La chiamano the game, il gioco, la traversata dei Balcani per arrivare in Europa. Un gioco che per molti migranti provenienti dall’est asiatico e dal Medio Oriente si è fermato a Lipa. Nella cittadina della Bosnia al confine con la Croazia, sono bloccati nel campo migranti non si sa con precisione quante persone, si pensa diverse migliaia. Quello che è ormai noto, invece, è che l’inverno, con neve e gelo, ha reso il campo, distrutto da un incendio lo scorso 23 dicembre, ancora più invivibile.
La rotta balcanica
Il cammino di chi scappa dalla guerra o dalla fame inizia dai Paesi più poveri e politicamente più instabili come il Bangladesh, la Siria, il Pakistan, la Palestina. La maggior parte di loro si ritrovavano riuniti in Grecia o in Turchia dove iniziava la seconda tappa del viaggio, il gioco appunto, lungo la rotta balcanica: il percorso alternativo alla traversata del Mediterraneo sui barconi per entrare in Europa. Gli accordi firmati nel 2016 tra Unione europea e Turchia sulla gestione
dei flussi migratori e il muro eretto dall’Ungheria al confine con la Serbia, hanno imposto ai migranti un percorso alternativo a quello che fino ad allora aveva attraversato la Serbia, appunto, e la Macedonia. Le nuove tratte passano per lo più dall’Albania per convergere tutte sulla Bosnia, confinante con la Croazia. Dalla Croazia, Paese membro dell’Unione europea, il viaggio prosegue alla volta di Italia, Francia e Germania.
EU experts arrived in Bosnia and Herzegovina ?? to assess the needs of refugees and migrants, many of whom are sleeping outside in the cold.
— EU Civil Protection and Humanitarian Aid ?? (@eu_echo) January 11, 2021
The EU continues to provide technical and financial support.
The authorities must find immediate solutions to this humanitarian crisis. pic.twitter.com/V4l3RrpRy9
I migranti bloccati al confine con la Bosnia
La Bosnia, dunque, si è ritrovata suo malgrado a diventare lo snodo principale della rotta balcanica. E’ qui che si inceppa il gioco, tra un mondo (quello orientale) in totale disfacimento e un altro (l’Europa) che non riesce a trovare soluzioni o che ne trova di troppo sbrigative. Il campo di Lipa doveva essere chiuso e sostituito con uno più attrezzato; subito dopo l’annuncio non solo il nuovo campo non è stato realizzato ma il vecchio è stato dato alle fiamme con il
risultato che molti migranti stanno vivendo all’addiaccio. Chi non è riuscito a trovare posto nelle tende riscaldate, montate in quello che resta del campo, vive la sua quotidianità sotto la neve, senza un abbigliamento adeguato e senza scarpe, e dorme su lastre di ghiaccio (di notte le temperature possono arrivare a -20°). L’acqua è insufficiente e spesso non potabile. La polizia, poi, peggiora la situazione con gesti di violenza nei confronti degli ospiti.
Il male del nostro tempo
Non più di una settimana fa abbiamo celebrato la Giornata della memoria ricordando il più grande genocidio del Novecento. Oggi stiamo assistendo a qualcosa di molto simile. Il genocidio di popoli che fuggono dalla fame e dalla guerra come dicevamo appunto. Non possiedono la formula della nitroglicerina, non praticano prestiti a usura, hanno semplicemente la colpa di venire a disturbare, con i loro problemi, il nostro benessere e la nostra tranquillità. Il loro gioco infernale non si addice ai nostri salotti avvezzi a tutt’altri svaghi.
In copertina foto di MAMADOU TRAORE da Pixabay