A pochi giorni dal Referendum della Catalogna, così atteso, desiderato, l’incantevole sogno d’indipendenza è ancora circondato da veli di nebbia, non ancora diradata. La vittoria del sì è stata dell’ 81% circa. Lunghe erano le code di elettori trepidanti a Barcellona e nelle altre città catalane per votare alla consultazione sull’indipendenza da Madrid.
Una percentuale notevole tale da gridare all’ottimo risultato della campagna politica degli Indipendentisti, come ha dichiarato lo stesso Artur Mas, presidente della Convergencia y Unió.
Si parla, allora, di eclatante esito. Spulciando sotto la superficie, tuttavia, il risultato non ha rispecchiato le aspettative. Infatti solo 1/3 dei votanti ha risposto alle due domande poste nella scheda Vuole che la Catalogna sia uno stato? e, in caso affermativo, Vuole che questo stato sia indipendente?, ed era, quindi, in fila ai seggi, nonostante la possibilità di voto scesa all’eta di 16 anni ed estesa ai cittadini immigrati residenti.
Le ragioni di una poca affluenza sono numerose.
Chi si è astenuto dal voto lo ha fatto per la sua natura non ufficiale.
Più ricercate sono le altre motivazioni, tra queste il timore. In un particolare momento storico, questa idea di separazione, o meglio di secessione spaventa. L’isolamento non convince, non si scaldano i cuori in tempo di crisi economica, si teme per la povertà; l’insicurezza e l’incertezza fanno da padrone e generano incubi.
Da un lato, c’è l’assenza di un dialogo onesto del governo Rajoytra le parti, Mas e gli altri partiti che appoggiavano il referendum: Convergenza Democratica di Catalogna, Sinistra Repubblicana di Catalogna, Unione Democratica di Catalogna, Iniziativa per la Catalogna Verde, Sinistra Unita e Alternativa e Candidatura di Unità Popolare.
La tensione frutto del non raggiungimento di una soluzione comune cresceva man mano e le linee di comunicazione si sono interrotte quando per l’ennesima volta e, definitivamente, il governo centrale di Madrid ha proclamato illegale il referendum, letteralmente nascondendosi dietro il principio costituzionale che prevede che, in Spagna, siano permessi solo i referendum che coinvolgono tutta la popolazione con diritto al voto e non solo una parte di essa.
Non poter comunicare, elimina un diritto importantissimo della democrazia, spingendo i cittadini della Catalogna, malgrado, a prendere o lasciare. Il cittadino è abbandonando con incuria. Il mondo della parola, prevede lo scambio reciproco di opinioni, il rapporto diretto, del coinvolgimento, nei processi comunicativi. Coinvolgimento che si attua con la piena partecipazione dell’individuo, del suo intelletto.
Dall’altro un referendum pubblicizzato come necessario, fondamentale ha, forse, o, molto probabilmente, dimenticato di parlare con e per i Catalani. Ha forse tralasciato le idee di fondo, quelle che hanno mosso gli animi di numerosi giovani catalani. Consentire alla Catalogna il libero diritto di proporre il cambiamento e migliori condizioni. Pensieri e progetti per riscattare una propria identità, ricca ditradizioni, di costumi diversificati da quelli dell’intera Spagna, come i correfocs, uomini che sputano fuoco e giocano con le fiamme, ballando al suono del tradizionale oboe, come il carnevale di Vilanova i la Geltrú e il Patum di Berga.
Un progetto di fondo, un idea di base, coraggiosa che li ha resi i fautori di questa moderna rivoluzione. Una rivoluzione costituita da intenti nobili e incredibilmente validi: che la cooperazione non sia solo un principio teorico ma che insieme, ascoltando ed accettando le diverse opinioni, ogni uomo possa sentirsi parte di una comunità più grande, che la conoscenza sia tale perchè frutto del confronto con altre tradizioni, pensieri, usi ed esigenze, e possa trasmetterla all’altro migliorandosi. Quanto chiesto era una considerazione maggiore delle idee dei cittadini ed una presa di posizione chiara e decisiva nell’attuare politiche rinnovate e altruiste. Si tratta di un dibattito autentico per una riorganizzazione delle realtà locali a cui Madrid non ha saputo dare voce nè risposta, nè alcun tipo di progetto innovativo.
L’indisponibilità del governo ad ascoltare non ha lasciato nessuna possibilità di emergere alle motivazioni della posizione indipendentista.
Il risultato del referendum resta, comunque, il riflesso della situazione catalana e di quella dell’intera Europa per quanto riguarda la mancanza di una reale unità senza condizioni di genere o ordini dall’alto.
L’esempio di come la politica dimentichi di essere un strumento a servizio dell’ uomo e per l’uomo, in quanto essere comunitario, filosoficamente, antropologicamente, e non del singolo individuo o di un suo fine personale.