Il numero di “morti dolci” è gradualmente aumentato dall’introduzione della legge nel 2002. A settembre, infatti, dopo un lungo dibattito, il Belgio ha reso legge il suicidio assistito, registrando un vero e proprio record – 1807 casi nel solo 2013 -. Il numero di persone che hanno richiesto il suicidio assistito, infatti, nel 2013 è stato del 27% in più del 2012. Dopo uno vero e proprio voto storico del parlamento federale, il Belgio è diventata la prima nazione al mondo ad estendere il diritto all’eutanasia ai minori. Le condizioni per richiedere l’eutanasia da parte di un bambino o un ragazzo sono comunque restrittive. Il minore può chiedere l’iniezione letale solo se è consciente – ma non per “dolore psicologico” – e solo se affetto da malattia terminale grave e incurabile, con il consenso di entrambi i genitori e con l’assenso di uno psicologo o psichiatra esterno.
16 Settembre 2014
BELGIO, CRIMINALE VINCE LA CAUSA PER L’EUTANASIA
Scritto da Giulio Nocerino
Frank Van De Bleeken, stupratore seriale e assassino, ha vinto la sua battaglia legale: morirà per eutanasia e metterà fine alle sue sofferenze.
Dopo 30 anni di carcere Frank Van Den Bleeken, 52enne belga, stupratore seriale e assassino, avrà ciò che chiede da circa tre anni alla giustizia: la morte per eutanasia. “Due psichiatri di fama hanno visitato Frank e hanno concluso che quest’uomo soffre in modo continuo a causa della sua condizione mentale. Per questo chiede di essere ucciso: perché soffre in modo insopportabile”, ha dichiarato ai media Vas Vander Velpen, uno degli avvocati. Il criminale, come riferito dai suoi legali, lascerà il penitenziario di Bruges e verrà presto trasferito in un ospedale dove avrà luogo la procedura. “Ma non so quando e dove accadrà”, ha affermato il difensore del “mostro”, come viene chiamato in Belgio. “Il mio cliente può essere trasferito nelle prossime 48 ore, darà l’ultimo saluto ai familiari e morirà in modo degno”, ha concluso Vander Velpen.
Van De Bleeken ha chiesto per la prima volta l’eutanasia nel 2011, dichiarando di essere affetto da un’”insostenibile angoscia psicologica” ma la Commissione Federale del Belgio per l’Eutanasia ha voluto considerare altri trattamenti prima di acconsentire alla “dolce morte” del criminale. Prima di chiedere l’iniezione letale lo stupratore ha chiesto al ministero per la Giustizia belga di poter essere trasferito in un carcere psichiatrico olandese. Il trasferimento, però, non è stato possibile perché nei Paesi Bassi non esiste un equivalente della struttura in Belgio. E’ stato chiesto a De Bleeken di attendere, quindi, l’apertura di un nuovo centro specializzato per cure psichiatriche a Gand ma il condannato ha rifiutato, intentando una causa al Ministro della Giustizia belga Annemie Turtelboom e richiedendo misure correttive immediate o la morte. “La mia vita non ha assolutamente significato. Potrebbero benissimo mettere un vaso di fiori al mio posto”, ha dichiarato “il mostro”. La Corte Europea dei Diritti Umani ha criticato più volte il Belgio, accusando la nazione di inadeguate terapie psicologiche a criminali con disturbi psichiatrici. Secondo Dirk Leestmans, noto giornalista belga che ha intervistato Den Bleeken, l’assassino è “un uomo intelligente” che “ha agito in modo orrendo, ma è consapevole e lucido” della sua malattia. Le dichiarazioni del violentatore, in questi anni, sono state vere e proprie richieste di aiuto e l’uomo, in un commento alla tv fiamminga Vrt, ha affermato: “Sono un essere umano e indipentemente da quello che ho fatto resto un essere umano. Pertanto, sì, concedetemi l’eutanasia.”
Quello di Den Bleeken non è l’unico caso di eutanasia in Belgio. Nell’ottobre del 2013 Il 44enne Nathan Verhelst ha chiesto l’eutanasia in Belgio dopo una serie di operazioni fallite per il cambio di sesso. Dopo gli ormoni nel 2009, una mastectomia e la ricostruzione genitale nel 2012, la scelta estrema. “Quando mi sono guardato per la prima volta allo specchio dopo l’operazione, ho provato un’avversione contro me stesso”, ha dichiarato l’uomo prima di morire, secondo il suo medico, Wim Distlemans, “in tutta serenità”. Per quanto riguarda il suo caso, il medico ha parlato di “sofferenze psicologiche insopportabili”.
In Europa vi sono comunque altri Paesi dove la “dolce morte” è legale: l’Olanda è stata la prima nazione a legalizzare l’eutanasia e lo ha fatto il primo aprile del 2002. Il Ministero della salute pubblica, del benessere e dello sport sostiene che questa pratica “permette ad una persona di porre fine alla propria esistenza con dignità, dopo aver ricevuto ogni tipo disponibile di cure paliative”. La Francia, nel 2005, con la legge Leonetti ha introdotto il diritto al “lasciar morire”: “sulla base di richieste persistenti, lucide e ripetute da parte della persona, colpita da una malattia per la quale tutte le cure sono diventate inefficaci e i trattamenti palliativi già adottati, davanti a situazioni cliniche eccezionali, una decisione medica legittima va presa”, si legge nel testo. Adesslo Francois Hollande sta provando a legalizzare l’eutanasia volontaria. In Lussemburgo l’iniezione letale è stata legalizzata nel 2008 solo per adulti e pazienti in condizioni di salute estreme, su esplicita richiesta del malato e con il consenso di due medici e una commissione di esperti. In Svizzera c’è sia l’eutanasia attiva indiretta, quella passiva e il suicidio assistito: la prima riguarda l’assunzione di sostanze per ridurre la durata della vita e la seconda prevede l’interruzione dei dispositivi per tenere in vita il malato. L’associazione Dignitas, che conta 60.000 aderenti, si occupa di assistere e aiutare al suicido coloro che ne facciano richiesta. In Svezia nell’aprile del 2012 l’autorità nazionale ha acconsentito all’introduzione del suicidio assistito ma ha proibito l’eutanasia attiva. In Germania la Corte di giustizia tedesca si è espressa nel 2010 a favore dell’eutanasia passiva. Quella attiva è ammessa solo se è chiara la volontà del paziente. In Gran Bretagna è stata autorizzata l’interruzione delle cure con alcune restrizioni nel 2002 ed è stato introdotto il concetto dell’aiuto al suicidio “per compassione”, dal 2010 punito meno duramente. Alla Camera dei Comuni è in discussione attualmente l’Assisted Dying for the Terminally Ill Bill – Legge sulla morte assistita per malati terminali – che favorirebbe una sorta di suicidio assistito. In Portogallo è condannata sia l’eutanasia passiva che quella attiva ma un Comitato etico può interrompere le cure per alcuni “casi disperati”. In Spagna sia eutanasia passiva che suicidio assistito sono ammessi ma è proibita l’eutanasia attiva. In Ungheria l’eutanasia passiva è consentita su richiesta del paziente.
In Italia l’eutanasia è vietata. Chi aiuta un malato terminale a morire rischia fino a 12 anni di carcere. Eppure, secondo il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, “il Parlamento non dovrebbe ignorare il problema delle scelte di fine vita ed eludere un sereno e approfondito confronto di idee sulle condizioni estreme di migliaia di malati terminali in Italia”. Circa un anno fa, il 13 settembre 2013, l’Associazione Luca Coscioni, del mondo dei Radicali, ha consegnato 67mila firme per proporre una legge di iniziativa popolare di legalizzazione dell’eutanasia. Secondo il Partito Radicale la proposta non è stata ancora presa in considerazione perché il “Parlamento Italiano, figlio di un cattolicesimo che affonda il suo potere nel proibizionismo, volta le spalle alla volontà popolare. Ancora una volta il parlamento italiano mostra il suo lato più cialtrone e ipocrita”. Secondo l’onorevole Paola Binetti, Udc, “quello che il Parlamento ha comunque espresso, in generale, sul tema dell’eutanasia, è una risposta compatta per dire no al suicidio assistito. Forse da una parte dell’opposizione parlamentare si tende a far passare ciò come una pressione della Chiesa cattolica che impedirebbe alle persone di prendere libere decisioni. “La dignità dell’uomo richiede invece attenzione di cura da parte del sistema sociale e al legislatore di ridurre il disagio delle persone e delle famiglie interessate”, ha dichiarato infine il Parlamentare.
Mina Welby, moglie di Piergiorgio Welby, morto 8 anni fa per eutanasia e al centro di numerose polemiche, il 12 settembre ha dato via a un “walkaround”, una camminata di 20 ore davanti al Parlamento italiano per chiedere a gran voce la liceità dell’eutanasia: “Ci restano ancora poche ore di marcia silenziosa e pertinace, che sono nonnulla rispetto all’intero anno che abbiamo trascorso aspettando, insieme ai 67000 cittadini che l’hanno firmata, la calendarizzazione della nostra pdl per la legalizzazione dell’eutanasia”. Secondo Filomena Gallo, segretario dell’associazione Luca Coscioni, “in altri paesi temi come questo fanno parte della campagna elettorale, mentre qui non si è riusciti a ottenere neanche una singola audizione”. Per Marco Cappato, tesoriere dell’associazione, “Il comportamento dei partiti alla Camera danneggia i cittadini e la credibilità del Parlamento”.