Sul finire del 2014 gli artisti visivi Rossana Bucci e Oronzo Liuzzi hanno dato vita per le Edizioni Eureka dell’omonima associazione culturale, alla collana “CentodAutore”. Si tratta di pubblicazioni di poesia dell’area sperimentale di smilzi volumetti di una trentina di pagine in formato A6.
La scelta dei poeti pubblicati è ragionata in base alla qualità, meno per il nome dell’autore, il che rende l’operazione ancora più meritevole. Ogni volumetto è investito di una sorta di “opera unica” (numerate e firmate dall’autore) per via della personalizzazione della copertina, interventata da parte degli stessi, con tecnica e materiale a scelta. Piccoli gioielli di una collezione “ad arte”.
Fino ad oggi sono stati pubblicate dodici opere che qui presentiamo ricorrendo a stralci presi dalle varie prefazioni, corredate da un testo poetico.
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Parvenze (2017) di Michele De Luca (Pitelli, 1954), introdotto da Marzio Pieri, inizia con un quasi ossimoro (Se precipita inerzia fluida) che protende, tra emozioni e memoria, tra il bianco dilatato dove si stendono le parole, i versi che, in movimento, vengono attratti dalla luce in filigrana, «nelle viscere di fuoco / nell’epigramma silenziato». È nel bianco che la luce si manifesta dalla bava del giorno, tra «agglomerati urbani che si moltiplicano / come cavallette incresciose», nel corpulento «tempo del desiderio» in contrapposizione al «tempo dell’esserci». Non potrebbe essere diversamente, in quanto De Luca è soprattutto pittore abituato ai colori che investe di fasci di bianco lucente – come diremo più giù –. E non è azzardato affermare che le sue poesie sono per gran parte trasposizioni dei suoi quadri o dei concetti pittorici:
Dilemma
colore
stratosfera
Nel quaderno
delle dimenticanze
scivola
la bava del giorno
il suo perenne
prematuro. (p. 23)
Siamo di fronte ad un dramma psichico di parole intersecate e autonome che si colorano di luce come in un quadro. D’altronde De Luca, che è anche un pittore e insegnante all’Accademia di Belle Arti di Roma, ha sempre ricercato la forma informale, ipotetica, con la complicità della luce (ritorna sempre la luce nelle poesie di De Luca, come nei suoi quadri “mentali” “inconsci”, a fasce di colori alla Rothko) che vede come un dato di costante riferimento, tesa alla ricerca letteraria e pittorica, legate tra esse da un filo intimo, rafforzato dall’analisi delle forze primarie, dalla sperimentazione di assonanze e allitterazioni tra il sonoro e il significante, dispiegate nelle feritoie di uno spazio complice d’immagini al limite della fantasmagoria.
Anche il frammento ci sembra un elemento primario di questa poesia, poggiato su riverberi del significato di una realtà che ci circonda minacciosa alla ricerca di quel metro di misura della sorpresa, della lievitazione dei giorni e del tempo colorati da fragori insoliti. «Nessuno vuol sostenere che nel poeta non sia dato scorgere anticipi e promesse [di una cronologia della normalità], ma qui, in Parvenze, si tratta di un esperimento che va diligentemente auscultato e valutato, perché da solo quasi occupa tutto il campo. […] I suoi versi, ora, dribblano il cantabile quanto si possa, e in un flusso che sembra ubbidienze alla logica, scorrono sovra un piano che sei costretto a indovinare come rugoso e sovversivo» (Marzio Pieri, Plurime sfumature / (o) / parvenze di nero):
Se tengo a tergo dirimpetto
l’andatura del ditirambo
il peso il solco del frammento
l’anima del tono
Il fresco sodalizio invaghito
la querula questione
l’occhio il seme di spartito
il modo il passo addivenuto
il senso serale che è invariato. (p. 31)