La fissa di questo governo di “cambiare la costituzione” comincia a prendere corpo. Si parte dall’economia con l’integrazione(?!) degli articoli 41 e 118 e l’introduzione della  «responsabilità personale» perchè bisogna adeguare il nostro sistema alle “regole del mercato” globalizzato. Deregulation diventa la parola d’ordine.
Si cerca, come al solito, di far passare sotto mentite spoglie e in rigoroso silenzio, cambiamenti strutturali del Paese così come piace a pochi e a discapito di tutti
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Siamo nel 2010 e non più nel 1948, questo hanno deciso di comunicarci oggi i nostri esimi rappresentanti governativi e, quindi, le regole che valevano 50 anni fa oggi sono vecchie e vanno cambiate. Ecco allora che per aprire un’impresa arriva la «responsabilità personale». È quanto prevede il primo dei 4 commi in cui si articola il ddl costituzionale sulla libertà di impresa che sarà all’esame del consiglio dei ministri. L’articolo 41 della Costituzione verrà così integrato: “La Repubblica promuove il valore della responsabilità personale in materia di attività economica non finanziaria. Gli interventi regolatori dello Stato, delle Regioni e degli Enti locali che riguardano le attività economiche e sociali si informano al controllo ex post”. All’articolo 118 della Carta viene invece aggiunto: “Stato, Regioni ed Enti locali riconoscono l’Istituto della segnalazione di inizio attività e quello della auto certificazione, lo estendono necessariamente a tutte le ipotesi in cui è ragionevolmente applicabile, con esclusione degli ambiti normativi ove le leggi prevedono fattispecie di delitto o che derivano direttamente dalla attuazione delle normative comunitarie o internazionali”. Tutto bene e tutti d’accordo, no ? No! Ci permettiamo di dissentire. Se si voleva fare un adeguamento normativo per snellire, semplicemente, le procedure burocratiche per creare impresa in Italia lo si poteva fare con elementi giuridici molto meno invasivi di una riforma costituzionale. Qui non si tratta, come si cerca sempre di far passare verso l’opinione pubblica, semplicemente, di piccoli interventi adeguativi: queste sono riforme ideologiche. Si cerca, come al solito, di far passare sotto mentite spoglie e in rigoroso silenzio cambiamenti strutturali del Paese così come piace a pochi e a discapito di tutti. Fare impresa è alla base della nostra economia, e questa costituzione vigente (almeno ancora ora) lo afferma e lo tutela indubbiamente. L’assunzione dei presupposti dello sfrenato capitalismo di mercato – quello stesso, per intenderci, che è il vero ed unico responsabile dell’ enorme crisi mondiale che stiamo pagando, giorno per giorno, sulla nostra pelle- a base della nostra convivenza economica, assunti in nome del popolo per la consacrazione della globalizzazione e della “libera concorrenza” è, invece, un vero e proprio reato sociale. Quest’Italia: quella delle leggi bavaglio, delle riforme di pochi per pochi, delle solidarietà corporativistiche di vertici di Stato, dei ministri del “no so come sia potuto accadere”, delle cricche di varia foggia ed entità , dello sfuggire continuo delle proprie responsabilità politiche ed umane, non ci piace; non la vogliamo e come noi tanti altri cittadini che non vogliono diventare sudditi compiacenti di un re che è già nnudo prima di sedersi sul trono.
Gianni Tortoriello Â