Otto marzo di nuovo, chissà perché la mente va indietro di una bella manciata di anni ad un otto marzo assolato, ad un corteo improvvisato e riuscitissimo, alle mimose non ancora commercializzate scambiate tra di noi in segno di riconoscimento e di sorellanza, all’energia avvertita, a questo piccolo esercito consapevole ed agguerrito in marcia attraverso la città e fino alla stazione centrale, allo strappo delle locandine dalle sale a luci rosse “solo” per uomini, agli slogan liberatori e spudorati e finalmente poco adeguati per delle signorine, agli sguardi attoniti e disorientati degli uomini, alla bellezza dei nostri anni.
Poi le prime cene tra donne a parlare liberamente e senza limiti. “Autocoscienza” e risate, idee nuove, progetti, proposte: “Il salario al lavoro domestico” una delle più osteggiate; ci pareva la legittimazione del vituperato casalingato ma forse era la più saggia e lungimirante, il riconoscimento di un lavoro multitasking, faticoso ed invisibile e la possibilità concreta di dare alle donne indipendenza economica e forza per uscire da situazioni insopportabili. Una proposta che, a nostro avviso, andrebbe riformulata e ripresentata.
Come si sia arrivati in questi anni a trasformare tutto questo in una sorta di festa della mamma è tutto ancora da capire. Auguri, fiori e cioccolatini ed un malinteso senso di parità che ha reso molte di noi spettatrici entusiaste di spogliarelli al maschile very cafonal! Forse il prezzo da pagare per la liberazione sessuale? Pare proprio di no visto che da un lato eserciti di giovani donne continuano a mercificare se stesse con l’alibi del “corpo è mio e lo gestisco io” mentre dall’altro un certo tipo di abbigliamento è ancora considerato una provocazione ed un’istigazione allo stupro.
La guerra dei sessi si è inasprita, la violenza sulle donne è in pericolosa crescita, soprattutto in ambito familiare. La maggior parte dei femminicidi avviene all’interno della coppia; il 59,3% degli omicidi è compiuto dal coniuge o convivente della vittima, una su cinque l’assassino è un ex partner; spesso è fatale la decisione della donna di interrompere la relazione. “Colpevoli di decidere”?
La maternità è tornata ad essere un ostacolo per l’assunzione di una donna o motivo occulto di licenziamento, la possibilità o il desiderio di fare carriera comportano spesso la volontaria rinuncia ad avere figli, il doppio lavoro fuori e dentro casa e la cura di bambini ed anziani sono ancora un compito squisitamente femminile. Il corpo femminile è come quello del maiale: tutto torna utile anche l’utero che può sempre essere affittato per far nascere bambini non propri. Certo la differenza la fa anche la classe sociale, il reddito. Tutto è possibile se si gode di un notevole benessere economico…ma questo è un altro, eterno, discorso….
Nessuna conquista da dichiarare, allora? Certo che sì e prima tra tutte, altra faccia della medaglia, la libertà di non fare figli. Ne per sé ne tantomeno per conto terzi! Una scelta veramente amorale!!!
Le numerose conquiste non hanno annullato condizioni di subalternità e riti di inaudita ferocia sparsi in giro nel mondo: dall’infibulazione, alla prostituzione delle bambine che radicano le loro pratiche sul vetusto concetto di donna oggetto nata per procreare e dar piacere all’uomo.
E’ tempo, quindi, di riprenderci questa festa, di spogliarla da ogni malinteso consumistico-consolatorio ed aprirla ad incontri di comuni riflessioni e ricerca, di collaborazione anche con gli uomini di buona volontà senza più pretese separatiste. Il tempo ci pare maturo per questo ulteriore, inevitabile passo. Suvvia non siamo una specie da proteggere neanche con le quote rosa, siamo persone di sesso femminile.
WebLetture, eventi e spot suggeriti:
“Utero in affitto, diritto e desiderio” di Sonia Caporossi;
“Uomini maltrattanti: prevenzione e cambiamento” AIED ed IOCISTO ;