetico rispetto al totale giornaliero fabbisogno si stanno assottigliando rispetto al passato, soprattutto, in relazione all’uso dell’olio di palma centro dei dibattiti attuali. Si può concludere, dunque, stando ai dati elaborati, che la anche se la celiachia resta, le differenze, i disagi e soprattutto il profilo nutrizionale del paziente migliora via via grazie alla ricerca.