A seguito di una istanza pubblica di accesso agli atti, si è ottenuto dal Ministero dell’Ambiente i piani di monitoraggio di 34 piattaforme di proprietà ENI. Greenpeace ha però chiesto al Ministero di poter accedere ai dati di tutte le piattaforme operanti nei mari italiani, che secondo il Ministero dello Sviluppo Economico sono 135.
Essi hanno chiesto con anche le Regioni promotrici del referendum sulle trivelle cosa ne fosse delle oltre 100 piattaforme e strutture assimilabili di cui non avevamo ricevuto alcun dato: il Ministero aveva deciso deliberatamente di limitare l’accesso agli atti o il problema era l’assenza di monitoraggi?
Insomma, i petrolieri estraggono fonti inquinanti nei nostri mari e nessuno controlla. Alla faccia della “normativa severissima” che secondo il governo regolerebbe il settore! Le attività diestrazione di gas e petrolio offshore assomigliano a un far west. L’assenza di controlli su impianti del genere è un fatto gravissimo, che conferma che il 17 aprile votare sì è l’unica possibilità per cominciare ad arginare una situazione assurda.
Riguardo alla mancata necessità di controllare le piattaforme che non re-iniettano le acque di produzione, segnaliamo il caso (portato alla luce nelle scorse ore da “S”, il mensile di Live Sicilia) di 500 mila metri cubi di acque di strato, di lavaggio e di sentina che sarebbero state iniettate illegalmente nel pozzo Vega 6, del campo oli Vega della Edison, al largo delle coste di Pozzallo. I dati relativi a questo disastro ambientale verrebbero da un dossier di ISPRA, al centro di un procedimento penale della Procura di Ragusa. Gli inquirenti ipotizzano “gravi e reiterati attentati alla salubrità dell’ambiente e dell’ecosistema marino attuando, per pura finalità di contenimento dei costi e quindi di redditività aziendale, modalità criminali di smaltimento dei rifiuti e dei rifiuti pericolosi“. Secondo ISPRA la miscela smaltita illegalmente in mare contiene “metalli tossici, idrocarburi policiclici aromatici, composti organici aromatici e MTBE” e ha causato danni ambientali e inquinamento chimico. “La natura particolare delle matrici ambientali danneggiate”, secondo ISPRA, non potrà essere riportata “alle condizioni originali”.