Abbiamo già parlato di Bacco nell’articolo precedente, ma c’è un aspetto di questa bizzarra divinità che non abbiamo affrontato e che ci permette di capire il motivo che è all’origine dell’organizzazione di feste sfrenate e lascive in suo onore. Alcuni miti identificavano Bacco con la figura di un dio perseguitato e braccato che però, se ucciso, resuscitava a vita nuova. Un simbolo della natura quindi, che si rigenerava e rinnovava periodicamente. Questo potrebbe spiegare perché Bacco era legato al mondo contadino e perché era identificato come protettore della vite e dell’agricoltura.
Le feste in suo onore, i cosiddetti baccanali, da semplici riti annuali che celebravano la vendemmia, si trasformarono col tempo in riti misterici, praticati di notte durante feste orgiastiche biennali e celebrate all’inizio dell’inverno.
La peculiarità iniziale di queste feste era la numerosa presenza femminile. Le donne, le cosiddette baccanti, invocavano il dio attraverso danze, canti e urla. Complice l’ ebbrezza causata dal vino, le baccanti simulavano uno stato di trance che le metteva in comunicazione con la divinità. Scopo del rito era quello di ripercorrere le vicende mistiche di Bacco e per farlo, ci si addobbava con i simboli tipici del dio (tralci di vite, foglie di alloro, tirso, pelli di animali selvatici) e si organizzava un corteo che richiamava quello mitico con satiri e sileni. L’allegra combriccola, si abbandonava a canti e danze e in alcuni casi, anche a pratiche violente molto antiche che consistevano nel fare a pezzi alcuni animali e mangiarne le carni crude.
Nel II sec. a.C i baccanali penetrarono a Roma attraverso l’Etruria, ma alcuni studiosi sostengono che i romani già praticassero questo tipo di manifestazioni trasgressive anche se con toni più moderati. Sappiamo ad esempio, che tali feste erano, diciamo così, un po’ più morali, rispetto a quelle etrusche . Si praticavano sempre di notte per tre volte all’anno ma vi partecipavano solo donne anziane e onorate. In seguito, una sacerdotessa, stanca forse dei pacati costumi dei romani, decise di uniformarsi al modus vivendi greco che forse le si confaceva di più, e trasformò le pacifiche feste invernali in focolai di perdizione.
Colui che ci illumina sulla trasformazione radicale di questi culti legati alla religione pubblica popolare è Tito Livio 1. All’epoca l’avvenimento ebbe una forte risonanza e Tito Livio raccontò dettagliatamente nella sua Ab Urbe Condita come queste feste pubbliche si trasformarono in feste scandalose. Tito Livio racconta che tutto iniziò, quando una sacerdotessa campana, una certa Annia Paculla decise
“Baccanali”di Tiziano-Madrid
di trarre ispirazione dal culto etrusco di Dioniso, allargando anche agli uomini e agli schiavi la partecipazione alle feste rituali. Per favorire la promiscuità, i riti cominciarono ad essere praticati durante la notte per favorire, secondo Tito Livio, ogni tipo di violenza sulle persone. Chi pensava di ribellarsi oppure era deciso a non subirne violenza, veniva sacrificato come vittima. Durante queste feste, gli uomini vaneggiavano come invasati mentre le donne con i capelli sciolti, correvano urlando come galline spaventate.
Secondo Tito Livio, queste feste, avevano raggiunto un numero tale di persone che si sarebbero potute considerare quasi un secondo popolo e che, come una setta segreta, avrebbero potuto tramare nei confronti delle autorità. Queste manifestazioni di ebbrezza inquietante cominciarono ad allarmare i politici romani che si adoperarono con una serie di drastici provvedimenti nei confronti degli amanti di Bacco. La sciagurata divinità, che proprio non voleva saperne della retta vita, si ritrovò all’improvviso con una schiera di accoliti decisamente decimata e da quel momento in poi dovette ubriacarsi clandestinamente con il suo entourage di buontemponi.
Fu infatti nel 186 a.C che il console Postumio Albinio condusse una inchiesta severissima che portò alla luce una realtà dissolutrice, amorale e nociva per la società. A seguito della testimonianza di una iniziata pentita, che svelò il luogo dove si svolgevano i riti orgiastici, il Senato romano prese un drastico provvedimento ed emise un senatoconsulto[1] , noto come Senatus consultum de Bacchanalibus. Cominciò una vera e propria persecuzione. Si imprigionarono molti devoti di Bacco e per tanti si riservò il rogo; si demolirono i templi in onore della divinità e si vietò qualsiasi forma di celebrazione rituale con gruppi di partecipanti superiori a cinque persone.
Da questo momento in poi i baccanali vennero completamente banditi dall’impero. Solo l’Italia meridionale riuscì ad opporsi; qui allegre schiere di buontemponi non vollero rinunciare ad esorcizzare i momenti dolorosi e le giornate uggiose, continuando a celebrare i piaceri della vita a dispetto delle sofferenze di tutti i giorni!
Il nostro viaggio alla riscoperta del vino, continua e ci spostiamo nella lussureggiante Campania dove…
[1] Nell’antica Roma, parere espresso dal senato su una determinata questione propostagli dal magistrato, avente in origine carattere puramente consultivo, e divenuto poi, nell’età imperiale, vincolante, fino ad assumere il valore di vera e propria norma di diritto – (fonte: http://dizionari.repubblica.it/Italiano/S/senatoconsulto.php?refresh_ce)
Fonti:
- EVA CANTARELLA, LUCIANA JACOBELLI- Un giorno a Pompei – vita quotidiana, cultura, società – 2003, ed. Electa Napoli
- PIERRE CABANES, Introduzione alla storia del mondo antico, Universale Donzelli
- TITO LIVIO, Ab Urbe Condita http://www.latin.it/autore/livio/ab_urbe_condita/!39!liber_xxxix/13.lat