Buon Natale o Buone Feste è uno di quegli “incubi” verbali e concettuali verso cui si va in questo periodo e non si scappa. Quest’anno – come se non avessimo altro a cui pensare – si aggiunge una ‘polemichetta’ spicciola non solo in Italia ma in tutta Europa, addirittura. Il misfatto che ha fatto nascere tutto è una “circolare interna” della U.E. che invitava i funzionari nell’ambito dello scambio rituale degli auguri a privilegiare “Buone Feste” a “Buon Natale”.
Linee guida sulla comunicazione U.E.
«Non tutti celebrano le feste cristiane, siate sensibili»
Apriti cielo! Non l’avessero mai fatto. Sono insorti da ogni angolo del vecchio continente i soliti “templari” della fede cristiana che hanno visto in questa cosa un’attacco alle radici cristiane dell’Europa e una minaccia ai solidi e soliti valori tanto comuni a tutti e che tutti (?!) vogliono inviolabili.
Buon Natale o Buone Feste polemica inutile
Non basta, c’è anche chi ha rincarato la dose affermando che l’Europa ci vieta di dire Buon Natale e non accetta nemmeno nomi come Maria o Giuseppe. Certo in Europa, specie ad Amsterdam per esempio c’è una buona diffusione di pejote che deve aver raggiunto tanti o tanti ne fanno uso perché qui siamo di fronte a illusioni allucinogene belle e buone.
Si dirà che quelli religiosi sono temi sensibili e che in occasione del Natale più che mai bisogna applicare il detto “gioca con i fanti ma lascia stare i santi” . Si affermerà ancora che questo risentimento è stato più che giustificato perché quello che vuole fare la U.E. è inaccettabile tendendo addirittura a voler equiparare le religioni fra loro: Orrore!
Sembra proprio di vedere il buon Luca – Eduardo – alle prese con il figlio nella celebre scena del presepe di Natale in Casa Cupiello. Uno che si affanna a spiegare all’altro la valenza religiosa del presepe e l’importanza dello stesso. La diatriba che finisce con Luca che caccia di casa il figlio al suo reiterato no nel gradimento del manufatto paterno.
Buon Natale o Buone Feste e la U.E. ci ripensa
Quanto contenuto in quella ‘raccomandazione’ poi la U.E l’ha addirittura dovuto ritirare e rettificare per evitare che la polemica – innestata ad arte a dire il vero – diventasse una vera valanga perché ovviamente cavalcata da chi non vede mai l’ora di essere al centro dell’attenzione mediatica gridando “al lupo al lupo” contro il ‘babau‘ di turno che minaccia la sacralità delle tradizioni.
La nostra idea in merito, che poco conta ovviamente, è che attaccarsi a queste polemiche è davvero una gran perdita di tempo. Quel tempo che, proprio l’U.E., dovrebbe e potrebbe impiegare più proficuamente nel disegnare ed appoggiare finanziariamente normative sulla tutela dei diritti civili dei popoli spingendo sulla rinascita post pandemica, ad esempio.
Chi veramente crede che siano delle linee guida interne sulla comunicazione a creare e consolidare il sentire comune o è un ingenuo o ci marcia per tornaconto personale, questo è lampante.