Mai più nel lavandino gli olii alimentari esausti:
si avviino procedure virtuose di raccolta per la produzione di biodiesel
Gli olii alimentari esausti sono residui generalmente derivati dalla frittura di oli di semi vegetali di diversi tipi: per ovvie ragioni le alte temperature a cui vengono sottoposti causano una radicale trasformazione della struttura molecolare polimerica conseguenza dell’ossidazione e dell’assorbimento delle sostanze derivanti dalla carbonizzazione dei residui alimentari. La conseguenza immediata del processo della frittura è, infatti, che l’olio si trasforma in un rifiuto speciale causa di grave inquinamento qualora non venga effettuato un corretto smaltimento se disperso nell’ambiente e quindi attraverso la rete fognaria come avviene nelle case della stragrande maggioranza delle famiglie italiane. Proviamo ad immaginare la quantità di olio fritto disperso attraverso i lavandini degli italiani: certamente una quantità notevole che neanche i migliori depuratori difficilmente riescono efficacemente a smaltire senza lasciare residui dannosi per l’ambiente.
Ciò avviene perché in Italia non esiste una normativa che obblighi i privati cittadini a raccogliere i residui della frittura in appositi contenitori come avviene per bar, ristoranti ed in genere negli esercizi di ristorazione e nelle industrie alimentari. La questione però che ancora tarda a prender quota nella mente di gran parte degli italiani è quella di considerare il cosiddetto “rifiuto”, specie se di difficile smaltimento, una vera e propria risorsa da utilizzare anche a fini di lucro. Al contrario in altri Paesi che hanno compreso il business, nascono imprese che del recupero e del riutilizzo degli scarti che Noi italiani pensiamo inutilizzabili, fanno la loro ragion d’essere. E’ questo il caso di una piccola società californiana che ha ben pensato di avviare una vera e propria raffineria di olii alimentari esausti per la produzione – udite udite – di biodiesel a costi ridotti di trasporto, stoccaggio e trasformazione. Se molti pensavano che il rapporto costi – benefici (leggasi profitto) della trasformazione degli olii esausti in biocarburante fosse troppo basso, con i sistemi innovativi messi a punto all’estero dovrà ricredersi e forse pensare che in Italia sia giunto il momento di cambiare rotta anche in questo settore. Per queste ragioni, Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori,ritiene imprescindibile l’avvio di procedure virtuose di raccolta degli olii alimentari esausti anche nelle case dei privati per il recupero e la produzione di biodiesel. Occorre, infatti, l’emanazione di normative incentivanti che partendo dai comuni che costituiscono il livello base per la raccolta dei rifiuti obblighino i cittadini a non disperdere questa preziosa “nuova” fonte di energia e a non continuare ad inquinare l’ambiente.