Smascherare l’inganno dell’aggiunta di zucchero al vino che l’Unione Europea consente ai Paesi del centro e nord Europa mentre in Italia è vietato da oltre 50 anni: è quanto afferma la Coldiretti nel commentare positivamente l’indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Napoli Nord e realizzata dalla Guardia di Finanza di Caserta in collaborazione con gli ispettori dell’Icqrf sullo zucchero di origine serba e slovena importato illecitamente in Italia e venduto in nero a imprenditori vitivinicoli per adulterare i propri prodotti.
Un trucco di cantina che è permesso nella maggioranza dei Paesi dell’Unione Europea ma vietato in Italia dove si considera questa pratica al pari di una sofisticazione. Occorre cogliere l’occasione della revisione delle norme in materia di indicazione in etichetta delle dichiarazioni nutrizionali e degli ingredienti per consentire finalmente ai consumatori di sapere se il vino che bevono è stato ottenuto o meno con l’aggiunta di zucchero.
Dal vino zuccherato a quello annacquato, dal vino in polvere a quello alla frutta ma anche il finto rosato o le imitazioni delle denominazioni più note, sono solo alcuni dei trucchi consentiti all’estero. Si tratta di pratiche che in Italia sarebbero punite anche come reato di frode, ma che all’estero sono invece permesse con evidente contraddizione favorita dall’estensione della produzione a territori non sempre vocati e senza una radicata cultura enologica che con la globalizzazione degli scambi colpisce direttamente anche i consumatori di Paesi con una storia del vino millenaria.
Sono infatti aumentate dell’8% le bottiglie straniere di vino e spumante stappate in Italia per un totale di 32,7 milioni di chili nel 2017. Lo zuccheraggio del vino – spiega la Coldiretti – è ad esempio permesso nell’Unione Europea ad eccezione di Italia Spagna, Portogallo, Grecia, Cipro, Malta e in alcune aree della Francia che rappresentano però circa l’80% della produzione comunitaria. Negli Stati Uniti, invece al contrario è addirittura consentita l’aggiunta di acqua al mosto per diminuire la percentuale di zuccheri secondo una pratica considerata una vera e propria adulterazione in Italia. Miscele di vini da tavola bianchi e rossi per produrre un “finto rosè” vietate in Europa sono possibili invece in Nuova Zelanda e in Australia.
L’Unione Europea però ha dato il via libera al vino senza uva con l’autorizzazione alla produzione e commercializzazioni di vini ottenuti dalla fermentazione di frutti diversi dall’uva come lamponi e ribes molto diffusi nei Paesi dell’Est. L’ultima frontiera dell’inganno è nella commercializzazione molto diffusa, dal Canada agli Stati Uniti fino ad alcuni Paesi dell’Unione Europea, di kit fai da te che promettono il miracolo di ottenere in casa il meglio della produzione enologica Made in Italy, dai vini ai formaggi.
Si tratta di confezioni che grazie a polveri miracolose promettono in pochi giorni di ottenere le etichette più prestigiose come Chianti, Valpolicella, Frascati, Primitivo, Gewurztraminer, Barolo, Lambrusco o Montepulciano. Il problema non è legato solo all’utilizzo delle pregiate denominazioni del Belpaese poiché in base alla normativa europea del vino, non è possibile aggiungere acqua nel vino o nei mosti. La definizione europea del vino non contempla l’aggiunta di acqua e soprattutto per questo il commercio dei wine kit su tutto il territorio europeo andrebbe vietato.