Non tutti lo sanno, ma gli scienziati finlandesi dell’Università di Tampere hanno scoperto un nuovo trattamento non alimentare per la cura della celiachia. Per chi non lo sapesse ancora, si tratta di un’intolleranza permanente al glutine, sostanza proteica presente in farro, avena, frumento, orzo, spelta, kamut, triticale. Ad oggi sono stati diagnosticati quasi 150.000 mila casi, ma il numero degli affetti continua a crescere sino a raggiungere il 10% annuo ogni 10.000 diagnosi. I tentativi di guarigione sono molteplici, oltre all’eliminazione nella propria dieta alimentare delle più piccole tracce di glutine nel piatto, gli studiosi finlandesi hanno voluto testare gli effetti di un enzima sull’intestino tenue denominato ALV003. E’un enzima che, somministrato per vie orale, è in grado di alleviare le lesioni che si creano all’interno dell’organo causate proprio dall’assunzione del glutine. La ricerca pubblicata sulla rivista Gastroenterology , è stata svolta sotto la direzione della dott.ssa Marja- Leena Lahdeaho, la quale ha suddiviso un insieme di soggetti celiaci in due gruppi ( sperimentale e controllo). Al primo veniva somministrato l’enzima associato ad una piccola percentuale di glutine, mentre al secondo veniva somministrato solo la piccola percentuale di glutine quotidianamente. I risultati dello studio hanno dimostrato che l’enzima lenisce gli effetti nocivi prodotti dall’ingestione di glutine, i sintomi da intossicazione di origine gastrointestinale ,tra cui nausea e dolori addominali , si presentano con maggiore vigore nel gruppo placebo. Sono oltre 500.000 i celiaci in Italia che non sanno di essere affetti dalla malattia, un numero enorme rispetto alle 85.000 diagnosi che vengono effettuate ogni anno. I sintomi della celiachia più ravvisati, cosiddetta celiachia tipica, sono la dissenteria, il gonfiore addominale, debolezza e perdita di peso, e nei bambini la manifestazione sintomatologica della malattia sorge con l’arresto della crescita durante lo svezzamento. Il danneggiamento dell’intestino compromette il regolare assorbimento anche di altre sostanze nutritive creando una contaminazione incrociata durante la trasformazione degli alimenti. Una dieta senza glutine è costosa e socialmente complicata. Gli italiani spendono 150 milioni di euro per la spesa complessiva di prodotti senza glutine, di cui 130 nel circuito farmaceutico e 20 nella grande distribuzione. Sono infatti 1.732 i prodotti senza glutine contenuti nel Registro Nazionale degli alimenti rispetto ai 281 stimati nel decreto Veronesi nel 2001. Insieme al crescente numero degli alimenti sempre più vicini alle preferenze e ai gusti della clientela, continuano ad aumentare le strutture di ristorazione in Italia che possono servire pietanze senza l’elemento glutine. Tuttavia, una dieta senza glutine non basta a tenere a bada il fenomeno della celiachia, in quanto la presenza di questa proteina possiamo ritrovarla anche in elementi comuni come la colla delle buste da lettere e nei trucchi da donna, fattori di rischio che anche a bassa concentrazione possono condurre alla cronicizzazione dei sintomi provocati dall’intossicazione. Secondo la dottoressa Lahdeaho diviene dunque necessario affiancare una terapia, in questo caso enzimatica, ad un regime alimentare che escluda il glutine nel perseguimento di uno stile di vita sano.