Con “Città fantasma” si conclude, per quest’anno, la serie di mostre fotografiche di autori professionisti e non, provenienti da diverse parti d’Italia che, da qualche anno, Spaziogmarte, in linea con i propri obiettivi, seleziona e propone con lo scopo di farli conoscere al grande pubblico ed a chi si occupa di fotografia in modo professionale e competente.La mostra di Vincenzo Ganci parte, con il patrocinio del Comune di Monreale, di Poggioreale e dell’AIRF (Associazione Italiana Reporter Fotografi).
Il progetto
Il progetto fotografico è di un giovane giornalista siciliano di Monreale, una stupenda città che si ricorda soprattutto per la cattedrale di Santa Maria Nuova ed i suoi ricchi mosaici bizantini, per il Castellaccio, risultato d’ ingegnosa architettura arabo- normanna, con i suoi conci squadrati e l’aria severa tipica delle costruzioni militari, e le numerose chiese.
Tutti luoghi che, fotografati, avrebbero soddisfatto il gusto di qualsiasi turista amante del pittoresco.Nulla di tutto ciò.
L’autore ci consegna, invece, immagini che documentano il lento scorrere del tempo su quello che una volta è stato un attivo borgo, situato vicino a Monreale, dalla struttura solida come i suoi muri, anche se oggi scrostati.
E’ una realtà che conserva il ricordo forte del passato, sì duro e carico di sacrifici per coloro che hanno vissuto lì, ma anche della floridezza di chi si nutriva di semplicità.
Le fotografie che vengono presentate ci raccontano di un paese abbandonato che, sebbene a fatica, continua ad esistere ugualmente, nonostante l’uomo l’abbia pian piano dimenticato ed il tempo cerchi di annullarlo, con tutte le proprie forze.
E’ una parte di storia siciliana saldamente aggrappata alle proprie origini, a quelle rocce sulle quali l’uomo le ha dato vita che conserva, altera, tutta la propria identità.
Non è la prima volta che Ganci si occupa di luoghi abbandonati della sua Sicilia.
Fra i suoi primi progetti “Ruderi di Poggioreale” una raccolta di scatti esposti presso la Civica Galleria d’Arte Moderna “Giuseppe Sciortino” di Monreale.
Nella sua ricerca Vincenzo si sofferma, più che sulle vedute d’insieme, sui particolari perchè l’intensità della nostalgia grava su di essi con peso maggiore riuscendo a restituirci la consapevolezza che ciò che è stato non potrà più ritornare.
E’ come se il ricordo, celato nelle architetture del paese, continuasse a dare respiro alle sue vie, anche se sopraffatte dagli sterpi e dalle erbacce; ai suoi muri che sfidano lo sguardo di chi li osserva sgretolarsi; alle sue finestre che, come occhi spalancati, si lasciano attraversare, ancora, dalla luce; ai suoi cortili sul cui selciato giacciono, sparsi e dimenticati, attrezzi di vita quotidiana; alle sue scale che conservano la cura e l’ingegno di chi le ha costruite e reggono ancora il passo della luce che scende dall’alto sfiorandole lievemente.