Gli Stati generali sui cambiamenti climatici e sulla difesa del territorio, convocati dal governo Renzi il 22 giugno, devono segnare l’apertura di una pagina nuova su un tema che è oggi più che mai al centro dell’agenda politica internazionale. L’Italia è infatti l’unico dei grandi paesi europei che non ha ancora alcuno strumento strategico che fissi obiettivi e tappe di riduzione delle emissioni di gas serra e sono significativi i ritardi nelle politiche di adattamento, quando sono sempre più evidenti gli impatti nel territorio, che si accelereranno in una prospettiva di riscaldamento globale legata alla crescita delle emissioni climalteranti.
L’augurio è che, con questi Stati generali, l’Italia guardi finalmente verso un futuro incentrato su fonti rinnovabili ed efficienza energetica, su un’economia circolare che valorizzi i territori, su un’agricoltura che rafforzi le naturali funzioni del suolo di assorbimento della CO2, la manutenzione dal rischio idrogeologico, il ripristino della funzionalità dei sistemi naturali. Dunque che cambi finalmente l’asse della politica del governo Renzi, che in questi 16 mesi ha puntato sulle trivellazioni di petrolio e gas e alla riprivatizzazione dell’acqua – con il decreto Sblocca Italia – e messo paletti alla crescita delle fonti rinnovabili (con lo spalma incentivi e con la recente bozza di decreto sulle fonti rinnovabili elettriche) ciò nonostante il successo realizzato negli ultimi dieci anni, con un contributo rispetto ai consumi elettrici passato dal 15 al 38%.
Gli stati generali devono essere l’avvio di un nuovo percorso per traghettare l’Italia oltre la crisi e verso un economia “low carbon” che valorizzi e crei occupazione nei territori. Proprio in questa direzione deve andare il ruolo che l’Italia dovrà svolgere nell’Unione europea alla Conferenza sul clima di Parigi, per raggiungere un accordo che permetta al mondo di agire insieme, di agire in fretta, di agire in modo efficace ed equo.
La “Coalizione italiana Parigi 2015: mobilitiamoci per il clima” chiede che il governo italiano prenda un chiaro impegno su cinque azioni fondamentali per il clima:
1 Approvare prima della Conferenza di Parigi una strategia per il clima
L’Italia ha un indifferibile bisogno di una strategia che fissi gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra, col relativo Piano di azioni, secondo una prospettiva che assuma sul serio gli obiettivi europei, per l’interesse che ha il nostro Paese a ridurre importazioni e consumi di fonti fossili in tutti i settori strategici e a intrecciare obiettivi economici, industriali e sociali.
2 Realizzare concretamente la just transition verso un’economia low carbon
Dall’edilizia all’industria, dall’agricoltura ai trasporti, occorre spingere con forza un’innovazione trasversale ai diversi settori che permetta di ridurre i consumi energetici e le emissioni, aiutando così le famiglie e le imprese. Per questo serve accompagnare con efficaci politiche le fonti rinnovabili verso la grid parity, in una prospettiva di generazione distribuita integrata nei territori e con interventi di efficienza energetica per ridurre la domanda di energia. Un nuovo modello economico sostenibile si basa su un’economia circolare, che permette di tenere assieme gli obiettivi di tutela e corretta gestione delle risorse, di recupero, riciclo e riuso delle materie, fondamentale in un Paese storicamente importatore come l’Italia. Il governo deve intervenire cancellando tutte le barriere che ostacolano lo sviluppo delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica, che sono state messe in questi anni con interventi retroattivi, il perdurare dell’incertezza sulle politiche, le barriere all’approvazione degli impianti anche di piccola taglia. Il primo segnale che va mandato subito riguarda la radicale modifica della bozza di decreto sulle rinnovabili elettriche non fotovoltaiche. Il secondo riguarda l’attuazione di quanto prevedono la direttiva sull’efficienza energetica e lo stesso decreto attuativo, sbloccando finalmente il fondo per gli investimenti e introducendo regole chiare per i controlli in edilizia, nell’interesse dei cittadini. L’impegno per la decarbonizzazione dell’economia deve essere accompagnato da interventi di sostegno al mercato del lavoro, una solida agenda sociale che comprenda: investimenti per la creazione di posti di lavoro di qualità, la partecipazione dei lavoratori, la riqualificazione delle competenze e dei curriculum verso i nuovi settori dello sviluppo sostenibile, la ricollocazione dei lavoratori dei settori altamente inquinanti che verranno dismessi, la protezione sociale e il rispetto dei diritti del lavoro.
3 Stop ai sussidi alle fonti fossili e alle trivellazioni di petrolio e gas
Come sancito dall’ultimo G7 in Germania, occorre cancellare tutti i sussidi diretti e indiretti alle fonti fossili che ancora esistono in Italia nelle bollette elettriche, nell’autotrasporto, nelle politiche industriali. Ma il governo Renzi deve anche cambiare strada rispetto alle scelte realizzate negli ultimi anni di via libera alle trivellazioni petrolifere, in Italia e nel Mediterraneo.
4 Adattamento del territorio ai cambiamenti climatici
Dopo la definitiva approvazione della strategia nazionale di adattamento, occorre passare dalle parole ai fatti con politiche di rafforzamento della resilienza dei territori rispetto ai fenomeni meteorologici estremi, di messa in sicurezza delle città dagli impatti e i danni che sempre più spesso si determinano, di manutenzione del territorio e di riduzione del rischio, di valorizzazione del ruolo dell’agricoltura. In questa direzione, attraverso la chiave dell’adattamento, deve realizzarsi subito la revisione dei progetti contro il dissesto idrogeologico.
5 Sviluppo sostenibile nel mondo, a partire dal Mediterraneo
L’Italia, all’interno dell’Europa, deve diventare protagonista di una politica di sviluppo nel mondo che sostenga i paesi più poveri, sia attraverso politiche di trasferimento tecnologico e realizzazione di progetti di innovazione energetica, che di intervento per aiutare i territori più esposti al rischio e agli impatti del rischio climatico. In particolare l’Italia deve assumere questo obiettivo con forza rispetto al Mediterraneo, partecipando al finanziamento del Fondo Verde per il clima con fondi addizionali e individuando progetti di cooperazione per aiutare territori e comunità in progetti di fonti rinnovabili e di adattamento delle città e delle aree agricole ai cambiamenti climatici, in modo anche da affrontare la questione dei profughi ambientali.