Gli additivi alimentarisono tutte quelle sostanze che vengono intenzionalmente aggiunte ai prodotti alimentari e non per fini tecnologici. E’ questo il caso del biossido di titanio (E171) utilizzato per lo più per accentuare e migliorare il colore dei prodotti per renderli più gradevoli, per le sue proprietà sbiancati è utilizzano anche nei dentifrici, nelle creme solari, nei cosmetici e nelle vernici E’ utilizzato, a livello alimentare, per lo più, nei i prodotti da forno e pasticceria destinati alla grande distribuzione organizzata.
A questo proposito, una ricerca francese ha dimostrato che l’utilizzo del biossido di titanio può essere molto nocivo per la salute dell’individuo.
La questione additivi è molto sentita sia a livello nazionale che europeo, esistono, infatti molti regolamenti comunitari a tutela della salute che stabiliscono le modalità e i limiti annessi all’uso di sostanze additive al cibo fra le quali il biossido di titanio. Il monitoraggio sugli alimenti e sull’utilizzo di sostanze nocive in essi è effettuato dall’EFSA, autorità europea per la sicurezza alimentare. Bisogna sottolineare, tuttavia, che i Paesi del continente europeo sono da sempre attenti alla tutela dei consumatori, esistono, infatti, normative che risalgono già agli anni sessanta sino ad arrivare ai Regolamenti Comunitari 1130/2011 e 231/2011 i quali sanciscono con puntuale precisione le caratteristiche chimico-fisiche e di purezza degli additivi ammessi all’uso alimentare.
Per quanto riguarda il biossido di titanio, la questione è un tantino controversa, poiché stando a un parere dell’EFSA del 14 Settembre 2016 l’assorbimento dell’E171 per via orale è molto basso e non susciterebbe preoccupazioni di genotossicità, tuttavia, la stessa EFSA non è stata in grado di stabilire una dose giornaliera ammissibile (DGA), ossia quella quantità giornaliera che se assunta per tutta l’esistenza non crea rischio per la salute. Da ciò scaturisce l’esigenza della Comunità Europea di indagare sulla questione, infatti, a Dicembre 2016 la Commissione ha informato gli Stati membri sulla volontà di lanciare una richiesta pubblica per l’acquisizione dei dati tecnici e scientifici sul biossido di titanio da inviare all’EFSA. Un approfondimento sul tema è ormai d’obbligo stando ai dubbi sollevati da alcuni enti. L’International Agency for Research on Cancer (IARC) individua il biossido di titanio come possibile cancerogeno (per inalazione) mentre una ricerca francese condotta dall’Istituto Francese di Ricerca Agronomica (INRA) lo individua come pericoloso anche per assunzione orale.
La ricerca francese è stata condotta in laboratorio su dei ratti, i ricercatori hanno esposto (tramite l’acqua) i roditori a una dose quotidiana di E171 pari a 10mg per chilogrammo di peso corporeo per circa 100 giorni. La sostanza è stata ritrovata nel fegato degli animali dimostrandone il suo assorbimento ad opera dell’intestino e il suo passaggio nel sangue. Da questo assorbimento ne sono derivati una serie di squilibri per la salute dei topi interessati dalla ricerca quali: sbilanciamento della risposta immunitaria, aumento delle dimensioni di masse tumorali ( se già presenti), sviluppo di prime fasi di carcinoma del colon retto in animali sani.
Lo studio getta grandi dubbi sul tema, anche perché non si è in grado di stabilire se le circostanze verificate sui roditori rappresentino un pericolo anche per la salute umana ma sicuramente spiana la strada alla necessità di indagare.
La questione ovviamente in poco tempo ha fatto il giro del mondo scaturendo non pochi dibattiti così come ormai da un pò avviene sul tema dei nitriti e nitrati. La maggior parte dei consumatori, però, si ritiene parecchio infastidita dal problema poiché il biossido di titanio a differenza di altri additivi, agisce per lo più sull’estetica del prodotto non apportando alcun beneficio a livello nutrizionale o di conservazione per cui sarebbe facilmente eliminabile senza tante scuse. Il Ministero della Salute, tuttavia, spiega che sarebbe inutile ritirare i prodotti italiani contenenti E171 poiché questo non eviterebbe il traffico di prodotti di altri Paesi in Italia. E’ necessario, dunque, una più ampia direttiva a livello comunitario in modo da arrivare a una soluzione a livello globale.