338 centri antiviolenza in Italia e servizi specializzati nel sostegno alle donne vittime di violenza, 54.706 donne che li hanno consultati almeno una volta in un anno, di cui il 59,6% ha poi iniziato un percorso di uscita dalla violenza. Questi i numeri dell’ultimo studio condotto da Istat e Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali (Irpps) del Cnr, sulla base di accordi con il Dipartimento per le Pari Opportunità, per monitorare nel tempo le prestazioni e i servizi offerti alle vittime, con l’obiettivo di migliorare la copertura territoriale e la competenza del personale.
I risultati dell’indagine, che rientra tra le azioni previste dal Piano Strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne, si riferiscono al 2017. Sul totale di 338 centri e servizi antiviolenza monitorati, 253 sono quelli che sono riconosciuti dalle regioni e segnalati al Dipartimento per le pari opportunità come finanziabili in quanto aderiscono all’intesa Stato-Regioni sottoscritta nel 2014, mentre i restanti 85 non vi aderiscono.
La distribuzione regionale dei centri antiviolenza
In Italia, dunque, esistono 1,2 centri/servizi per ogni 100mila donne con 14 anni e più. Il dato medio è uniforme tra Nord e Centro, ed è più elevato nel Mezzogiorno dove i centri/servizi antiviolenza risultano 1,5 per 100.000 donne residenti.
Superano la media italiana le Regioni Abruzzo con 2,3 centri/servizi per 100 mila donne, la Provincia autonoma di Bolzano con 2,3, il Molise con 2,1 e la Campania con 2,0. In Sicilia, Basilicata e Lazio il numero dei centri/servizi è invece di poco inferiore a 1 per 100 mila donne. In media sono presenti circa 16 centri/servizi in ogni Regione/Provincia autonoma.
In numeri assoluti, Campania (51) e Lombardia (47) accolgono quasi il 30% dei centri/servizi antiviolenza presenti in Italia.
Le prestazioni e i servizi offerti dai centri antiviolenza
I centri antiviolenza si fanno carico delle vittime insieme ai servizi del territorio e alla rete territoriale. I risultati delle rilevazioni sulle prestazioni fornite dalle 338 strutture oggetto dell’indagine hanno fatto emergere:
– un’ottima offerta di alcune prestazioni fondamentali, quali ‘colloquio di accoglienza, orientamento e accompagnamento ad altri servizi presenti sul territorio’, ‘consulenza psicologica’, ‘consulenza legale’, che sono presenti e offerte in più del 90% dei centri/servizi antiviolenza;
– una buona offerta della prestazione ‘accompagnamento all’inserimento lavorativo/autonomia lavorativa’ (83,4%), soprattutto tra i servizi rilevati non aderenti all’intesa Stato-Regioni (96,5%), e della ‘disponibilità di alloggi sicuri come Case rifugio a indirizzo segreto e di primo livello’, quindi della salvaguardia della sicurezza della donna che si rivolge ai centri/servizi specializzati (82%), soprattutto tra i centri antiviolenza aderenti all’intesa Stato-Regioni (85,7%);
– una discreta diffusione di centri/servizi specializzati che effettuano la valutazione del rischio (77,5%), dato che risulta inferiore per i Centri non aderenti all’intesa tra Stato e Regioni (63,5%);
– una discreta presenza (73,4%) di servizi specializzati che effettuano l’accompagnamento all’autonomia abitativa, prestazione meno diffusa tra i centri antiviolenza aderenti all’intesa Stato-Regioni (65,6%);
– un’area problematica nell’accoglienza in emergenza (o al pronto intervento) offerta dal 63,6% dei centri/servizi specializzati presenti sul territorio italiano, caratterizzata da una rilevante eterogeneità territoriale, dovuta alla minore presenza di centri/servizi antiviolenza che offrono questo supporto nel Centro Italia rispetto al Nord e al Sud;
-un’area problematica nell’offerta di prestazioni rivolte a minori e a donne migranti in cui i centri/servizi specializzati che forniscono prestazioni rivolte a questo target di destinatari/e si attestano tra il 60% e il 65%. Le attività di supporto ai/alle figli/e minorenni vittime di violenza assistita risultano meno diffuse tra i centri antiviolenza aderenti all’intesa Stato-Regioni (50%), cosi come quelle di sostegno alla genitorialità (62,5%) e di mediazione linguistica-culturale (49%).
Le donne vittima di violenza e il percorso di rinascita
Le donne che nel corso del 2017 hanno contattato almeno una volta un centro/servizio antiviolenza sono state in Italia complessivamente 54.706, in media 172 per ciascun centro/servizio. Nelle Regioni del Centro Italia si osserva un più elevato numero medio di donne che hanno contattato le strutture.
32.632 (59,6%) sono le donne che, sempre nel 2017, hanno iniziato un percorso di uscita dalla violenza, in media 103 per ogni centro/servizio sui 316 che hanno risposto al questionario. Le strutture del Nord hanno accolto, in media, 143 donne, quasi il doppio di quelli al Sud (58).
Le donne che hanno iniziato per la prima volta, nel 2017, il percorso di uscita dalla violenza sono state 23.999, in media 76 a centro/servizio, con un’affluenza più elevata nei centri/servizi localizzati al Nord (107); molto più basso il numero medio (42) delle donne che hanno avuto accesso per la prima volta ai centri/servizi del Sud.
Le donne straniere che hanno iniziato un percorso di uscita dalla violenza sono risultate in totale 8.711, 28 in media nazionale per ogni servizio o centro antiviolenza. I centri aderenti ai requisiti dell’intesa Stato-Regioni hanno registrato una media di 31 straniere per centro/servizio antiviolenza, mentre i centri non aderenti all’intesa ne hanno conteggiate 15.
L’accessibilità ai centri antiviolenza e il lavoro in rete
Le caratteristiche strutturali e organizzative dei centri/servizi antiviolenza devono esser tali da garantire un efficace supporto e un’adeguata protezione alle donne che subiscono violenza e ai loro figlie/i, secondo quanto previsto dalla Convenzione di Istanbul.
Dall’analisi dei dati per l’anno 2017 risulta:
– una buona diponibilità all’offerta: la maggioranza assoluta dei centri/servizi rimane aperto più di 5 giorni a settimana. Si tratta di 280 centri/servizi, pari all’82,8% del totale, con una maggiore presenza di centri/servizi con aperture oltre i 5 giorni nel Nord e tra i centri aderenti all’intesa Stato-Regioni;
– una non completa copertura della rintracciabilità telefonica: la reperibilità 24 ore su 24 è garantita da 231 centri, pari al 68,3%. I centri/servizi che la offrono sono prevalentemente al Sud (122, in valore assoluto), mentre al Centro e al Nord si ritrovano in misura minore. Esistono tuttavia altri strumenti di reperibilità: molte strutture antiviolenza si sono dotate di un numero verde e della segreteria telefonica;
– la positiva sinergia del sistema di aiuto: la grande maggioranza (88,5%) dei centri/servizi antiviolenza aderisce al numero di pubblica utilità 1522, soprattutto nel Nord e in misura significativamente maggiore tra i centri accreditati dalle Regioni;
– il consolidamento dell’approccio di rete come metodologia di lavoro: il 77,2%, dei centri/servizi fa parte di una Rete Territoriale Sono soprattutto i centri del Nord quelli che perseguono questo approccio, meno diffuso al Sud. Le strutture non riconosciute dalle Regioni risultano significativamente meno integrate nelle reti territoriali antiviolenza;
-l’anonimato e la privacy delle donne che si rivolgono ai Centri sono assicurati dalla presenza di più dell’80% di centri/servizi con operatrici che condividono un codice deontologico su riservatezza, segreto professionale e anonimato, in modo omogeneo tra le ripartizioni.
I finanziamenti ai centri antiviolenza
Nel 2017 oltre i tre quarti dei centri/servizi antiviolenza hanno ricevuto un finanziamento pubblico: sono 255 nel complesso, pari al 75,4%. Solo 58 Centri/servizi antiviolenza (17,2%) in tutto hanno ricevuto finanziamenti privati. Una rappresentanza del tutto marginale i 6 centri/servizi antiviolenza (1,8%) che hanno ricevuto nel 2017 finanziamenti per progetti specifici da parte della UE.