Il 28 aprile, in Francia, sono stati eseguiti sette arresti ad altrettanti esponenti delle Brigate Rosse. La misura restrittiva, scattata su richiesta presentata dalla ministra della Giustizia Marta Cartabia, era in realtà rivolta a 10 brigatisti ma tre di loro sono riusciti a fuggire. Con questa scelta, il governo francese archivia la dottrina Mitterrand che in quasi 40 anni ha assicurato protezione a molti terroristi italiani, soprattutto delle Brigate Rosse.
I sette arresti di esponenti delle Brigate Rosse in Francia
A essere finiti in manette sono Giovanni Alimonti (Brigate Rosse), Enzo Calvitti (Brigate Rosse), Roberta Cappelli (Brigate Rosse), Narciso Manenti (Nuclei Armati contro il Potere territoriale), Marina Petrella (Brigate Rosse), Giorgio Pietrostefani (Lotta Continua), Sergio Tornaghi (Brigate Rosse). Luigi Bergamin, Maurizio Di Marzio e Raffaele Ventura, invece, al momento risultano latitanti. La Cappelli è coinvolta in diversi omicidi tra i quali quelli del vice questore Sebastiano Vinci e del generale dei carabinieri Paolo Calvaligi. Quest’ultimo omicidio risulta tra i capi d’imputazione attribuiti anche a Marina Petrella insieme al coinvolgimento nel sequestro dell’assessore regionale DC Ciro Cirillo. Giorgio Pietrostefani, invece, è stato condannato per l’omicidio di Luigi Calabresi. Agli inizi degli anni Ottanta, molti esponenti del terrorismo rosso italiano si rifugiarono in Francia dove poterono godere di protezione e cogliere l’occasione per una nuova vita grazie a quella che è passata alla storia come la dottrina Mitterrand.
Oggi è stato ristabilito un principio fondamentale: non devono esistere zone franche per chi ha ucciso. La giustizia è stata finalmente rispettata. Ma non riesco a provare soddisfazione nel vedere una persona vecchia e malata in carcere dopo così tanto tempo #annidipiombo
— Mario Calabresi (@mariocalabresi) April 28, 2021
La dottrina Mitterrand
Nel suo discorso tenuto al Palais des sports di Rennes il 1° febbraio il presidente Mitterrand dichiarò: “Mi rifiuto di considerare a priori come terroristi attivi e pericolosi degli uomini che sono venuti, in particolare dall’Italia, molto tempo prima che esercitassi le prerogative che mi sono proprie, e che si erano appena ritrovati qui e là, nella banlieu parigina, pentiti… a metà, di fatto … non saprei, ma fuori dai giochi.” Da queste parole si capisce la scelta di non concedere l’estradizione a soggetti imputati o condannati per crimini d’ispirazione politica contro qualunque Stato che non fosse la Francia. Per ottenere questo beneficio, però, i soggetti in questione dovevano aver chiuso con quella vita. Questa scelta era supportata dalla disapprovazione per la legislazione italiana in tema di collaboratori di giustizia e per la procedura in contumacia. La dottrina, infatti, fu elaborata da un team di poliziotti, magistrati e consiglieri del presidente sulla base dei documenti sui processi italiani contro alcuni latitanti che si erano rifugiati in Francia.
Gli anni di piombo 50 dopo
La dottrina, frutto anche di un accordo tra Mitterrand e l’allora premier italiano Bettino Craxi (entrambi socialisti) non divenne mai legge, fu semplicemente una direttiva che fu seguita fino al 2002 quando la Francia concesse l’estradizione del brigatista Paolo Persichetti. Dopo di allora i casi furono esaminati singolarmente, nel 2004 l’estradizione fu deliberata per Cesare Battisti (che ripiegò in Brasile) e negata nel caso di Marina Petrella per motivi di salute. Parliamo di soggetti, infatti, che oggi, a 40 anni dall’accadimento dei fatti contestati, hanno tutti tra i 60 e i 70 anni. Per alcuni di loro erano vicini i termini di prescrizione che con questo arresto, naturalmente, sono stati interrotti. Se è giusto perseguire persone così tanto tempo dopo e così avanti negli anni perché quella degli anni di piombo è una stata una pagina molto dolorosa per il nostro Paese, perché allora non procedere allo stesso modo per coloro che si sono macchiati di crimini altrettanto efferati in nome di altri colori politici?
In copertina foto di Loki 66