Una direttiva dell’Unione definisce la nozione di «medicinale per funzione» nel senso di «ogni sostanza o associazione di sostanze che possa essere utilizzata sull’uomo o somministrata sull’uomo allo scopo di ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche, esercitando un’azione farmacologica, immunologica o metabolica».
Così si sono espressi i giudici della Corte Ue che si sono pronunciati su una causa nelle cause riunite C-358/13 e C-181/14 D e G. La causa era stata introdotta dai signori D e G che commercializzavano tra il 2010 e il 2012 miscele di erbe aromatiche contenenti vari cannabinoidi di sintesi. Si tratta di sostanze psicoattive che, se fumate, tendono a riprodurre gli effetti della cannabis. All’epoca dei fatti, la normativa tedesca sulla lotta agli stupefacenti non consentiva di ricomprendere la commercializzazione di tali sostanze. Le autorità tedesche hanno condannato quindi i signori D e G a pene detentive in base alla normativa sui medicinali, per averimmesso sul mercato un «medicinale sospetto».
Investito della controversia, il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia, Germania) si chiede se la detta associazione di sostanze, nonostante i rischi che presenta per la salute umana, possa essere qualificata come «medicinale», considerato che, sebbene determini effettivamente, come previsto dalla direttiva, una modificazione delle funzioni fisiologiche nell’uomo esercitando un’azione farmacologica , non procura alcun beneficio terapeutico.
Nelle conclusioni odierne, l’avvocato generale Yves Bot ritiene che la nozione di «medicinale» contemplata dalla direttiva, non possa ricomprendere un’associazione di sostanze come quella oggetto della causa. Un’associazione di sostanze di tal genere è, certamente, idonea a modificare funzioni fisiologiche nell’uomo, ma la sua somministrazione a fini puramente ricreativi non è destinata né a prevenire, né a curare alcuna patologia. L’avvocato generale Bot ricorda, in limine, che non si tratta di ostacolare l’impiego medico di stupefacenti, che permane indispensabile ai fini dell’attenuazione del dolore, bensì di limitare l’immissione in commercio di sostanze psicoattive consumate a fini puramente ricreativi, ove, nella specie, il consumatore ricerca gli effetti psichici associati al consumo di cannabis.
A sostegno del proprio ragionamento, l’avvocato generale Bot si fonda anzitutto sulla definizione della nozione di «medicinale per presentazione» contemplata dalla direttiva, che fa riferimento alle «proprietà [del prodotto] curative o profilattiche delle malattie umane». L’avvocato generale Bot ritiene, inoltre, che il criterio relativo alla «modificazione delle funzioni fisiologiche» non possa essere interpretato a prescindere dal contesto in cui si colloca né dall’applicazione medica cui la sostanza o l’associazione di sostanze di cui trattasi è destinata. Infatti, la direttiva utilizza non solo il verbo «modificare», bensì parimenti i verbi «ripristinare» e «correggere», i quali fanno riferimento al miglioramento delle funzioni organiche dell’uomo o al recupero delle sue funzioni fisiologiche, il che implica l’esistenza di un beneficio medico o terapeutico.
L’avvocato generale Bot ricorda inoltre la costante giurisprudenza della Corte secondo cui la somministrazione di un medicinale deve «avere una funzione di profilassi o di cura». L’avvocato generale Bot ritiene peraltro che la direttiva, fondata sulla protezione della salute pubblica e sulla libera circolazione delle merci in seno all’Unione, non ammetta l’introduzione sul mercato di sostanze i cui rischi per la salute umana siano analoghi a quelli che presentano gli stupefacenti e la cui somministrazione venga effettuata al di fuori di qualsiasi applicazione medica. Infatti, disciplinando l’autorizzazione di immissione sul mercato nonché la fabbricazione, l’importazione, l’etichettatura o, ancora, la distribuzione dei medicinali, la direttiva è volta a consentire l’immissione sul mercato e la libera circolazione di un prodotto sicuro ed efficace, di cui sia stata analizzata la composizione, di cui siano stati valutati le indicazioni, le controindicazioni, i rischi e gli effetti collaterali e di cui siano state stabilite la posologia, la forma farmaceutica e la modalità di somministrazione. Tale disciplina non è, quindi, destinata ad applicarsi ad un’associazione di sostanze che si vuole, in realtà, escludere dal mercato, essendo priva di qualsiasi beneficio medico e presentando rischi per la salute umana. L’avvocato generale Bot ritiene, peraltro, che la commercializzazione, a fini esclusivamente ricreativi, di nuove sostanze psicoattive si collochi chiaramente al di fuori della sfera economica legale del mercato interno.
A tal riguardo ricorda che, conformemente alla giurisprudenza della Corte «gli stupefacenti non presenti nel circuito rigorosamente sorvegliato dalle competenti autorità in vista dell’uso per scopi medici o scientifici rientrano, per loro stessa natura, in un divieto di importazione e di commercializzazione in tutti gli Stati membri». Se è comprensibile che, a fronte di una lacuna normativa, la Germania sia stata indotta ad applicare la normativa relativa ai medicinali, al fine di meglio controllare e reprimere l’immissione sul mercato di queste nuove sostanze, l’avvocato generale Bot conclude che tale obiettivo non può tuttavia giustificare un’interpretazione estensiva, se non addirittura una distorsione, della nozione di «medicinale». Egli ritiene, conseguentemente, che solamente provvedimenti repressivi basati sul controllo degli stupefacenti possano far fronte alla comparsa sul mercato di sostanze psicoattive. A tal proposito e a fini di chiarezza, suggerisce che il fondamento normativo della legislazione, attualmente in fase di progetto, venga chiaramente ricondotta allo spazio di libertà, disicurezza e di giustizia. (Sportello dei Diritti)