Le infinite regole ci perseguitano o ci rendono più sereni? Partendo dall’assunto che l’età neo liberale avrebbe dovuto alleggerire l’individuo dalle tenaglie burocratiche, sembrerebbe che così non sia stato. Le aspettative iniziali miravano a snellire i processi e a deregolamentare, queste, le premesse delle varie realtà illusionistiche del Villaggio Globale e della Rete, tuttavia, esperienza alla mano, la parola “burocratizzazione” sembra essere all’ordine del giorno.
Già i sommi intellettuali del Novecento avevano posto l’attenzione sui legacci della burocrazia stretti dall’uomo stesso durante l’età delle masse. Senza voler pronunciare nomi del calibro di Max Weber possiamo citare lo stesso James Burnham che nel 1941 scrisse l’opera “ La Rivoluzione manageriale”; lo scritto enucleava già i problemi derivanti dal passaggio dal capitalismo borghese a quello manageriale come effetto della scissione della struttura legale del diritto di proprietà dalla gestione e dalla governance, sulla quale, poi, si sarebbero fondati tutti i ruoli decisionali e la nuova classe manageriale. Non è da meno Bruno Rizzi che nel 1939 pubblicò in Francia il libro “La Bureaucratisation du monde” nel quale venivano descritti i processi di nascita della nuova classe dirigente in URSS e l’istaurazione del dominio della burocrazia sul mondo.
Partendo da questo filone, arriva un’ ultima testimonianza che pone l’attenzione su un nuovo scenario. Già cult in America e in Francia il libro scritto da David Graeber, antropologo statunitense e militante anarchico, ideologo principale di Occupy Wall Street, insegnante alla London School of Economics. Il testo si intitola “Burocrazia“. Perché le regole ci perseguitano e perché ci rendono felici” e pone l’attenzione sulla globalizzazione neoliberista intesa come trionfo ed esasperazione delle carte e dei documenti incurante della tecnologia e della digitalizzazione, mezzi evidentemente utili allo snellimento dei processi. L’epoca moderna rappresenta, secondo lo scrittore, il trionfo dei lacci e dei vincoli amministrativi celati dalla dimensione ideologica della modernizzazione.
Con l’evolversi dell’economia i mercati sono diventati evidentemente più complessi portando con sé la necessità di una regolamentazione più fitta e cavillosa, ma non solo. L’economicità moderna non è più “pesata” in base al lavoro fisico dell’uomo bensì in termini di cose immateriali quali il capitale, finanza, informazione sulla scia dello spirito imprenditoriale degli anni 70. Si tratta di una nuova epoca condizionata dall’audit e dalle valutazioni delle performance, dunque, dall’ambiente universitario a quello lavorativo l’individuo deve essere valutato sulla base di un documento, frutto di una eccessiva proceduralizzazione.
Burocratizzazione che viene divulgata e diffusa anche dalla cultura sociale, nella quale i nuovi eroi dell’ordinamento burocratico sono messi in prima fila e dati in pasto al pubblico acclamante, commissari di polizia, spie, investigatori e anche personaggi ideati ad hoc, si pensi ai fumetti in cui i supereroi impongono l’ordine delle regole facendolo trionfare sul caos. Un diverbio presente a tutti i livelli, non a caso esistono, poi, dei filoni di opere fantasy che, diversamente, inneggiano alla sburocratizzazione che poi, puntualmente, si trova a guardare vincere la mania normativa di sempre. Si pensi a Dungeons & Dragons. Secondo Graeber, dunque, sembrerebbe non esserci scampo alla burocratizzazione, l’individuo dovrà solo decidere da che parte stare, porsi qualche domanda, darsi anche una risposta ma consapevoli che sarà totalmente inutile.