Una volta era una stella. Poi divenne qualcos’altro, un oggetto celeste ibrido: troppo grande per essere un pianeta, troppo piccolo per essere una stella.
È la storia della nana bruna appartenente al sistema binario J1433, a 730 anni luce da noi.
Questa ex stella è stata osservata da un gruppo internazionale di astronomi, che ha scoperto il processo che ha portato al suo “declassamento” a brown dwarf, nana bruna appunto.
La responsabile sarebbe proprio l’altra componente del sistema J1433, che invece appartiene ancora alla categoria stellare: per la precisione a quella delle nane bianche, stelle di piccole dimensioni con una bassa luminosità.
Secondo i ricercatori, la nana bianca avrebbe “cannibalizzato” la stella compagna, trasformandola in nana bruna.
Un avvenimento piuttosto insolito: la maggior parte delle nane brune sono infatti “stelle fallite”, ovvero oggetti celesti nati con una massa troppo piccola per poter fondere l’idrogeno del loro nucleo e trasformarsi così in stelle.
Al contrario, questa nana bruna è nata come stella in piena regola, ma è stata sottoposta a miliardi di anni di cannibalismo stellare. Una pratica piuttosto cruenta, che le ha portato via circa il 90% della sua massa.
Questi risultati, pubblicati su Nature, sono stati ottenuti grazie allo strumento X-Shooter del Very Large Telescope (VLT) in Cile.
“È un modo unico per osservare oggetti astronomici in contemporanea, dall’ultravioletto all’infrarosso” dice Juan Venancio Hernández Santisteban, dottorando all’Università di Southampton e prima firma dell’articolo. “Ci ha permesso di analizzare la luce del sistema binario, svelando i segnali nascosti della nana bruna”.
Gli astronomi hanno utilizzato questi dati anche per mappare latemperatura della superficie della nana bruna, scoprendo una distribuzione per nulla uniforme. Anche questo dipende dalla carnefice dall’antica stella: il lato illuminato dalla nana bianca, che corrisponde al periodo diurno, risulta molto più caldo di quello notturno.
In media questo scarto è di 57° C, ma tra il punto più caldo e quello più freddo si registra addirittura una differenza di 200°C.
“La costruzione di questa mappa termica – commenta Christian Knigge, co-autore dello studio – è un risultato significativo. Nel caso di molti pianeti giganti, i cosiddetti gioviani caldi, la radiazione della stella compagna sommerge completamente il flusso di calore interno del pianeta.
Invece nella nostra nana bruna il flusso di calore interno e l’irradiazione esterna sono confrontabili: questo rappresenta una dimensione inesplorata, che diventa una sorta di laboratorio per studiare gli oggetti substellari”.