Dalla sede di Bruxelles dell’Ufficio relazioni europee e internazionali del Cnr un’analisi sullo scenario e gli effetti del referendum sul programma di ricerca EU Horizon 2020.
Come è facile immaginare, l’esito del referendum che ha avuto luogo nel Regno Unito per l’uscita dall’Unione Europea, qualora venga ratificato dal Parlamento Britannico, avrà ripercussioni, con diversi impatti, su tutte le Politiche comunitarie, inclusa la Ricerca.
Per quanto l’esecutivo comunitario e lo stesso Presidente Juncker stiano facendo pressioni affinché l’Inghilterra fornisca rapidamente un chiarimento sull’ ‘exit o remain’, al momento non si percepiscono segnali di una soluzione in tempi brevi. Per essere ratificato l’esito del referendum necessita, infatti, di un passaggio parlamentare che non appare affatto scontato. Inoltre affinché l’Ue recepisca tale volontà popolare, è necessario che il Regno Unito chieda l’applicazione dell’articolo 50 del Trattato (TFUE) e nessun Primo Ministro, nè laburista nè conservatore (ma neanche UKIP), vuole assumersi una responsabilità di tale portata. Insomma, come anticipato dal Ministro della Giustizia, Michael Gove, candidato euroscettico alla guida dei Tory e del governo britannico, non si prevedere di attivare nei prossimi mesi l’articolo 50 del Trattato di Lisbona per il divorzio formale dall’Ue dopo la Brexit. Se ne parlerà nel 2017 (fonte ANSA).
In questo scenario, il Ministro dell’Università e della Scienza, Jo Johnson, ha rassicurato con una nota ufficiale che il Regno Unito continuerà per il momento a partecipare a pieno titolo ad Horizon 2020 e che il risultato del referendum non produrrà effetti sui partecipanti ai consorzi che stanno applicando o che hanno già applicato per i bandi.
In realtà, la Commissione ha già dato segnali di insofferenza verso questa incertezza e le dimissioni del Commissario per la stabilità finanziaria Jonathan Hill sono la conferma di un malessere interno. E’ inoltre stata avviata una revisione interna dei gradi apicali di nazionalità inglese (a partire da Direttore in su), ai quali con molta probabilità verranno tolti almeno i file sensibili e delle agenzie esecutive presenti in territorio inglese (ad esempio l’Agenzia per il Farmaco che potrebbe utilmente essere ricollocata nella sede EXPO a Milano insieme allo Human Technopole). Per i partenariati in formazione, non è chiaro se la presenza di stakeholder britannici nel consorzio potrà avere influenze in sede di valutazione. Per quanto non vi sia ancora una posizione ufficiale della Commissione, il suggerimento è di prestare attenzione a questi segnali preliminari nella costruzione del partenariato.
Per il futuro, qualora l’opzione exit venga ratificata, si può prevedere una partecipazione UK con la stessa modalità degli Stati Associati, ovvero con una fee di associazione ad Horizon 2020, indipendentemente dal contributo al bilancio dell’UE, anche se per l’attale quadro finanziario 2014-2020 è ipotizzabile che nulla cambi. Per i progetti che proseguiranno oltre il 2020, potrebbe invece modificarsi lo status di eventuali partner UK che passerebbero da Stato Membro a Stato Associato o Paese terzo in caso non optino per un contratto di associazione. Per i grant ERC e le azioni mono beneficiario da attuarsi in territorio UK (tipo Marie Curie IF e COFUND), potrebbero riscontrarsi problemi in caso il Regno Unito venga considerato Paese Terzo.