(Adnkronos) – Tre accordi, attesi e “significativi”, anche se “non tutto si risolve”, ma almeno un segnale di “calma” su quello che è un “terzo possibile fronte di tensione in un momento in cui sostanzialmente l’America è coinvolta, seppur indirettamente, in due guerre”, in Ucraina e in Medio Oriente con il conflitto fra Israele e Hamas.
Ragiona così con l’Adnkronos Francesco Sisci, esperto di geopolitica ora a Pechino, in vista del faccia a faccia di domani negli Usa, a margine del vertice Apec di San Francisco, tra il presidente americano Joe Biden e il leader cinese Xi Jinping, convinto che “il terzo possibile fronte di tensione” per gli Usa, quello con il gigante asiatico, “sarebbe più pericoloso degli altri due” e che invece “una posizione più ragionevole di entrambi i Paesi” sia di beneficio per tutti, Asia per prima. Biden e Xi non si vedono da un anno, dal bilaterale a margine del G20 di Bali.
“E’ importante e utile che si incontrino”, dice Sisci, parlando dei “tre risultati attesi”, dal ‘patto sul fentanyl’ (che, secondo i Centers for Disease Control and Prevention, provoca la morte di oltre 150 persone al giorno per overdose) all’auspicata ripresa delle comunicazioni tra i militari delle due superpotenze, alle norme sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale. “Il problema del fentanyl è che è facile da trasportare, smerciare e produrre – afferma Sisci – La Cina esporta prodotti chimici che vengono trasformati in fentanyl, spesso in Messico. E l’accordo che controlla l’esportazione di questi prodotti chimici è un risultato positivo”.
L’altro, prosegue, è “la ripresa dei colloqui militari che erano stati interrotti” ed è “importante perché probabilmente porterà a stabilire regole di ingaggio nel Mar cinese meridionale, riducendo i pericoli di scontro tra navi cinesi e altre unità vicine”. E poi un accordo non confermato per limitare l’uso militare dell’intelligenza artificiale senza la supervisione umana, per “non impiegare – spiega – armi guidate solo da intelligenza artificiale”. I problemi tra le due superpotenze, evidenzia, “restano e rimangono in grande quantità”.
Ma il dato è che in Cina “il tono è cambiato” ed è – rileva – “molto significativo dal momento che qui i cambiamenti di propaganda sono i più difficili da fare”. Sisci pensa agli articoli dell’ultimo periodo della stampa cinese, in passato carichi di retorica aggressiva nei confronti degli Usa. “Forse – dice – la Cina si rende conto che in questi due conflitti, sia in quello in Ucraina, sia nella Striscia di Gaza i suoi partner non usciranno vincenti”. Perché, continua Sisci, “la Russia è la grande sconfitta politica”, passato più di un anno e mezzo dall’invasione dell’Ucraina, la stessa Russia della partnership senza limiti di Vladimir Putin e Xi, e “a Gaza è ancora peggio dal momento che Hamas è completamente isolato ed è possibile scompaia del tutto alla fine di questa guerra”, innescata dal terribile attacco del 7 ottobre del gruppo in Israele.
I raid e le operazioni israeliane contro la Striscia di Gaza, dove Hamas aveva il controllo dal 2007 vanno avanti, e – dice Sisci – “alla fine del conflitto Israele potrebbe avere un ruolo internazionale in Medio Oriente ancor più forte” anche perché “tutti i Paesi arabi lo sostengono in modo tacito non volendo più essere ricattati direttamente o indirettamente da Hamas”. E, continua ancora, “anche l’Iran potrebbe essere più isolato nella regione”. Quindi, afferma, “la Cina si rende conto di questo cambiamento e sta iniziando a spostarsi, non sappiamo fino a dove arriverà questo spostamento, ma è significativo”.
Sul fronte economico, dice ancora, “i rapporti continueranno: non c’è il decoupling (disaccoppiamento delle economie) trumpiano, ma non credo ci saranno nemmeno passi avanti su de-risking e decopuling tecnologico”. E “questa posizione più ragionevole di entrambi i Paesi facilita i rapporti sia degli Usa sia della Cina in Asia” perché “nella regione nessuno vuole che la situazione sfugga di mano e precipiti in una guerra”.
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