Storica inversione di tendenza con l’aumento di oltre il 5% della spesa delle famiglie italiane per la carne nel 2018, il valore più alto degli ultimi sei anni che avevano fatto registrare un brusco calo dei consumi. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti su dati Ismea relativi al primo trimestre del 2018.
L’aumento dei consumi riguarda tutte le diverse tipologie di carne da quella di pollame (+4%) a quella di maiale (+4%) fino a quella bovina (+5%) che fa registrare il maggior incremento nel primo trimestre rispetto all’anno precedente, in un quadro di sostanziale stagnazione della spesa alimentare (+1,4%).
Il consumo medio annuo in Italia di carne (pollo, suino, bovino, ovino) è sceso ai livelli di 79 chilogrammi pro-capite, tra i più bassi in Europa dove i danesi sono a 109,8 chilogrammi, i portoghesi a 101 chilogrammi, gli spagnoli a 99,5 chilogrammi, i francesi e i tedeschi a 85,8 e 86 chilogrammi. E la situazione non cambia se il confronto viene fatto a livello internazionale visto che, secondo il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, nel 2018 il consumatore medio americano mangerà 222,2 chili tra carne rossa e pollame.
Nel Belpase si assiste ad una decisa svolta verso la qualità con il 45% degli italiani che privilegia quella proveniente da allevamenti italiani, il 29% sceglie carni locali e il 20% quella con marchio Dop, Igp o con altre certificazioni di origine secondo l’indagine Coldiretti/Ixe’. Vola, infatti, il consumo di bistecca “Doc” con un balzo del 20% nel numero di animali di razze storiche italiane allevati negli ultimi 20 anni sulla base delle iscrizioni al libro genealogico. La domanda di qualità e di garanzia dell’origine ha portato ad un vero boom nell’allevamento delle razze storiche italiane da carne che, dopo aver rischiato l’estinzione, sono tornate a ripopolare le campagne dagli Appennini alle Alpi. La razza piemontese con lo storico riconoscimento comunitario dei “Vitelloni Piemontesi della Coscia” a Indicazione Geografica Protetta (Igp) è la più diffusa e può contare su oltre 315mila capi mentre sono più di 52mila quelli di razza marchigiana, quasi 46mila di chianina, 12mila di romagnola, 11mila di maremmana e più di 35mila di podolica per un totale di oltre 472mila animali allevati.
Un patrimonio consolidato anche grazie a iniziative di valorizzazione messe in campo dagli allevatori, con l’adozione di forme di alimentazione controllata, disciplinari di allevamento restrittivi, sistemi di rintracciabilità elettronica e forme di vendita diretta della carne da parte degli allevatori attraverso le fattorie e i mercati di Campagna Amica. Le carni nazionali sono più sane, perché magre, non trattate con ormoni (a differenza di quelle americane) e ottenute spesso nel rispetto di rigidi disciplinari di produzione che assicurano il benessere e la qualità dell’alimentazione degli animali.
Il risultato è una vera rivoluzione nell’offerta di carne in Italia che si estende dalle macellerie ai supermercati, dallo street food alle hamburgherie, fino all’arrivo della carta delle carni nei menu proposti dai ristoranti più prestigiosi. La conoscenza delle caratteristiche specifiche dei diversi tipi di carne è diventato un valore aggiunto che arricchisce l’offerta enogastronomica nella ristorazione.