Un importante passo avanti nella lotta contro il cancro al pancreas, uno dei tumori più aggressivi e difficili da trattare, è stato compiuto da un team di ricercatori italiani. Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista “Cancer Cell”, ha identificato alcuni meccanismi chiave alla base della formazione del tumore, aprendo la strada a nuove strategie terapeutiche più mirate ed efficaci.
Cancro al pancreas, un tumore subdolo e letale
Il cancro al pancreas rappresenta una sfida enorme per la medicina. I sintomi spesso sono aspecifici e la diagnosi arriva frequentemente in fase avanzata, quando le possibilità di cura sono ridotte. La prognosi è infausta: a cinque anni dalla diagnosi, la sopravvivenza si attesta intorno al 9%.
L’eterogeneità tumorale come ostacolo
Uno dei motivi principali dell’insuccesso delle terapie è l’eterogeneità del tumore. All’interno dello stesso carcinoma pancreatico, coesistono diverse popolazioni di cellule tumorali con caratteristiche genetiche e morfologiche differenti. Questa variabilità rende il tumore resistente ai trattamenti standard, che spesso non sono in grado di colpire tutte le cellule tumorali.
La scoperta italiana
Lo studio del team italiano, coordinato da Gioacchino Natoli e Giuseppe Diaferia dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO), ha fatto luce proprio sull’eterogeneità del cancro al pancreas. I ricercatori hanno utilizzato tecnologie innovative per isolare e analizzare singole cellule tumorali, identificando quattro sottotipi di cellule con caratteristiche e comportamenti distinti.
Nuove speranze per la cura
La scoperta apre nuove possibilità per lo sviluppo di terapie personalizzate, in grado di colpire selettivamente i diversi sottotipi di cellule tumorali. I ricercatori hanno già identificato alcuni potenziali bersagli terapeutici e stanno lavorando allo sviluppo di nuovi farmaci.
Lo studio italiano rappresenta un passo avanti significativo nella comprensione del cancro al pancreas e nella ricerca di nuove strategie terapeutiche. La scoperta dell’eterogeneità tumorale e l’identificazione di nuovi bersagli molecolari offrono nuove speranze per i pazienti affetti da questa grave malattia.
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