Questa sarà, comunque, la giornata della manifestazione contro la Buona Scuola renziana e di lotta all’idea, sempre renziana, che le riforme si devono fare per forza; quali siano e che qualità abbiano queste riforme rottamatorie sono tutte lasciate ai posteri.
Il cinque maggio, per chiunque la scuola l’abbia minimamente frequentata, suscita rimembranze di tutt’altro tenore. Quella del Manzoni era l’ode alla dipartita di Napoleone e la manifeatazione di oggi può essere l’ode alla dipartita della scuola pubblica in Italia.
La domanda da porsi è se la scuola italiana avesse bisogno di essere davvero riformata, o in realtà, di riforme ne ha già subite troppe e tutte contraddittorie? Bene, bisogna riconoscere a Renzi e alla sua “Buona Scuola” di aver scontentato tutti: corpo docente, studenti, personale amministrativo; fatti salvi solo i capi d’istituto che escono enormemente rafforzati da questo progetto di riforma.
Il buon Renzi ha plasmato, in realtà, i già “presidi” poi “dirigenti scolastici” a sua immagine e somiglianza: un uomo solo al comando e tutto si risolve.
I presupposti della protesta di oggi sono risaputi ormai da tutti ed è superfluo rivangare tutti i punti messi in discussione; basti solo una considerazione: la scuola pubblica italiana, quella dove bisogna portarsi la carta igienica da casa per intenderci; quella delle migliaia di docenti precari mai immessi in ruolo; quella degli edifici così mal messi da avere controsoffitti che crollano sulla testa degli alunni; quella stessa scuola pubblica oggi ha la sola certezza di avviarsi verso l’abdicazione a favore della scuola privata.
Come sempre, alla fine della manifestazione ci sarà la guerra delle cifre circa la partecipazione per sapere chi ha vinto e chi ha perso.
Stavolta non ce ne sarà bisogno: ha perso l’Italia!
Abbiamo perso tutti e ha vinto chi sta facendo macelleria di ogni diritto dal lavoro allo studio.