“Citius, Altius, Fortius” e “Più lenti, più profondi, più dolci“, due slogan, due motti per due concezioni di vita diverse. La prima è il motto olimpico e suggerisce, incita gli atleti a correre più veloci, a spingersi più in alto e a essere più forti. A superare i limiti del corpo e a vincere su tutti.
La seconda è inscritta nel pensiero di Alexander Langer, attivista politico, pacifista e ambientalista che è il contraltare della prima e suggerisce uno spingersi oltre i limiti favorendo il pensiero cooperativo, la conoscenza allargata e la partecipazione comunitaria, dove non è importante vincere, quanto arrivare insieme.
Mi sono venute in mente queste due frasi, ragionando sulla morte del fisico, matematico e astrofisico Stephen Hawking e sulla risonanza mondiale della notizia, più spesso legata alla sua condizione di disabile “estremo” che alla natura e comprensione dei suoi studi.
Ora io, di astrofisica, ma anche di matematica, non capisco nulla e ricordo a malapena come si estrae una radice quadrata, anzi non lo ricordo proprio e a dirla tutta ho difficoltà a fare una divisione a tre cifre con la virgola. Questo per dire il livello dal quale faccio scendere queste considerazioni.
Nondimeno ho, come milioni di altri, vicinanza con la frequentazione di questo eccelso e brillante scienziato. Vicinanza non certo dettata dalla comprensione dei suoi studi, quanto piuttosto dalla combinazione, come detto, dalla sua disabilità “estrema” e la sua intelligenza libera e brillante. Si sapeva che il suo QI era tra i più alti del pianeta ( per quanto possa valere questa valutazione) che era stato colpito dalla malattia a vent’anni, ma a quella età aveva già dato prova di essere un superuomo, se mi passate il termine. Quindi Hawking non poteva, a mio parere, essere descritto, come ho sentito spesso in questi giorni, un disabile scienziato, quanto piuttosto, uno scienziato diventato a causa della sua malattia, disabile.
Ma la figura del disabile di talento ha molta fortuna nelle narrazioni, al cinema, soprattutto. Andando a memoria, possiamo tutti citare almeno tre film dove i disabili sono si raccontati, ma lo sono sempre recuperando una genialità insospettata che risarcisce il disabile e ne impedisce l’abbandono da parte della società. Penso a ” Rain Man ” o a ” Figli di un Dio minore ” ma anche l’italiano ” Le chiavi di casa”.
Il racconto della disabilità, la sua percezione e la sua conoscenza, sono rimossi sociali, con i quali si scontrano più che dialogare, soprattutto chi ci lavora e chi la vive, per vicinanza o per condizione.
Fuori dai denti, il disabile geniale, non confligge con la società, anzi ne esalta le risposte, giustifica le spese e gli investimenti e induce, diciamo, una specie di pace sociale tra gli inclusi e gli esclusi.
Il racconto della disabilità, sui media si nutre di genialità essendo incapace di avvicinarsi alla normalità, non avendo nessuna cognizione dei bisogni e delle aspettative sia dei disabili sia di chi vive con loro.
Fosse diverso, troveremmo i marciapiedi sgombri e realizzati a misura di passeggino, di sedia a rotelle o scavalcabili con stampelle. Fosse così, troveremmo i parcheggi riservati sempre liberi e nessuno farebbe la faccia storta quando chiedi di superare la fila, perché quella è una cassa dedicata a donne incinte o disabili a vario titolo. Non registreremmo infine l’insofferenza quando fai notare che su quel posto non ci deve parcheggiare lui che non ha la mobilità impedita e può ben affrontare i dieci metri che lo separano dall’ingresso del supermercato!
Fosse diverso, non avremmo, ancora nel 2018 edifici pubblici, scuole, palestre e sedi di ASL dove entrare è impossibile, considerato l’enorme numero di barriere architettoniche
Fosse diverso, avremmo una legislazione in linea con la Convenzione ONU sul diritto delle persone con disabilità, ratificata dall’Italia e mai accolta nel suo corpus legislativo . Ci tocca invece ascoltare vaniloqui su leggi che allo stato attuale non garantiscono che il futuro dei nostri figli non sia il chiuso di un istituto e negando fattivamente la fatica e l’impegno dei genitori che dedicano, non essendo possibile altrimenti, le giornate, le settimane, i mesi e gli anni alla cura e accudimento dei loro figli e senza nessun risarcimento, fosse anche una pensionabilità anticipata.
La maggior parte dei disabili, non conosco le cifre ma non esagero dicendo che sono più del 90% la maggior parte dicevo, non ha nessuna abilità, figuriamoci la genialità. La maggior parte deve essere accudita e nutrita e accompagnata in ogni funzione corporale. La genialità di questi figli, si manifesta con un sorriso, che ci fa capire che gradiscono, con un gridolino di felicità e con lo scambio di sguardi riconoscenti.
Non c’è nessuna genialità, anzi no, di genialità ce n’è a pacchi ed è tutta quella che occorre loro per dire ( poco ) fare ( pochissimo) baciare ( molto ).
L’ammirazione, da parte mia sconfinata, per Stephen Hawking si assomma a una figura della mia giovinezza e che chi ha la mia età forse ricorda. La mostravano spesso, intervistata, chiusa nella gabbia di acciaio che le permetteva la vita e pur in quella condizione Rosanna Benzi cantava la sua voglia di vita, così come Stephen neanche lei si guardava le scarpe, anche lei guardava le stelle.
Come facciamo noi, tale e quale.