Cantautori italiani anni ’70 sembra quasi una categoria di quei siti che si occupano di Vintage e che oggi sono ritornati molto in auge. In realtà, per chi ha la stessa età di chi scrive o qualche lustro in più e si avvicina all’età della pensione, quegli anni sono ritenuti come i più importanti della storia della musica italiana.
Cercheremo, per quanto ci è possibile e senza lasciarci andare a farci cullare dai ricordi giovanili, di operare una ricostruzione storiografica di quanto successo in quegli anni. Figli di quel ’68 che oggi ancora è vissuto da alcuni con trasporto e da altri con in mano la lente del revisionismo del senno di poi, non è superfluo ricordare che senza ombra di dubbio quelli sono stati gli anni dell’impegno civile dei cantanti.
Quando si dice cantautori italiani anni ’70 il pensiero corre veloce a tutta quella schiera di cantanti che fecero delle istanze politiche e sociali il cuore della loro poetica, ma non è così. Almeno lo è in parte perché se da un lato c’erano queste tematiche in primo piano il sentimento dell’amore coniugato in tutte le sue forme era molto ben presente in tutti.
Che cosa è un cantautore?
Le definizioni di qualcosa che afferisce alla sfera dell’arte sono, secondo noi, molto antipatiche. Quando però si tratta di dare una connotazione precisa ad un fenomeno sociale e di costume allora dobbiamo ricorrervi necessariamente. In questo caso allora ci chiediamo ma cos’è un cantautore?
Tecnicamente è un cantante che canta canzoni da lui scritte, in genere, sia nella parte testuale che musicale.
Perché è un fenomeno che connota specialmente quel decennio? La prima risposta è quella dell’impegno di cui scrivevamo più su e la seconda sicuramente è la voglia di rottura con il passato che vedeva la musica italiana zeppa di cantanti interpreti di canzoni altrui.
Chi è stato il primo cantautore italiano?
Eppure il primo cantautore italiano non ha davvero nulla a che fare con gli anni ’70. Si chiamava Michele Testa all’anagrafe ma aveva assunto il nome d’arte di Armando Gill, era napoletano e fu in auge fra la fine dell’800 e la prima metà del ‘900 fino dopo la seconda guerra mondiale.
La parola cantautore fu coniata la prima volta, però, solo nel 1959 quando i patron della RCA di allora Ennio Melis e Vincenzo Micocci la usarono per indicare il cantante Gianni Meccia con il suo brano “Il Barattolo”.
Negli anni ’60 vedono la luce, però , le prime e proprie vere scuole di cantautorato. È la scuola genovese a fare da battistrada, i nomi sarebbe anche inutile elencarli ma ci piace ricordarli: Gino Paoli, Luigi Tenco, Sergio Endrigo, Umberto Bindi, Bruno Lauzi, Fabrizio De André, più tardi Ivano Fossati. Poi quelli genovesi per ‘adozione’ come Piero Ciampi e Paolo Conte. Qui la lirica d’impegno si coniuga con la poesia d’amore.
Chi sono i cantanti degli anni 70?
I cantanti negli anni ’70 si dividono molto nettamente: da un lato i ‘melodici’ che potremmo anche definire “Sanremesi” o da ‘Canzonissima‘ glorioso programma RAI, e il cantautorato vero e proprio con le sue scuole come quella Bolognese con esponenti principe in Francesco Guccini e Lucio Dalla ma con esponenti eminentissimi in Claudio Lolli e poco più tardi Pierangelo Bertoli e tanti altri.
Naturalmente Roma con i suoi Antonello Venditti e Francesco De Gregori ma anche Renato Zero e Franco Califano, Claudio Baglioni ed anche qui alcuni assimilati come Rino Gaetano crotonese di nascita ma romano d’adozione.
La scuola milanese con personaggi del calibro di Roberto Vecchioni, Giorgio Gaber, Enzo Iannacci, Lucio Battisti giusto per andare a memoria solo sui nomi più famosi ma tanti altri ce ne sono in tutta Italia da Franco Battiato, vero guru successivamente, ai fratelli Edoardo ed Eugenio Bennato a Napoli che, invece, si attesteranno a rappresentare la coda lunga del cantautorato italiano nei primi anni ’80 e fino ai primissimi anni ’90 quando Pino Daniele e non solo inonderanno la scena.
Chi sono i più grandi cantautori italiani?
Le classifiche sono la cosa più tremenda che si possa fare rispetto alle doti degli artisti, in primis sono estremamente soggettive e si rischia sempre di essere ingiusti e dimenticare qualcuno. Quindi, per non fare torto a nessuno diciamo che i nomi che abbiamo già scritto sono sicuramente nella loro individualità quelli più che hanno inciso.
Dalla poesia pura di De André, Conte, Paoli, Dalla che, con le loro reminiscenze d’elezione, ci hanno donato vere e proprie poesie in musica; alle ballate, ora struggenti ora arrabbiate, di Vecchioni, Guccini e Lolli; alle altrettanto liriche odi di De Gregori, Venditti, Baglioni, Califano e Battisti fino al sarcasmo pungente e di rottura ma anche con altissimi livelli poetici di Iannacci, Zero e Gaetano fino alla sublimazione massima in Gaber ed il suo Teatro-Canzone.
Una notazione va data anche a quella che fu la riscoperta delle tradizioni della musica popolare che non rientra nel fenomeno cantautorale ma con due realtà come il Canzoniere Italiano e l’opera musicologica di Roberto De Simone è molto contigua ad esso.
Quando finisce la tradizione dei cantautori italiani?
La grande tradizione dei cantautori italiani anni ’70 così come descritta ha il suo epilogo con la fine del decennio, ma con gli anni successivi il movimento non va a d esaurirsi quanto ad evolversi fino alla fine degli anni ’90 quando la scena musicale italiana, con l’ingresso nel terzo millennio, viene fragorosamente rapita da Rap e Trap.
La musica cantautorale mantiene, però, il fil rouge della musica italiana da almeno quattro o cinque decenni è sarà ancora molto dura scalzarla dal cuore di quelli che oggi qualcuno definisce boomer ma che altri non sono che estimatori di canzoni con una musica ed un testo con un qualche significato.