Poca luce, caravaggesca, primo piano, volto barbuto e paziente. Si apre Calvario (Calvary), film indipendente anglo-irlandese, uscito nel 2013 e giunto a Maggio nelle nostra sale.
James (Brendan Gleeson), qui favolosamente bravo e finalmente protagonista, è un prete di un piccolo paese dell’Irlanda del Nord, Contea di Sligo.
L’incipit è di grande impatto emotivo e permette allo spettatore di addentrarsi con interesse e sospetto nella storia fin dai primi minuti: ‹‹Padre deve sapere che dall’età di sette anni ho iniziato a provare il gusto dello sperma, a seguito delle violenze ripetute per i successivi sette anni, con cadenza quasi giornaliera, da parte del prete dell’orfanotrofio in cui vivevo. Ora lui è morto e non posso vendicarmi su di lui, ma ho deciso di sfogare la mia rabbia su di lei, per la figura che rappresenta, consapevole del fatto che lei è estraneo a tutto ciò: tra sette giorni, domenica, sulla spiaggia dove si reca abitudinariamente, lei si farà trovare in mattinata ed io la ucciderò. ››
E’ uno degli uomini del paese a confessare l’omicidio, non conosciamo volto e sembianze, siamo insieme a James nel confessionale, capirà poi di chi si tratta.
Lo spettatore attento penserà che da questo momento in poi parti l’indagine dell’omicida e le svariate strade per impedire la morte del protagonista. Ma non è così. La sceneggiatura si muove, come un calvario, a pennello la scelta del titolo, padre James sa cosa accadrà, parte da lui ma non vi si sofferma anzi si sposta attorno a lui, per presentarci i personaggi secondari ma comunque presenti nella storia e nel contesto di onde e sequenze panoramiche anch’esse caratterizzate da grande tono emotivo.
Il regista segna il passaggio da un giorno al successivo e le scene nelle quali si muovono i vari personaggi con una pausa di inquadrature panoramiche. Sono sequenze ricche di immagini raccolte di onde schiumose che ancora ritornano, nuvole che vanno e vengono, una spiaggia dove si corre a cavallo, si fa surf. Il movimento naturale delle onde del mare che proseguono l’una dopo l’altra, le nuvole che si rincorrono, sono presagio ulteriore, turbolente dei giorni a venire. Le vedute panoramiche della natura servono al regista per affidare alla natura stessa una maestranza di angoscia e per dirci che il terrore è prossimo, è alle porte.
La bellezza della natura nella sua spontaneità, nella sua sequenza di gesti primitivi e autentici quale metafora degli eventi che si susseguiranno cammina accanto padre James nelle lunghe passeggiat ein riva al mare, con animo inquieto. La completa immersione nei toni e nell’atmosfera, nei paesaggi e nelle case della piccola contea, creata abilmente dalla fotografia di Larry Smith, e le sensazioni, avviene con la stessa naturalezza grazie, inoltre, alla colonna sonora di Patrick Cassidy che compone, per lo scopo, temi lirici cantati e tracks strumentali elegiache. Le parti più goliadriche sono, invece, musicate dal Country americano al Folk con New World In The Morning di Roger Whittaker, Dolphins di Fred Neil, Run Rabbit Run di Flanagan & Allen, One scotch, one bourbon, one beer di Amos Milbur, Snake Song di Townes Van Zandt, My name is carnival di Jackson C. Frank, Los chiriguanos di Sobo, o il blues americano con Hong Kong Blues e Lazy Bones di Hoagy Carmichael.
Troviamo in questa cornice naturale, il chirichetto che dipinge l’incontro tra due uomini, forse presagio per l’occhio attento dello spettatore, richiamando all’en plein air degli impressionisti, in questa stessa spiaggia, tanto protagonista quanto i caratteri che vi si muovono nelle immediate vicinanaze. E’ il piccolo chirichetto che beve di nascosto il vino per la cerimonia della Domenica ed è il primo di una lunga serie di personaggi particolari che il racconto ci mostrerà via via.
Fin dall’inizio, quello di James, un uomo dallo spirito flessibile e dalla bontà e immensa apertura mentale, sarà che una volta era sposato, e la morte della moglie è stata d’ispirazione per scegliere di divenire prete. Lo notiamo nei dialoghi con l’ antagonista, un suo “collega”, un altro prete della Sacrestia che mostra quel moralismo, freddezza, distacco dal peccato e dai peccatori, che straparla di una donna dai costumi discutibili e di uno dei suoi partener di colore, ne conosceremo la storia e le varie versioni dei fatti dopo.
Iniziamo ad addentrarci nella settimana che precederà la domenica di sangue.
Siamo a lunedì, è in arrivo da Londra, alla stazione la figlia di padre James, Fiona.
Ha ai polsi delle bende, ha tentato di tagliarsi, ha seguito il verso sbagliato, di traverso e non per lungo.
Saltiamo da qui in sella ad una decappottabile sportiva, rossa passione, con padre James, Fiona e un cane malato di nome Bruno che è il tramite per conoscere momenti di tenerezza ed introdurre altre descrizioni indirette del protagonista.
Giorno per giorno, il protagonista cerca le persone smarrite, che hanno perso sè stesse, non se ne sono accorte o non gli importa.
Dalla donna dal profondo color blu dell’occhio sinistro percosso, adultera col consenso del marito, macellaio che impugna e affonda il coltello nella carne come un direttore d’orchestra, all’amante di colore della donna, meccanico in un’officina, che si adagia su cuscini di pregiudizi contro la sua gente di colore per farne continui argomenti di conversazione, al contrario, a loro volta pregiudizievoli.
La figura più intellettuale del piccolo paese è un anziano signore, uno scrittore che scrive il suo ultimo libro: il suono di un vecchio giradischi ci apre le porte e ci invita ad entrare nella sua piccola casa. Padre James va, spesso, a trovarlo, con rifornimenti di vario genere, vino, cioccolata fondente, libiri su Hitler; amico di chiacchierate sul trascorrere dell’esistenza e compagno di ironia scherzosa e compiaciuta. Recrimina una pistola, una WALTHER PPK, l’arma preferita da James Bond e la stessa con cui si presume si tolse la vita il Führer.
Passiamo ora all’ispettore di polizia gay, espulso dal distretto e inviato in questo piccolo paesino per aver denunciato un prete pedofilo, e al suo compagno eccentrico, un gigolo’dal linguaggio colorito.
Il tema della pedofilia, annunciato nelle prime scene come movente nelle parole della confessione dell’ omicida, è raccontato a brevi e piccoli tratti, senza ombre o moralismi.
In prigione, James fa visita ad un serial killer, suo ex alunno, che ha divorato letteralemente le sue vittime, sotto LSD. Manca una donna all’appello, il cui corpo non è stato ancora ritrovato: ‹‹ Ricordo ancora la luce affievolirsi nei loro occhi e lì diventi Dio›› .
E ancora, il conte sotto inchiesta per presunte irregolarità e corruzione che vuol fare ammenda per essere spudoratamente ricco: ‹‹ Cio che si possiede non può essere troppo, può essere solo non abbastanza ››.
C’è il ragazzo ninfomane che sogna di vivere in una città priva di donne, o per lo meno con donne meno passionali.
Il regista John Michael McDonagh ritrae i personaggi colorati di malinconia e humor, delinea le figure e ne approfondisce gli aspetti ed il protagonista è, ora, secondario si muove, passeggia accanto a loro e li lascia fare, li ascolta.
Entriamo in ospedale per conoscere una giovane donna, una quasi vedova dai tratti angelici, dalla voce socchiusa, dolorante ma sicura, e rinascimentali il cui rintocco dei versi dell’Ave Maria è un’esplosione di conforto. Siede nella cappella con padre James, la luce diviene, su di essi, quasi notturna, un blu saturo colora i lineamenti del viso e li illumina. E il medico di paese ateo e cinico, una parte di umanesimo e nove parti di umorismo macabro, che assiste alla morte di continuo: ‹‹ Nessuno viene a salvarti non si accende nessuna luce sei completamente al buio. Provi a parlare ma non ci riesci, cerchi di muoverti e non ci riesci allora provi ad urlare ma niente, sei incapace di sentire le stue stesse urla, sei assoggettato al tuo stetto corpo che urla in preda al terrore ››.
Per ritrovarsi, poi, di sera nel pub del paesino, tutti insieme, circondati dal suono delle tipiche ballate irlandesi.
Le storie non sono intrecciate ma si accostano l’una all’altra, l’una dopo l’altra, nel susseguirsi, nel capatultarsi nelle esistenze particolari e disilluse degli abitanti della piccola contea. In queste solo apparenti sfaccettature, si racchiude l’umanità stessa, la sua miseria, la sua disperazione e l’ostinata e coraggiosa figura di padre James di interpretare il buon prete, cercando con la comprensione e l’ascolto di smuovere coscienze abbrutite e senza luce.
Pezzi rotti e mancanti di figure umane, le idee contararie o meno agli insegnamenti del Crisitianesimo, eventi e condizioni dello spirito che vanno da sempre a braccetto con la fede, ripudiata, osannata, inseguita, persa, che si dirama di pari passo nelle vicende umane.
Intense le scene con Fiona , incantevole la scena dei piedi scalzi che accarezzano le pietre di fiume e la pesca in compagnia di Bruno o le chiacchierate a cuor sereno nelle passeggiate in campagna o lungo le scogliere con Fiona. Come gli Apiacei, i ricordi non sono impressi in foto incorniciate sui davanzali, mancano persino quelle che ritraggono la moglie, spoglia è la sua stanza; i ricordi non sono fini a se stessi, non scompaiono come si crede nella giovinezza (vedi Fiona che impreca sui ricordi svaniti) sono mattoni di costruzione, che non si sgretolano sotto scosse di terremoto, ma sono fondamentali e fondamenta solide del progredire dell’esistenza.
Raffinata e mirata la descrizione del rapporto padre e figlia. Commovente la dichiarazione di colpe reciproche dei due, la vera dichiarazione/confessione di quanto si muove all’interno dei cuori dei due protagonisti, quanto andava detto e non è stato detto, quanto si è fatto o non si è fatto, quanto conta ora lasciar spazio a tutto ciò che è inside; la comprensione reciproca e l’elogio del perdono, con sottofondo il suono delle onde del mare, due unità unite dall’affetto, si noti il gioco di parole, la distanza d’età, l’incertezza dell’uno è la quasi certezza dell’altro e viceversa.
Di una dolcezza infinita, che spingono lo spettatatore a timorare ulteriormente di ciò che sta per accadere, e di legarsi alle vicissitudini di un pastore che cerca di comprendere uomini e donne nella loro battaglia quotidiana e nella loro sfida esistenziale, e di rivedersi perchè no, un pò in oguno di loro.
Mentre la chiesa che brucia, ci rimanda al presagio più oscuro e segna il tic toc delle lancette di una fine preannunciata e giunta, inaspettatamente. Ci pensa il miliardario a contribuire alla ricostruzione, ancora in cerca di espiazione per le colpe di un filantropo. E poi alla ricerca del cane tanto amato ed il suo ritrovamento, morto, ucciso, ingigantiscono l’attesa e ci trasportano con tremore appena avvertito in climax ascendente verso la parte finale al gusto del doppio whisky, che padre James alla fine dei conti si concede.
Cresce l’ intensità nella sequenza della fuga con l’auto sportiva rossa, magari funziona anche per lui fuggire come i suoi fedeli che fuggono di continuo pur occupando la stessa zolla di terreno.
James torna, ritorna su quella spiaggia.
Comprendere l’ultima anima spinge James a rinunciare alla fuga per affontare questa ultima sfida.
Il volto del killer è svelato negli ultimi minuti del film. Si tratta del macellaio. L’uomo è lì con la pistola, pronto a sparare. Padre James viene colpito all’addome e poi in fronte con un colpo secco, mentre il ragazzino pittore corre incontro ai due.
Un altro colpo alla nuca, attimo a slow motion e schizzo ricco di sangue, mentre scorrono, in successione, altrettanti momenti, ma dei vari personaggi incontrati, lo scrittore che degusta un gelato su una panchina, la moglie adultera che accarezza l’amante, il ricco e il commissario e il gigolo’ gay in un attimo di riflessione. il serial killer in confusione, il prete che ha perso la vocazione, il ragazzo ninfomane, il medico cinico, la donna vedova e infine il killer in prigione.
L’elogio del perdono, la virtù sottovalutata, ritorna qui nel finale, contrapposta all’egoismo, al male, alla cattiveria e all’assurdità dell’esistenza.
Fiona è in sala visite in carcere, alza la cornetta, sceglierà il perdono o l’accusa?
La scena si oscura, si chiude prima, è il buio e poi i titoli di coda.