Esistono in Perù foreste pluviali attraversate per chilometri e chilometri da ponti sospesi dove gli amanti del brivido possono sperimentare i famosi canopy tour, camminando tra gli alberi fino a 50 metri di altezza.
Ma lungo questa ragnatela di passaggi da un tronco all’altro si può anche costruire una mappa in grado di tracciare lo stato di salute delle foreste, con l’obiettivo di rinforzare le strategie per tutelarne la biodiversità.
È quando afferma un nuovo studio appena pubblicato suScience, che ha utilizzato dati satellitari per costruire una cartina dettagliata e ad altissima risoluzione delle distese verdi peruviane.
Il team di ricerca, coordinato dal Carnegie Institution for Science, ha utilizzato una particolare tecnica chiamataspettroscopia laser aerea per studiare l’ecologia globale analizzando l’adattamento delle singole specie a un determinatoecosistema. Questi studi sulla biodiversità generalmente utilizzano i dati provenienti dagli inventari realizzati direttamente nei campi, perché le osservazioni satellitari non sono ancora in grado di raggiungere un tale livello di dettaglio da distinguere tra le varie specie.
Invece la tecnica utilizzata dal team del Carnegie ha aggirato l’ostacolo grazie all’analisi delladistribuzione di alcuni elementi chimici che caratterizzano le canopie (termine che deriva appunto dall’inglese canopy e che per le foreste indica la zona di habitat formata dalle chiome degli alberi).
Queste informazioni hanno permesso agli scienziati di ottenere risultati nuovi, che combinano i dati tradizionali con quellisatellitari.
“Abbiamo mappato la composizione funzionale e quella biologica delle foreste attraverso le intere Ande peruviane e i bacini amazzonici – dice Greg Asner, leader dello studio – e scoperto così assetti forestali prima sconosciuti. Questo ci ha permesso di capire ciò che il Perù sta facendo all’interno dei suoi network di conservazione, e suggerire nuove aree da proteggere.”
Con questo metodo, Asner e colleghi hanno infatti individuato 30 milioni di acri di foresta amazzonica e 7 milioni di acri di terreno a nord del Perù che potrebbero essere inseriti tra gli obiettivi di conservazione (1 acro corrisponde a oltre 4mila metri quadrati).
È così che i dati satellitari possono diventare un aiuto concreto nelle politiche dei Paesi a tutela della biodiversità.
“La tecnica utilizzata per mappare il Perù potrebbe diventare globale – commenta Eric Dinerstein, Direttore del Biodiversity and Wildlife Solutions Program – e se lo spettrometro realizzato dal Carnegie fosse lanciato in orbita, la conservazione avrebbe lo strumento più innovativo mai creato: guardare la biodiversità direttamente dallo spazio”.