La piccola Sofia, sei anni, è contenta. «Finalmente il cane nella pancia se ne è andato», ha detto ai genitori. Sofia è uno degli otto pazienti che hanno visto, da metà del 2019 a oggi, migliorare la propria qualità di vita grazie ad un intervento di chirurgia resettiva per sconfiggere l’epilessia. Operazioni effettuate nell’Azienda Ospedaliera di Padova, che diventa così il punto di riferimento del Nordest per la chirurgia dell’epilessia. Negli ultimi 20 anni, infatti, i pazienti perlopiù pediatrici, seguiti e selezionati dall’equipe del Centro Avanzato LICE per la diagnosi e cura dell’epilessia della Clinica Pediatrica di Padova, venivano avviati per essere sottoposti all’intervento in uno dei due grandi poli di riferimento italiani: il Centro Munari dell’Ospedale Niguarda di Milano e l’Ospedale Bambino Gesù di Roma.
Prima a Grenoble, in Francia, e poi al Niguarda, Concetta Luisi lavora da due anni a Padova come referente del Centro per l’epilessia dell’Azienda Ospedaliera-Università di Padova mantenendo con i due centri un rapporto di stretta collaborazione. «La chirurgia dell’epilessia è un’opportunità terapeutica per le persone con epilessia – spiega –. Abbiamo ormai un’ampia letteratura scientifica che lo dimostra. Padova grazie a un’equipe multidisciplinare d’eccellenza ha tutte le potenzialità per essere centro di riferimento per il NordEst. Ed è questo un messaggio da far passare a famiglie e neurologi: ci si può operare anche a Padova». Dopo un periodo di stop, causa pandemia da Coronavirus e relativo lockdown, si riprende quindi ad operare.
Quali sono i bambini candidati ideali a interventi di chirurgia dell’epilessia
Ma chi può sottoporsi ad un’operazione di chirurgia dell’epilessia? Chiunque sia affetto da epilessia focale anche se, visto che si tratta di un intervento molto delicato, viene effettuato prevalentemente su pazienti farmacoresistenti, persone che non rispondono, o solo in parte, alla terapia farmacologica. «Ma questo non esclude che si possa operare anche un paziente non farmacoresistente, conta moltissimo la motivazione della persona – continua Luisi – Siamo intervenuti su pazienti di età diversa, ma il candidato ideale è il bambino: la sua storia di malattia è più breve, così come l’assunzione di farmaci. Intervenire precocemente è la soluzione migliore per garantire più probabilità di successo e una qualità di vita migliore».
L’operazione è solo la parte finale di un percorso diagnostico accurato, fatto di esami approfonditi quali video-elettroencefalogrammi di lunga durata, risonanze magnetiche, PET (tomografia ad emissione di positroni). Fondamentale la valutazione del tipo di danno cerebrale, unico modo per stabilire se il paziente può essere operato. Bisogna infatti asportare la regione del cervello da dove partono le crisi (“zona epilettogena”): se è ben individuabile ed è abbastanza “lontana” da regioni responsabili di funzioni primarie come il linguaggio e il movimento, l’intervento si può effettuare perché i benefici superano gli inevitabili rischi. Questo vale per la chirurgia resettiva che porta alla guarigione in una gran parte di casi. Esiste anche una chirurgia palliativa, che punta, attraverso metodi di stimolazione cerebrale o interventi chirurgici più demolitivi, a ridurre le crisi del paziente, pur non eliminandole completamente.
«È fondamentale far sapere che ci si può operare a Padova – spiegano Maria Roberta Colella e Pietro Moroni, presidenti rispettivamente di «Uniti per Crescere» e AICE Padova –. Si tratta di un’opportunità non ancora del tutto conosciuta non solo dalle persone con epilessia, ma anche dai medici. Con l’intervento si può sconfiggere la patologia, eliminando le crisi e sospendendo l’assunzione di farmaci. Le grandi professionalità che abbiamo nell’azienda ospedaliera di Padova sono state in grado, con un efficace lavoro di squadra, di offrire ai pazienti un nuovo centro di riferimento per la chirurgia dell’epilessia nel NordEst».