Con 535 voti a favore, 56 contrari e 5 astenuti, due giorni fa la Camera ha confermato la fiducia al governo Draghi. Un buon risultato per il neo presidente del Consiglio ma che non batte il record come previsto. In un’analoga situazione nel 2011, Monti riscosse 556 voti a favore. Tuttavia i numeri tra Senato e Camera che confermano la fiducia a Draghi sono ampiamente superiori a quelli registrati dai due governi Conte. Ci dovrebbero essere, quindi, i presupposti per realizzare il programma annunciato dall’ex governatore della BCE. Eppure l’importanza di queste giornate sta, non tanto nei voti a favore di Draghi, ma in quelli contrari, un centinaio compresi gli astenuti, che hanno rimescolato le carte sul tavolo della politica.
La fiducia a Draghi di Camera e Senato
Dopo il discorso programmatico di Mario Draghi, durato 50 minuti, mercoledì scorso il Senato ha votato la fiducia: 262 voti favorevoli, 40 contrari e 2 astenuti. Il giorno dopo è toccato alla Camera che ha dato il suo verdetto anch’esso positivo. Come annunciato, il neo presidente ha avuto il sostegno dei partiti di maggioranza PD, LeU, Italia Viva, MAIE, con
l’aggiunta di Forza Italia e Lega. All’opposizione, invece, si sono schierati in sintonia bizzarra Fratelli d’Italia e Sinistra Italiana, alias due partiti agli antipodi. La vera sorpresa, però, è arrivata dal M5S. Il primo partito parlamentare ha vissuto, in questa nuova fase politica, un momento di forte contrapposizione interna.
La spaccatura nel Movimento 5 Stelle
A nulla è servita la ridiscesa in campo di Beppe Grillo in occasione delle consultazioni. Ore di confronto attivo con Draghi dal quale ha ottenuto la creazione del ministero della transizione ecologica; il discorso alla base prima del voto sulla piattaforma Rousseau. Se è riuscito a strappare il voto di fiducia a Draghi dagli iscritti, non è riuscito, però, a contenere il dissenso tra i suoi deputati. Una corrente formata da
una quindicina di persone che hanno pagato il loro no al nuovo governo con l’espulsione. Numeri che indicherebbero, in realtà, una scissione ma per i grillini è una parola impronunciabile. Nel frattempo, insieme al PD e al LeU, hanno dato vita a un intergruppo. Una sorta di coordinamento sulle riforme da attuare nel Paese, un’alleanza per dare un’alternativa solida alla destra.
La Destra italiana
E la destra? Nuovamente spaccata con un partito, come Forza Italia, che è entrato nella maggioranza, un altro, Fratelli d’Italia, che si è riservato un posto in prima fila nell’opposizione e il terzo, Lega, anch’esso entrato a far parte del governo, pur perdendo qualche pezzo. Questi saranno gli equilibri che ci accompagneranno si auspica fino a fine legislatura. Che dovranno realizzare gli obiettivi di governo. Cosa verrà fuori da queste piccole rivoluzioni?