Dai tessuti alla pasta, dalla birra ai cosmetici, dalla carta ai saponi, dai biscotti al pane ma anche detersivi, vernici o addirittura mattoni per la bioedilizia, in Italia è scoppiata la “canapamania” che ha favorito negli ultimi tre anni un aumento del 200% dei terreni coltivati a livello nazionale che oggi raggiungono quasi i tremila ettari.
E’ quanto emerge da uno studio della Coldiretti in occasione della storica entrata in vigore dal 14 gennaio 2017 della legge numero 242 del 2 dicembre 2016 recante “Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa” resa necessaria per superare le diffidenze del passato e sostenere il boom in atto in Italia. La ricerca della naturalità nell’abbigliamento, nell’alimentazione ed in generale l’affermarsi di stili di vita piu’ ecologici ha favorito la diffusione della canapa che è particolarmente versatile negli impieghi ma anche in grado dal punto di vista colturale è a basso impatto ambientale, contribuisce alla riduzione del consumo dei suoli e della desertificazione e alla perdita di biodiversità.
Dalla canapa si ottengono eco-mattoni da utilizzare nella bioedilizia che, oltre a garantire un’alta capacità isolante, sia dal caldo che dal freddo, assorbono anche CO2 ma c’è pure il pellet di canapa per il riscaldamento che assicura una combustione pulita. Numerosi gli impieghi in campo alimentare, dai biscotti e dai taralli fino al pane di canapa, dalla farina di canapa all’olio, le cui proprietà benefiche sono state riconosciute dal Ministero della Salute, dall’Oms e da numerose ricerche. Il seme di canapa e gli alimenti derivati contengono, infatti, proteine che comprendono tutti gli aminoacidi essenziali, in proporzione ottimale e in forma facilmente digeribile. Dalla canapa si ricavano inoltre tessuti naturali ottimi sia per l’abbigliamento, poiché tengono fresco d’estate e caldo d’inverno, sia per l’arredamento, grazie alla grande resistenza di questo tipo di fibra.
Per l’Italia si tratta in realtà di uno storico ritorno per una coltivazione che fino agli anni ‘40 era più che familiare tanto che il Belpaese con quasi 100mila ettari era il secondo maggior produttore di canapa al mondo (dietro soltanto all’Unione Sovietica). Il declino è arrivato per la progressiva industrializzazione e l’avvento del “boom economico” che ha imposto sul mercato le fibre sintetiche, ma anche dalla campagna internazionale contro gli stupefacenti che ha gettato un ombra su questa pianta. ll Governo italiano nel 1961 sottoscriveva una convenzione internazionale chiamata “Convenzione Unica sulle Sostanze Stupefacenti” (seguita da quelle del 1971 e del 1988), in cui la canapa sarebbe dovuta sparire dal mondo entro 25 anni dalla sua entrata in vigore mentre nel 1975 esce la “legge Cossiga” contro gli stupefacenti, e negli anni successivi gli ultimi ettari coltivati a canapa scompaiono.
La consapevolezza dell’esigenza di creare un quadro legislativo di minore rigidità che possa valorizzare le caratteristiche distintive della canapa italiana ha portato finalmente alla creazione di un quadro legislativo che può valorizzare le caratteristiche distintive della canapa in Italia dove si sta verificando una rapida diffusione della coltivazione dalla Puglia al Piemonte, dal Veneto alla Basilicata, ma anche in Lombardia, Friuli V.G. Sicilia e Sardegna.