Un lavoro lungo e complesso: è quello che attende nei prossimi mesi le scuole italiane per farsi trovare pronte a riabbracciare a settembre i propri studenti, garantendo la loro sicurezza ed evitando che il Covid-19 trovi le condizioni ideali per riprendere vigore. Perché se il punto di partenza è quello che raccontano i ragazzi la missione è davvero ardua, specie in alcune zone del Paese. Il portale Skuola.net, avvalendosi del supporto dell’esperto in sicurezza e formazione sui luoghi di lavoro Tommaso Barone, ha infatti elaborato un questionario – che ha coinvolto oltre 25mila alunni di scuole medie e superiori – per capire, attraverso la voce dei diretti interessati, quale fosse il livello di attenzione che gli istituti dedicavano agli aspetti d’igiene prima dell’emergenza coronavirus e se le strutture sarebbero attualmente in grado di ospitare gli studenti osservando le norme sul distanziamento sociale.
La pulizia e l’igiene sono sicuramente le basi su cui impostare qualsiasi difesa dal contagio. Soprattutto negli spazi comuni, in particolare quelli che espongono ai pericoli maggiori. Da questo punto di vista, però, il quadro che i ragazzi hanno lasciato a fine febbraio è abbastanza disastroso. Meno di 2 studenti su 3, ad esempio, giudicano almeno sufficiente lo stato in cui versavano i bagni della propria scuola (solo il 16% dice che erano sempre puliti); per 1 su 10, al contrario, erano perennemente sporchi. Ma la vera nota dolente è un’altra: l’assenza degli strumenti più elementari per igienizzare le mani (un passaggio che nel prossimo futuro sarà quasi un comandamento). Peccato che oltre un terzo dei ragazzi (35%) non abbia mai visto il sapone fare la sua comparsa nei bagni di scuola (e un altro 21% lo trovava raramente). Ancora peggio al Sud: qui la carenza di sapone colpiva 7 alunni su 10 (il 20% di frequente, il 51% sempre). Ovviamente non è un problema di volontà ma di mancanza di risorse economiche, assolutamente risolvibile. Ma è un dato che serve a intravedere l’entità delle somme da investire. Basti pensare che, solo per svolgere in sicurezza la maturità 2020, sono stati messi sul piatto quasi 40 milioni di euro.
Cosa manca?
Stessa cosa per quel che riguarda carta igienica e salviette per asciugarsi. La prima segue lo stesso destino del sapone: quasi inesistente nel 33% dei casi (il 51% nelle regioni meridionali), intermittente per un altro 20% di studenti. Le seconde, invece, erano praticamente un bene di lusso: solamente 1 su 4 (il 12% al Sud) le aveva a disposizione di frequente. Nelle altre scuole ci saranno stati gli asciugamani elettrici? Non proprio: risponde in modo affermativo solo il 9% del campione (e un altro 4% dice che c’erano ma non funzionavano). Come stupirsi, allora, che appena il 15% degli istituti metteva a disposizione di tutti gli ormai famosi gel igienizzanti per le mani (tra l’altro per l’8% ciò era avvenuto da poco, solo dopo lo scoppio dell’emergenza). Per fortuna che la maggior parte degli intervistati, tutto sommato, promuove il livello generale della pulizia della sua scuola: il 76% al Nord, il 57% al Sud.
Altro tema di cruciale importanza è quello del sovraffollamento degli ambienti scolastici, in primis le aule, in cui gli studenti (e i docenti) devono stazionare per ore e ore. I nostri istituti sarebbero, ad oggi, preparati per evitare i tanto discussi assembramenti o dovranno necessariamente ripensare spazi interni e organizzazione della didattica? La risposta corretta è la seconda: le “classi pollaio” sono una realtà. La platea più consistente (47%) è composta da ragazzi che vivono in classi da 20-25 alunni. Ma più di 1 studente su 5, quest’anno, condivideva l’aula con almeno altri 25 compagni; solo 1 su 3 restava sotto i 20 iscritti. Ma, anche laddove la popolazione studentesca non sarebbe così consistente, non è detto che si riescano a rispettare le norme di contenimento del virus che, probabilmente, interesseranno anche le scuole. Lo dimostra il fatto che solo il 16% pensa che le classi del suo istituto permettano di garantire la fatidica distanza di almeno 1 metro tra un alunno e l’altro.
Gli stessi problemi investono la gran parte dei momenti della giornata. Come l’ingresso e l’uscita da scuola o il cambio d’ora tra le lezioni: per la metà degli intervistati (51%) scale, corridoi e cortili non sono così spaziosi da farci stare tutti. O come la ricreazione: il 34% dice che la faceva in classe, il 39% in corridoio, solo il 25% in cortile. Ma, a prescindere da ciò, per 6 su 10 la concentrazione sarebbe inevitabile. L’unico aspetto che induce all’ottimismo è l’ora di educazione fisica: per l’85% dei ragazzi l’ambiente in cui la svolgeva – cortile o palestra – era abbastanza ampio per ospitare tutti. Anche qui, però, c’è un dettaglio da non sottovalutare: 1 su 5 si spostava in una struttura esterna alla scuola.
Igiene: Come regolarsi?
Anche i sindaci di città e paesi, specie se grandi, avranno il loro bel da fare al via dell’anno scolastico. Il fronte mezzi pubblici quello che preoccupa di più. Molti studenti, infatti, non hanno la fortuna di avere chi li accompagna a scuola tutte le mattine (in auto o in moto) o un mezzo proprio (bicicletta, motorino, ecc.). Il 41% è costretto a usare il servizio pubblico, viaggiando su mezzi quasi sempre sovraffollati, all’andata come al ritorno: è così per 8 su 10. Evidente che bisognerà rimodulare i ritmi. Con una conseguente revisione di modi e tempi della didattica.
Tra le alternative di cui si sta discutendo si parla soprattutto di una turnazione tra alunni: a giorni alterni (alcuni vanno a scuola e gli altri seguono da casa, a rotazione) oppure dividendosi in gruppi tra mattina e pomeriggio. Il parere dei ragazzi potrebbe dare degli spunti interessanti. Così la ricerca ha voluto capire anche come immaginano gli studenti il prossimo anno scolastico. L’ago della bilancia pende decisamente dalla parte della prima soluzione: il 72% approverebbe la scelta di continuare con un mix di lezioni frontali e didattica a distanza; solo il 35%, al contrario, accetterebbe volentieri di frequentare il pomeriggio (le attività extra-scolastiche incombono). Ma c’è un 22% che spera ancora che a settembre ci saranno le condizioni affinché tutto possa tornare alla normalità.