Si tramanda che non esistano disegni preparatori di Caravaggio. Il pittore componeva il quadro direttamente nella realtà, utilizzando i modelli (persone reali spesso scelte in mezzo al popolo), le luci, l’inquadratura. Una tecnica sottolineata anche dal fatto che nel suo studio era solito posizionare delle lanterne in punti ben precisi e studiati ad hoc: in tal modo i soggetti venivano illuminati solo in parte da una “luce radente”. Ed è così che in ogni realizzazione del Merisi i volumi dei corpi emergono prepotentemente dallo sfondo buio.
Caravaggio è un rivoluzionario: le tante note caratterizzanti della sua opera lo fanno elevare al di sopra della cifra stilistica della maggior parte degli artisti del suo tempo, permeata di quella cultura accademica che si fondava prevalentemente sullo studio dell’arte classica. Il forte naturalismo di soggetti e scenari, l’illuminazione, con le sue ombre e i suoi riflessi, dall’impatto visivo teatrale, espressioni e posture che racchiudono l’intero universo emotivo umano: Caravaggio affascina, commuove, travolge.
E se questi quadri prendessero “vita”? E se potessimo sentirli addosso, addirittura “dentro”?
“La Conversione di un cavallo” sfrutta la tecnica dei Tableaux Vivants (letteralmente “quadri viventi“) e riesce a far rivivere, in un’ora straordinariamente intensa, suggestioni a fior di pelle e d’anima. In una location d’eccezione come il Museo Diocesano di Napoli, otto attori mettono in scena 23 tele del Caravaggio, da “La Deposizione” al “Sacrificio di Isacco“, da “Giuditta e Oloferne” alla “Resurrezione di Lazzaro“. La plasticità dei corpi e la profonda espressività dei volti, entrambi sfiorati da un solo taglio di luce, i cambi delle vesti fatti a vista, l’elegante immobilità a cui approda il movimento: così prende vita sotto gli occhi degli astanti uno spettacolo che mutua dal Caravaggio la capacità di emozionare. Le musiche di Bach, Mozart, Vivaldi e Sibelius fanno da suggello all’atmosfera.
“La Conversione di un cavallo” sfrutta la tecnica dei Tableaux Vivants (letteralmente “quadri viventi“) e riesce a far rivivere, in un’ora straordinariamente intensa, suggestioni a fior di pelle e d’anima. In una location d’eccezione come il Museo Diocesano di Napoli, otto attori mettono in scena 23 tele del Caravaggio, da “La Deposizione” al “Sacrificio di Isacco“, da “Giuditta e Oloferne” alla “Resurrezione di Lazzaro“. La plasticità dei corpi e la profonda espressività dei volti, entrambi sfiorati da un solo taglio di luce, i cambi delle vesti fatti a vista, l’elegante immobilità a cui approda il movimento: così prende vita sotto gli occhi degli astanti uno spettacolo che mutua dal Caravaggio la capacità di emozionare. Le musiche di Bach, Mozart, Vivaldi e Sibelius fanno da suggello all’atmosfera.
In scena: Andrea Fersula, Serena Ferone, Ivano Ilardi, Laura Lisanti, Chiara Kija, Paolo Salvatore, Claudio Pisani, per la regia di Ludovica Rambelli e l’aiuto regia di Dora De Maio.
Qui di seguito alcuni scatti delle rappresentazioni più evocative, per gentile concessione del Museo.
[La Deposizione]
[Estasi di Maddalena]
[Martirio di Matteo]
[Morte della Vergine]
PROSSIME DATE
22 maggio 2016
12 giugno 2016
26 giugno 2016