La Terrazza di Ettore Scola è un film del 1980. E’un tripudio di simbolismo messo in scena con una drammaturgia in alcuni punti anche autoironicamente metacinematografica. Istantanee digressioni fuori racconto, come a voler sdrammatizzare e persuadere a non prendere i personaggi troppo sul serio, presentandone da subito la vuotezza.
Roma, in un appartamento dell’alta borghesia, è in corso una festa con vari ospiti di prestigio, è la classe dirigente: imprenditori, giornalisti, scrittori, politici, è un mormorìo di conversazioni quintessenza di pensieri, costumi, maniere, che scorrono dentro lunghi piani sequenza,di volta in volta, preludio di ognuno degli episodi raccontati, in cui fanno da protagonisti: uno sceneggiatore in crisi (Jean-Louis Trintignant) un produttore senza la minima sensibilità (Ugo Tognazzi), un giornalista demotivato (Marcello Mastroianni) , un dirigente Rai che non ha più nessun interesse per la vita (Serge Reggiani) e un membro del partito comunista in crisi di valori (Vittorio Gassman). Ciascuno di loro, sia dal punto di vista personale che professionale, coglierà il distacco definitivo da un’epoca che li aveva protetti e rappresentati, attraverso una rottura che però li riporterà al punto di partenza, ma con la rassegnata consapevolezza di essere dei miserabili d’alto bordo – dei privilegiati depressi che fanno pure più schifo dei privilegiati contenti – affermerà Mario (Vittorio Gassman) in preda ad un riconoscimento terribile. Per tutti loro, a veicolare oltretutto questo conflitto, è il rapporto con le loro donne, che cambiano, si emancipano, diventano autonome, cavalcando il cambiamento epocale lasciandoli impotenti.
A chiudere il cerchio è l’episodio di Mario, che membro del PCI immagina di recitare un discorso al XV congresso del partito, attanagliato, per la prima volta nella sua intransigente e rigorosa esistenza, da una strana necessità di condividere il conflitto interiore causato dal tradimento della moglie con l’appassionata Giovanna (Stefania Sandrelli). Si sente meschino ed egoista, sleale altresì, nei confronti del valore comunitario della salvaguardia del plurale sull’individuale, si domanderà in fine se è lecito essere felici anche se questo crea infelicità.
Ettore Scola dirige questo immenso cast con la sopraffina ironia del gioco delle contraddizioni umane, aggiudicandosi premi al Festival di Cannes e ai Nastri d’Argento.