Biodiversità: in molti non conoscono il termine e tantomeno il significato eppure questa parola è stata coniata ben 26 anni fa dal naturalista E.O.Wilson. Il concetto si può dire però che sia nato insieme alla Terra stessa: la mole incommensurabile di organismi che ne popolano ogni angolo e che si sono adattati di volta in volta al variare delle condizioni costituiscono la biodiversità. Questa però è anche una misura dell’eterogeneità di tutte le specie animali e vegetali; non a caso, l’inglese “biodiversity” viene usualmente tradotto con “varietà della vita“.
L’evoluzione attinge dalla biodiversità allo scopo di mettere in atto tutti i cambiamenti morfologici e genetici che danno poi origine a nuove specie viventi. Il riferimento più immediato è quello relativo al colore degli occhi, esempio della varietà presente in ogni singola specie a livello molecolare (diversità genetica, principalmente entro popolazioni od entro specie). L’estrema pluralità di piante, insetti, uccelli (di cui conosciamo soltanto una parte infinitesimale!) è invece un esempio di diversità tassonomica, valutata su un territorio. C’è infine una terza tipologia che interessa gli ecosistemi di una singola regione o di un’intera nazione (diversità ecologica o ecosistemica). L’Italia, ad esempio, è per varie ragioni, più ricca di specie della Norvegia.
Biologi, naturalisti, ecologi parlano di specie viventi, in una stima che contempla dagli 8 ai 10 milioni di esemplari. Allo stato attuale ne è stato classificato solo un quinto! Nello specifico, secondo l’ultimo censimento globale risalente al 2009, le specie descritte sono 1.941.939.
Una comunità biologica, ovvero l’insieme di organismi vegetali e animali formanti popolazioni che vivono in un determinato habitat, è potenzialmente una risorsa di straordinaria importanza. Perché però possa esserlo a tutti gli effetti, è necessario che sia caratterizzata da un alto tasso di biodiversità, da un forte legame con le condizioni ambientali e da una versatile valenza ecologica (capacità di un organismo di adattarsi al variare dei fattori ambientali –ndr). Un ecosistema fortemente biodiverso è capace di rinnovarsi e ritornare allo stato originario anche in seguito a svariati episodi distruttivi.
Nel 2010, si è tenuta a Roma la “Conferenza Nazionale per la Biodiversità”, un percorso di specifici Workshop territoriali che hanno visto la partecipazione e la condivisione fra diversi attori istituzionali, sociali ed economici. Obiettivo cardine la stesura di una strategia che si ponesse come strumento di integrazione delle esigenze della diversità biologica nelle politiche nazionali di settore. La biodiversità è stata riconosciuta elemento fondante del benessere umano: è indispensabile dunque mantenerne e rafforzarne la conservazione e l’uso sostenibile per il suo valore intrinseco. Un modo questo per rispondere alla sfida 2011-2020 per la biodiversità. Preservarla significa assicurarsi un ecosistema globale più stabile e dunque meno vulnerabile nei confronti delle grandi fluttuazioni ambientali. La caccia e la pesca sregolate, la raccolta di specie rare per commercializzarle, la deforestazione, lo scioglimento dei ghiacciai, lo sfruttamento inconsulto di flora e fauna portano ad un progressivo ed inarrestabile depauperamento della biodiversità del pianeta.
Scopo prioritario da osservare rigorosamente entro il 2020 è porre fine alla perdita di biodiversità e al degrado dei servizi ecosistemici nell’UE e ripristinarli nei limiti del possibile, intensificando nel contempo il contributo dell’UE. I punti chiave sono:
– favorire l’attuazione della normativa in materia ambientale
– ripristinare gli ecosistemi
– incentivare agricoltura, pesca e forestazione sostenibili
– combattere le Specie Aliene Invasive
– contribuire a bloccare la perdita di biodiversità a livello globale.
Qui il testo ufficiale della Strategia Europea per la Biodiversità verso il 2020.