Un nuovo capitolo della storia della difesa del territorio questa volta vede protagonista il Cilento in Campania. Le ragioni che muovono il comitato del no alle trivellazioni petrolifere sono da ricercare nel danno enorme che una popolazione che vive del proprio territorio, della sua bellezza e della ricchezza enogastronomica che la distingue, riceverebbe da tali installazioni.
La crescita va cercata con le trivelle? Si saranno domandati questo, gli abitanti del Vallo di Diano, alla notifica dei carotaggi da parte della compagnia petrolifera Shell. “Monte Cavalloâ€il nome del progetto di ricerca idrocarburi, progetto che vorrebbe l’area Sic del Cilento forata e percorsa da chilometri di tubi per l’estrazione e il trasporto dell’oro nero. La paura di vedere i propri territori deturpati ha però fatto riunire tutti i comuni interessati, insieme con le associazioni, in un unico comitato antagonista che promette battaglia. Le ragioni che muovono il comitato verso una forte opposizione sono da ricercare nel danno enorme che una popolazione che vive del proprio territorio, della sua bellezza e della ricchezza enogastronomica che la distingue, riceverebbe da tali installazioni. Sono innumerevoli le aziende agricole che vedrebbero le proprie terre espropriate o percorse da chilometri di tubature atte a trasportare il velenosissimo “oroâ€. Altrettante le imprese che, trovando la propria fonte di sussistenza nella bellezza del territorio ed il suo turismo, si vedrebbero minacciate dal progetto Shell. Per questi motivi la comunità montana, riunitasi venerdì scorso a Padula, si è espressa per un primo e convinto no, forte dell’adesione dei comuni di Atena Lucana, Montesano sulla Marcellana, Polla, Sala Consilina, Teggiano, Sant’Arsenio, Sassano e Padula. Un no che si ripete. Non è infatti la prima volta che, la “zona di interesse comunitarioâ€, ha visto mettere a rischio la propria integrità , già in passato altre trivellazioni erano state paventate e fermate tramite una forte e decisa opposizione delle istituzioni territoriali. Oggi la storia si ripete e gli abitanti del Vallo di Diano sono ancora più convinti di voler preservare i propri territori, spaventati da esperienze simili che hanno interessato altre comunità montane. Una gemella lucana, la Val d’Agri, ha oramai da cinque anni accolto sul proprio territorio le condotte ed i pozzi della Shell, decisione presa dietro la promessa di un rilancio economico del territorio, di un ritorno importante per quella economia claudicante ed i suoi giovani senza lavoro. A cinque anni dall’apertura dei rubinetti, nulla pare cambiato per quella valle ed i suoi giovani, nessun boom ha investito l’aria che ospita la compagnia petrolifera se non quello dei tumori al colon, raddoppiati in questi anni. Esperienze simili hanno senza dubbio fatto riflettere gli abitanti dei territori minacciati, dovrebbero però interessare anche il palazzo romano, responsabile della politica energetica e di approvvigionamento sul territorio nazionale. E’ conveniente “sacrificare†un territorio, la sua economia ma prima ancora la sua gente e la sua integrità naturale, per una risorsa che da venti anni si cerca di rendere obsoleta?
Andrea Caprioli