Campi Flegrei: qual è il piano d’emergenza in caso di eruzione? Riprendiamo un discorso aperto su queste pagine circa una settimana fa per riprenderlo dall’esatto punto in cui ci eravamo interrotti. La situazione sismica della zona non accenna a migliorare e sembra più che mai indispensabile pensare alle misure più urgenti. Esiste un piano d’emergenza? A quando risale? La popolazione è stata adeguatamente formata?
Il piano d’emergenza per l’eruzione nei Campi Flegrei
Iniziamo col dire che il Piano d’emergenza per il rischio eruzione nei Campi Flegrei c’è e risale al 2017, anno in cui è stato approvato dal Comune di Napoli insieme al piano d’emergenza per il rischio Vesuvio. E’ liberamente consultabile sul sito della Protezione civile. L’esecuzione del piano prevede la compartecipazione di diversi Comuni dell’area flegrea e non solo, Regione Campania e Protezione civile.
L’area interessata dall’eventuale rischio è stata divisa in due zone con colori distinti: zona rossa, zona gialla. La zona rossa è quella più esposta al pericolo di “invasione di flussi piroclastici che, per le loro elevate temperature e velocità, rappresentano il fenomeno più pericoloso per le persone” come si legge sul sito della Protezione civile. In caso di allarme l’evacuazione è l’unica possibilità per salvare gli abitanti.
La zona rossa comprende:
- i Comuni di Pozzuoli, Bacoli, Monte di Procida e Quarto, per intero;
- parte dei Comuni di Giugliano in Campania, di Marano di Napoli
- alcune municipalità del Comune di Napoli
per un totale di 500mila abitanti.
La zona gialla è più esterna rispetto alla rossa, il rischio per i Comuni interessati è che vengano invasi dalle ceneri vulcaniche. Per questa zona, l’evacuazione è considerata un’ipotesi temporanea limitata a quegli edifici resi inagibili o difficilmente accessibili dall’accumulo delle ceneri.
La zona gialla comprende:
- i Comuni di Villaricca, Calvizzano, Marano di Napoli, Mugnano di Napoli, Melito di Napoli e Casavatore
- 24 quartieri del Comune di Napoli
per un totale di 800mila abitanti.
Come funziona il piano d’emergenza
Anche per l’attuazione del piano d’emergenza dobbiamo distinguere due fasi: “pre-allarme” e “allarme“. In fase di “pre-allarme” chiunque voglia può allontanarsi in modo autonomo raggiungendo parenti, seconde abitazioni, ricevendo un contributo economico dallo Stato.
In fase di “allarme” la popolazione residente nella zona rossa dovrà allontanarsi obbligatoriamente e potrà farlo in modo autonomo o assistito.
I tempi previsti per la realizzazione del piano ammontano a 72 ore, pari a 3 giorni articolate nel seguente modo:
- le prime 12 ore dovranno servire alle persone per prepararsi e alle autorità locali per predisporre le misure necessarie per la regolazione del traffico;
- le successive 48 ore vedranno la partenza di tutti gli abitanti della zona rossa. Partenza contemporanea ma cadenzata dal cronoprogramma stilato dai rispettivi Comuni;
- le ultime 12 ore serviranno per risolvere eventuali criticità e provvedere all’allontanamento del personale operativo della Protezione civile.
Chi sceglierà di allontanarsi con il trasporto assistito dovrà recarsi presso le Aree di attesa previste dai piani di protezione civile comunali. Da qui sarà trasferito presso le Aree di incontro site fuori della zona rossa dalle quali partirà con pullman, treno o nave per essere trasferito presso i Punti di prima accoglienza. A ogni quartiere è stata assegnata, infatti, una Regione o una Provincia autonoma gemellata che accoglierà le persone che hanno dovuto lasciare la propria abitazione.
Chi sceglierà di allontanarsi autonomamente dovrà farlo seguendo esclusivamente i percorsi stradali di uscita dalla zona rossa stabiliti dal Piano di allontanamento. Se vorrà usufruire della sistemazione prevista dallo Stato potrà recarsi autonomamente verso i Punti di prima accoglienza presso le Regioni e le Provincie autonome gemellate. Se invece vorrà usufruire del contributo di autonoma sistemazione potrà proseguire verso la sistemazione individuata autonomamente.
Il flusso in uscita dalla zona rossa sarà regolato dal funzionamento di cancelli che cadenzeranno il traffico in uscita.
Cosa manca al piano d’emergenza
Il piano d’emergenza, dicevamo, risale al 2017 mentre le ultime esercitazioni sono state effettuate nel 2019. E’ chiaro che sarà necessario fare qualche aggiornamento anche in base agli ultimi sviluppi della tecnologia. Il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, nel corso di uno dei tavoli istituiti per fare il punto della situazione con i responsabili locali della Protezione civile e il ministro Musumeci, ha annunciato l’organizzazione di nuove prove. Ha, inoltre, paventato la possibilità di utilizzare la nuova tecnologia dell’IT-Allert per lanciare appunto l’allarme alla popolazione.
In copertina foto di valentina Ficuciello da Pixabay