Il mese di febbraio si è distinto per le ampie oscillazioni termiche che permettono di suddividerlo in tre differenti periodi: una prima lunga fase mite, una seconda breve fase molto fredda a metà mese, seguita da un’altra lunga fase mite. Iconameteo fornisce una attenta analisi del mese appena trascorso.
Durante il primo periodo caldo- afferma il meteorologo Simone Abelli di iconaclima.it – masse d’aria calda di estrazione sub-tropicale hanno invaso il Mediterraneo andando a interessare con più efficacia le regioni centro-meridionali; in particolare la sciroccata fra sabato 6 e domenica 7 ha rappresentato l’apice del caldo ed è stata caratterizzata, oltre che dal poderoso trasporto di polvere sahariana verso le nostre regioni e gran parte dell’Europa centro-meridionale (con vistoso deposito rossastro su nevai e ghiacciai alpini), anche da picchi di temperatura vicini ai 30 gradi sul versante tirrenico della Sicilia (prossimi ai record storici) e un nuovo record in Sardegna con i 24.3°C di Alghero.
Il successivo crollo termico, causato dall’irruzione di aria polare continentale, rappresenta la più intensa ondata di freddo di questo inverno, accompagnata anche da nevicate a bassa quota che hanno interessato molte regioni, fin lungo i litorali del medio-basso Adriatico, quelli ionici e persino le colline del versante tirrenico della Sicilia dove appena una settimana prima si sfioravano i 30 gradi. Le nevicate in prossimità delle coste sono state incrementate anche dal cosiddetto “Sea effect snow” ossia dall’instabilità generata dallo scorrimento di aria gelida sopra la superficie molto più calda del mare. Non sono stati raggiunti valori record, ma il gelo si è fatto sentire in molte zone, in particolare sulle Alpi orientali dove molte località hanno dovuto fare i conti con picchi minimi sotto i -20°C.
La fase decisamente mite che ha poi preso repentinamente quota negli ultimi 10 giorni del mese, a differenza del periodo caldo ma più dinamico iniziale, ha visto l’espansione e la stabilizzazione di una vasta e robusta area anticiclonica col proprio carico di aria calda su gran parte dell’Europa centro-meridionale con conseguente maggior incidenza sulle anomalie termiche al Centro-Nord d’Italia e sui Paesi centrali del continente. Infatti, nuovi record di temperatura massima sono stati registrati in particolare al Nord-Est con punte fino a livelli da mese di maggio, come ad esempio i 25.6°C di Gorizia, i 24.8°C di Ronchi dei Legionari, i 23.8°C di Treviso I., i 23.6°C di Aviano e i 22°C di Venezia, ma anche al Centro con i 22.4°C di Arezzo e i 22.3°C di Viterbo.
Primavera anticipata e improvvisa anche sull’Europa centrale dove, dopo il gelo intenso di metà mese, le temperature sono risalite di 15-20 gradi nell’arco di alcuni giorni portandosi anche oltre i 20°C e andando a stabilire anche qui nuovi record. Durante questa ultima decade stabile e calda hanno preso forma in maniera piuttosto diffusa le nebbie marittime che si sono addossate a molti tratti costieri penetrando all’interno (nebbie da avvezione) e permanendo in parte anche durante le ore centrali del giorno: in queste zone le temperature sono rimaste di diversi gradi più contenute rispetto alle vicine aree soleggiate. Nel complesso l’anomalia termica di febbraio è stata di +2.2°C rispetto alla media del trentennio 1981-2010, un valore decisamente elevato se si tiene conto della sia pur breve fase gelida di metà mese, che pone questo febbraio al 7° posto fra i più caldi della serie storica. Gli scarti maggiori sono stati osservati al Nord (+2.7°C) seguiti dal Centro (+2.3°C), Sardegna (+1.7°C), Sud (+1.6°C) e Sicilia (+1.2°C). Anche l’intera stagione invernale è risultata piuttosto mite, grazie soprattutto ai mesi di dicembre e febbraio, con uno scarto di +1.2°C a livello nazionale che rappresenta il 6° valore più elevato della serie insieme al 1998.
Dal punto di vista pluviometrico febbraio può essere suddiviso in due periodi: la prima metà del mese piovosa per il passaggio di 5 perturbazioni; la seconda metà del mese decisamente siccitosa per il dominio anticiclonico che ha ostacolato il transito dei sistemi nuvolosi organizzati. Il dato complessivo (-3% di scarto a livello nazionale) sostanzialmente nella media, nasconde, tuttavia, una distribuzione eterogenea delle anomalie sul territorio: al Nord-Ovest hanno prevalso gli scarti positivi (+33%), mentre al Centro, in Sicilia e in Sardegna si sono evidenziati soprattutto i deficit (-20%, -18% e -43% rispettivamente); al Nord-Est e al Sud le anomalie sono state meno vistose (+1% e +9% rispettivamente), ma con al loro interno alcune aree decisamente siccitose come l’Emilia Romagna o particolarmente piovose come la Campania.
La stagione invernale, invece, è stata generalmente molto piovosa a causa dei mesi di dicembre e gennaio durante i quali ha piovuto il doppio del quantitativo normale: l’anomalia complessiva si è assestata al notevole valore di +72% che fa salire questo inverno sul podio al 3° posto fra i più piovosi dopo il record del 1972 (+94%) e il dato del 1978 (+76%). Fra le varie aree del Paese spiccano le regioni settentrionali dove ha piovuto più del doppio, mentre nel resto del Paese le anomalie sono state un po’ più contenute, ma sempre in gran parte ampiamente positive.
Durante il piovoso trimestre invernale in diverse località sono stati osservati notevoli accumuli, alcuni dei quali rappresentano dei record nell’ambito degli ultimi decenni. Ad esempio nel mese di dicembre i 197 mm osservati a Bergamo, 187 mm a Brescia, 259 mm a Ronchi dei Legionari, 171 mm a Verona e 226 mm a Pisa sono gli accumuli più elevati rilevati dal 1979; in gennaio gli accumuli più significativi sono stati osservati ancora a Pisa con 268 mm (valore più elevato dal 1979) e a Roma con 185 mm (valore massimo del mese dal 1958). Nell’intera stagione invernale 2020-2021 spiccano i 481 mm di Ronchi dei Legionari e i 545 mm di Pisa che rappresentano i massimi valori dal 1979, e i 434 mm di Roma che rappresentano il massimo storico invernale dal 1958.