Il numero di buchi neri, tra i più enigmatici e affascinanti oggetti cosmici, è destinato a raddoppiare nei prossimi anni. Merito di un nuovo metodo di studio. A metterlo a punto, ricercatori canadesi dell’University of Waterloo e delPerimeter Institute for Theoretical Physics. Descritto su The Astrophysical Journal, nelle intenzioni degli studiosi consentirà di rivelare circa dieci nuovi buchi neri l’anno.
Come? Grazie al nuovo messaggero rappresentato dalle onde gravitazionali, catturate per la prima volta il 14 settembre 2015. E alla combinazione delle informazioni ricavate dagliinterferometri, le antenne per lo studio delle onde, e dellensing gravitazionale. Un effetto lente d’ingrandimento, quest’ultimo, previsto dalla Relatività Generale di Einstein, caratterizzato dalla deflessione della radiazione emessa da una sorgente luminosa lontana a causa della presenza di una massa posta tra la sorgente stessa e l’osservatore.
Questi cannibali cosmici, infatti, sono per definizione difficili da osservare direttamente, dato che persino la luce non riesce a sfuggire al loro abbraccio gravitazionale. Per individuarne la presenza, quindi, gli scienziati si affidano a segnali indiretti, analizzando gli sconvolgimenti che determinano nell’ambiente circostante. Hanno così compreso, ad esempio, che questi mostri giocano un ruolo importante nel ciclo di vita delle stelle, e nella crescita delle galassie.
Ma le onde gravitazionali, emesse ad esempio dalla fusione di due buchi neri, trasportano preziose informazioni sulla natura e le proprietà di questi voraci oggetti. E possono svelarle agli studiosi che danno loro la caccia.
“Non sappiamo ancora quanto rari siano questi eventi e quanti buchi neri esistano – spiega Avery Broderick, uno degli autori dello studio appena pubblicato – Entro i prossimi dieci anni, verranno raccolti dati a sufficienza da consentire ai ricercatori dianalizzare statisticamente le proprietà dei buchi neri come popolazione, anziché come singole entità. Queste informazioni – conclude lo scienziato – ci consentiranno di studiare, ad esempio, i buchi neri di massa stellare (come quelli la cui fusione ha generato le onde catturate dalle Collaborazioni LIGO e VIRGO, ndr) nelle varie fasi della loro esistenza, che può estendersi per miliardi di anni”.