Il 25 febbraio, per la sezione “Napoli lo merita” promossa dall’attivissimo Istituto degli Studi Atellani, è stato presentato al TAV di Frattamaggiore, in un clima di diffuso interesse e partecipazione condivisa, “Bestiario napoletano”, l’ultimo libro di Antonella Cilento.
Nel Medioevo si identificava con “bestiario” una specifica categoria di libri dove alle descrizioni di animali, reali o fantastici, si accompagnavano didascalie moralizzatrici. Nel tempo se ne sono susseguiti parecchi, con finalità più o meno didattiche, da quello dell’Università di Aberdeen, passando per Il Bestiario d’amore (1250) del chierico Richard de Fournival, fino ad arrivare al “Manuale di zoologia fantastica” (1957) di un autore straordinario come Jorge Luis Borges.
I bestiari sono affascinanti, e non soltanto per le multiformi descrizioni che possiamo trovarvi. Sono le allegorie e gli impulsi a proprio modo visionari degli autori a renderli unici nel loro genere. Deve saperlo bene una nostra conterranea, Antonella Cilento. Profonda e appassionata conoscitrice della terra partenopea, la Cilento, con il suo sguardo curioso, nel contempo ammaliato e ammaliante in virtù di una conoscenza storiografica che sposa la saggezza e l’ironia, indaga la Napoli “non detta”, messe di materiale infinito.
Complice una penna erudita ma mai pedante, una delle prime cose che cattura del suo Bestiario è l’offrire una visione pura di Napoli, lontana da un lato dall’elogio eccessivo delle sue riconosciute peculiarità, dall’altro distante da quell’appiattimento spesso voluto dalle oleografie molto negative che ci riguardano da vicino.
In un costante collegamento tra presente e passato, l’autrice scava e naviga attraverso una città pluristratificata, approcciandovi con quell’intento che è tipico di ogni arte maieutica. Portare fuori tutto quello che sta sotto, dentro: e con quello far emergere la forza misteriosa e feconda di personaggi e luoghi. Uomini e donne, letterati e musicisti, santi e poeti, che hanno contribuito a costruire l’identità di una città così ricca di contraddizioni, ma sempre viva, palpitante, nuova perché ogni giorno aperta alla Possibilità, eppure così ricca di contraddizioni, di quei chiaroscuri che ci fanno chiedere dove dimori l’Armonia.
Così l’autrice:
“Napoli è una città che non ha mai perso la continuità con le sue radici greche. Per quanto le vogliamo distruggere e abbandonare, di fatto noi siamo parte di quella storia e di un’Armonia che non può interrompersi. Anche in maniera impropria e sicuramente inconsapevole, la maggior parte dei napoletani, specialmente quelli che hanno forti radici popolari, appartengono a quest’armonia che non si è mai persa. Certo, una cosa è far parte di un’armonia naturale, del luogo, una cosa è rendere quest’armonia sociale. Stare bene insieme, costruire bene insieme, fare rete, una cosa che si dice in tante occasioni ma che purtroppo non siamo ancora in grado di fare“.
Facciamoci accompagnare allora da Cervantes, Sartre, Boccaccio e Caravaggio, e con loro tanti altri, in giro con pèrete e farinielli, zoccole e scarrafoni, in un caleidoscopico mosaico di animali veri e simbolici. A questi non possiamo non guardare con occhi disincantati, ma mai dimentichi della Meraviglia e della sete di sapere, che – forse – ci salveranno.