Bentornato Presidente Mattarella! Ascoltare il suo discorso durante la cerimonia del giuramento è stato come assistere allo squarcio delle nubi provocato da un raggio di sole durante la tempesta. Unico neo la pantomima dell’aula, si proprio di quell’aula dove si è compiuto il “misfatto” della scorsa settimana. Quell’aula che ha dato pessima prova di se.
E’ già stato detto, nell’esame autoptico del suo discorso fatto da tanti esimi e qualificati colleghi, punto per punto quanto i temi da lei trattati ed evidenziati siano, nessuno escluso, delle vere e proprie priorità nazionali cui mettere mano subito ed ancora prima.
Vedere la parte destra dell’emiciclo alzarsi in standing ovation quando ha richiamato la tematica della riforma della giustizia e, invece, la parte sinistra alzarsi in una pari azione alle parole sulla giustizia sociale e la piaga delle morti e la sicurezza sul lavoro. L’incedere così a corrente alternata con questo moto che alla fine creava una sorta di hola da stadio ci ha strappato un sorriso molto amaro.
Bentornato Presidente Mattarella, ma quell’aula non la merita
Quell’aula è, oggi, un tale concentrato di contraddizioni in termini e di fatto che venirne a capo e tentare di darsi una seppur minima spiegazione, si badi non politica ma logica, del proprio agire è un compito non arduo ma molto di più.
Vedere chi si è rifiutato di votarla definendola una scelta di parte – altri addirittura una jattura in quanto esponente di centro sinistra mentre spettava al centro destra eleggere un proprio nome, dimenticando come quel centro destra sia stato incapace di farlo per problemi suoi – esultare in piedi spellandosi le mani fa male alla minima intelligenza di cui siamo tutti mediamente dotati.
Quell’aula non merita un Presidente della sua levatura culturale, morale, politica ed umana. Sergio Mattarella per storia personale e politica, impostazione e capacità non ha nulla a che spartire con il degrado politico che quell’aula esprime oggi. Per noi non è una questione di destra o sinistra ma di scuola politica. Chi siede in quell’aula non ha la preparazione e, forse nemmeno la propensione giusta, per avere nelle sue mani le sorti del Paese.
Troppe beghe di parte e poco idem sentire istituzionale in un Parlamento diviso in fazioni
Rilevare un idem sentire quasi nullo nel Parlamento odierno non è compito da fine politologi ma da medi osservatori della realtà. Non c’è un disegno comune sui principi di fondo e tutto è conflitto. Si guarda più al tornaconto elettorale e non al bene del Paese: è palese.
La ridda rabbiosa a chiedere l’elezione diretta del Presidente della Repubblica è la dimostrazione dell’elezione del proprio interesse a bene supremo. Cercare di catturare il populistico sentire del popolo convinti di veicolarlo con i moderni mezzi di comunicazione, social in primis fa atterrire solo a sentirlo.
La figura di un Presidente come Lei che si staglia su questo brusio e grida indistinte da mercato e non da Parlamento, è oggi acqua nel deserto. Un Presidente che fa un discorso basato sul rispetto istituzionale.
Il Presidente e il discorso
Un discorso di una pacatezza ed una lungimiranza assoluta. Mettere in primo piano il Parlamento (nonostante oggi non lo meriti nei suoi contenuti umani ma da cui mai si può prescindere in una Repubblica Parlamentare come la nostra) significa avere al Quirinale un uomo sul quale si possono ancorare le nostre residue certezze istituzionali.
Non è Sandro Pertini, non ha la sua sanguigna – ma gloriata solo postuma -personalità è l’appeal da partigiano Sergio Mattarella. E’ sicuramente, però, il timoniere più affidabile ed il nocchiero più volitivo che si potesse avere in questa burrasca politica che rischia di diventare uragano se non si rifonda il sistema dei partiti.
Si, i partiti che debbono riacquistare valore ideale ed anche Ideologico. Partiti che siano in grado di creare afflato su un idea comune di società e di Politica che propongano. Partiti che siano la Politica portatrice di valori, idee e soluzioni che si confrontino e siano al servizio dei cittadini e non occupino solo poltrone.
Ci sono sette anni, forza Presidente, Lei è una delle ultime nostre speranze.