Sul finire del 2014 gli artisti visivi Rossana Bucci e Oronzo Liuzzi hanno dato vita per le Edizioni Eureka dell’omonima associazione culturale, alla collana “CentodAutore”. Si tratta di pubblicazioni di poesia dell’area sperimentale di smilzi volumetti di una trentina di pagine in formato A6.
La scelta dei poeti pubblicati è ragionata in base alla qualità, meno per il nome dell’autore, il che rende l’operazione ancora più meritevole. Ogni volumetto è investito di una sorta di “opera unica” (numerate e firmate dall’autore) per via della personalizzazione della copertina, interventata da parte degli stessi, con tecnica e materiale a scelta. Piccoli gioielli di una collezione “ad arte”.
Fino ad oggi sono stati pubblicate dodici opere che qui presentiamo ricorrendo a stralci presi dalle varie prefazioni, corredate da un testo poetico.
*
DNA (2015, pp. 29) è il titolo del volumetto (terzo della serie) scritto a quattro mani, quelle dei curatori della collana, Rossana Bucci, nativa di Corato-BA dove vive, performer e artista con numerose mostre all’attivo, e Oronzo Liuzzi (nato a Fasano-BR, 1949, ma vive a Corato). Tutta la plaquette si dipana lungo un dialogo a due voci, «un dialogo che sfocia in versi unitari, fusione di due pensieri che marciano all’unisono (Anna Grazia D’Oria, in «L’immaginazione», n. 290, novembre-dicembre, 2015), un’unica voce che attraversa la memoria come una freccia nel tentativo di comprendere gli aneliti di sofferenza della realtà odierna:
Grazie Mondo
[…]
Nel trak(ollo)
gli orizzonti immaturi
muti relitti
soffrono
senza produzione
domanda
nemmeno la dignità
respira luminosa
nel sogno. (pp. 5-6)
Liuzzi è poeta e artista navigato, poliedrico (il suo primo volume di poesia, L’assoluta realtà, fu pubblicato nel 1971), più volte presente con sue opere alla Biennale di Venezia. Ma una strada ben tracciata negli ultimi anni se l’è costruita anche la Bucci (come poeta è inserita in numerose antologie), due personalità del panorama artistico che non temono ostacoli. In essi la poesia si muove per vedere ogni giorno quel filo di luce sottile dove si annidano le novità che, attraversando la strada dell’anima, non teme la realtà e le sue tenebre. «Un esperimento molto interessante. Il risultato è intrigante (un aggettivo in tema con l’avvolgimento spiralico della copertina)» (Giovanni Fontana):
È necessario
sfiorami con il tuo voglio dire
anche insensato pericoloso scarno
cosa si pensa ad essere
a non sentirsi tale
per vedere quel filo di luce / di ombra
che attraversa ogni giorno la strada dell’anima. (p. 24)
Come ci dicono i due autori, il loro è un connubio, una forza che si compensa e che guarda avanti per «un movimento di scambio e di conversione dentro e fuori la nostra vita» (Liuzzi), che «non può prescindere dal profondo rispetto dell’uno verso l’altro» (Bucci), «fuori dall’isolamento e dalla solitudine per attraversare nuovi orizzonti, verso l’oltre e lasciarsi condurre dall’energia della parola poetica per scandire un nuovo respiro di ritmo di inspirazioni e di espirazione e come scrive Rilke “Vi arriva il poeta / e poi torna alla luce con i suoi canti / e li disperde”» (Liuzzi). Ma cosa? Le luci della ribalta, le voci del successo? Niente di tutto questo. Si tratta di «frammenti di schegge di luce che si immergono nel pensiero e nelle figure emotive della poesia. I versi, intrecciati nelle espressioni musicali, ci offrono il sussurro innocente della canzone. Un piccolo gioiello editoriale, da collezione» (Antonio Spagnuolo, in «www.poetryblogspot.com»):
Gocce di emozioni
[…]
il ritmo durevole della verità
i puntini di sospensione
dinamico modello del dire
limiti temporali
canto fluido del silenzio
lampi di attesa
profilo luminoso dell’universo
spazi infiniti di sospensione
la voce della pelle
contrari momenti
l’istante pensiero del cogliere
la negazione
dentro e fuori l’essenza della ragione
affermazione di vita
istinto l’indistinto che non dice
… per capire
gocce di emozioni
… per capirsi
e
… (p. 8).
Dunque, la loro è un’arte senza condizionamenti, lampi di significanti dell’attesa, tra spazi infiniti, dove il corpo materico della struttura poematica canta il suo dolore, «una poesia che ci stupisce, che stupisce e mira a divenire canto corale univoco della sinergia» (Bucci-Liuzzi), iscrivendosi nell’ordine dei segni, a curva e a sghimbescio, per calamitarsi nell’immenso spazio dell’arte dove il segno e la parola si rafforzano per mettersi in gioco e in continua discussione, divenendo voce ad unisono, perché, come scrive Bucci, «L’artista-poeta deve esprimere la sua idea creativa non più da solo ma ponendosi nella condizione di amalgamarsi con l’altro».