Ogni vita è legata ad altre vite
“Awen. Il Confine” di Monica Zunica edito da Marlin è la prima trilogia fantasy dell’autrice. Il romanzo, nell’introduzione a firma dello scrittore Maurizio de Giovanni, mette subito in curiosità il lettore:
«State per leggere qualcosa di profondamente diverso da tutto quello che avete letto nella vostra vita. Un fantasy, si potrebbe… Qui però, ed è una differenza fondamentale, ad alterare un flusso fin troppo noto e prevedibile e a rendere la lettura un’esperienza profondamente unica ci sono contaminazioni e riferimenti apparentemente così lontani e perfino contrapposti da lasciare a bocca aperta.»
Con “Awen. Il Confine” di Monica Zunica, la casa editrice Marlin inaugura la collana di fantasy e mistery “Mondi sommersi”. Un doppio filone per indagare il mistero e il fantastico, per far appassionare chi legge e per viaggiare in mondi al confine, tra il reale e l’irreale.
In “Awen. Il Confine” di Monica Zunica elementi della mitologia celtica e della cultura italiana per la prima volta si fondono in un’unica storia, quella di Diana che all’età di sette anni svanisce nel nulla, insieme alla madre, in un bosco del Molise. Da qui inizia una storia fantastica e appassionante. Diana scoprirà di essere depositaria di un antico sapere, quello delle Custodi, una stirpe di donne destinate a proteggere, a costo della propria vita, il potere dell’Awen.
Monica Zunica è nata a Napoli nel 1972 dove si è laureata in Filosofia. Dopo aver pubblicato romanzi e racconti – Senza sapere nulla (2007); Tra le onde i giorni dimenticati (2011); Il rovescio delle cose (2011) – AWEN è la sua prima trilogia fantasy. Nel 2010 ha lasciato Napoli per vivere con la propria famiglia tra i boschi del Molise. Attualmente si occupa di eventi culturali per la propria associazione, “L’Iperico”, e si dedica alla rievocazione storica dei popoli celtici e sannitici.
Abbiamo avuto il piacere di intervistare l’autrice a cui abbiamo rivolto alcune domande non solo sul suo romanzo ma anche sulle sue passioni.
“Awen. Il Confine” di Monica Zunica
Lei ha scritto diversi romanzi e racconti ma nessun fantasy. Quando è approdata a questo genere e cos’è che l’ha coinvolta a tal punto da pensare di scrivere una trilogia?
«Credo che il mondo del fantastico abbia confini indefinibili. Lo insegna, secondo me, in modo magistrale, quasi tutta la produzione letteraria di Anna Maria Ortese. Lei racconta e penetra ogni più piccola piega della realtà guardandola dal di fuori. Da uno spazio che altri credono irreale ma che tale non è. In tanti hanno provato a rispondere alla domanda che cosa sia il fantasy o la letteratura fantastica. Qualche studioso ha provato a ingabbiare la magia di quei racconti in un approccio di tipo “scientifico” che io non riesco a condividere. Altri lo hanno fatto spaziando in modi così vari e articolati che mi è impossibile sintetizzare in questa sede. Personalmente mi piace avere nei confronti dell’argomento una posizione più legata ai sentimenti che a un concetto freddo e poco invitante, Il fantastico, per me, è la vera essenza dell’animo umano. È il mistero che ci rende capaci di animare ciò che appare inanimato, di immaginare creature che forse non esistono e che nutre il nostro sempre più ammaliante desiderio di magia.
Il fantastico, a dirla tutta, ha sempre fatto parte della storia umana, a partire dalle antichissime pitture rupestri che per alcuni studiosi – e condivido – altro non sono che un incantesimo. Un tentativo di rendere proficua la caccia disegnando anticipatamente la vittoria del cacciatore sulla preda. Credo possa trattarsi della prima testimonianza fantasy della storia. Tornando però alla domanda iniziale, sento di poter dire che nei miei libri precedenti a Awen, Il confine, c’è sempre stata una tendenza al fantastico, magari con un linguaggio e una struttura più surreale che fantasy ma ogni parola aveva sempre un piede nella realtà e l’altro nel “Fantastico”. Credo, insomma, che questo tipo di scrittura sia sempre stato parte della mia natura; aveva solo bisogno di trovare il modo per esprimersi. La trilogia, (una tripartizione suggerita dall’editore) è sicuramente uno spazio in cui la mia fantasia ha potuto viaggiare senza freni. Un luogo, direi, adatto alla realtà dell’irreale.»
Una caratteristica che rende il suo fantasy unico nel suo genere è la contaminazione e il riferimento a scrittori e scrittrici di epoche diverse. C’è un fil rouge che lega questi riferimenti alla storia che racconta?
«Niente è slegato dal resto, e non solo nella mia trilogia. Il Confine che troviamo nel primo libro ci dice paradossalmente che dopo averlo attraversato scopriremo che i confini non esistono. Per questo il fil rouge che mi viene chiesto è sconfinato e interminabile. Chi scrive è legato in maniera indissolubile alla scrittura. Ogni libro, con le sue infinite parole, è legato ad altri libri. Ogni vita è legata visceralmente ad altre vite, passate, presenti e future. Questo è il filo, unico ed eterno che trova la sua massima espressione nell’immenso potere dell’Awen. Potere creativo, visionario, immaginifico, magico, poetico, poietico, profetico, che non conosce le categorie dello Spazio e del Tempo. Per questo nelle Terre dell’Awen personaggi provenienti dalle pagine di Anna Maria Ortese, Dino Buzzati e Matilde Serao possono finalmente vivere una vita in carne ed ossa. Per questo Boudicca, una regina guerriera che in sé porta nobiltà, giustizia e vendetta, può tornare in vita dopo duemila anni. Torna tra le donne di oggi per insegnare la ribellione dinanzi a qualunque violenza. Prende vita per dire alle madri di tutto il mondo che per i figli bisogna essere pronti a qualunque cosa. Il filo è il Destino che viaggia non in modo arbitrario ma sempre in continua intesa con chi lo vive, lo sceglie o lo rifiuta.»
“Awen. Il Confine” si snoda in diverse epoche: ai giorni nostri, nel Galles del V sec. e nella Napoli del 1595. Quando è iniziata la sua passione per la mitologia celtica?
«La storia da me raccontata appartiene a un mondo antico. Un tempo in cui i Bardi narravano le vicende della propria terra e dei propri antenati intorno al fuoco. Dalle loro parole i bambini apprendevano il coraggio, la saggezza, la storia delle proprie origini. In quelle storie, così come nella mia, la linea del tempo non è verticale. Si snoda invece in altezza, profondità e lungo vie che possono diramarsi da un solo punto verso infinite mete. In parole povere il Tempo non esiste, quello che conta sono le storie che in esso accadono. Se sono forti e posso portare saggezza e ispirazione alle nuove generazioni allora vanno onorate e raccontate, non chiuse e inscatolate in etichette e date di scadenza.
La mitologia celtica credo faccia parte di tutti noi, solo che molti non lo ricordano. Personalmente ho avuto due fortune che mi hanno aiutata a imboccare l’antico sentiero. La prima ha a che fare con il mio matrimonio. Desideravo fortemente celebrare le nozze in un bosco e mi fu consigliato il rito celtico. Tengo a precisare che la neo spiritualità celtica può essere abbracciata da chiunque, in quanto “celtico” non definisce una collocazione geografica o una discendenza genetica di appartenenza. I popoli nel corso della storia si sono talmente mescolati tra di loro da renderci, anche in questo caso, parte di un tutto.
Quello che la mitologia celtica ha, a mio avviso, più di ogni altra storia è un legame stretto ed evidente con un mondo di cui si sono perse le tracce. Un mondo visionario e decisamente fantastico. Un mondo in cui un’arpa può volare rispondendo al richiamo del proprio padrone. Dove la musica da essa prodotta ha il potere di indurre il pianto, il riso o il sonno di chi l’ascolta. Dove una battaglia può essere vinta grazie alla maestria di un fabbro capace di forgiare armi in soli tre colpi di martello o in virtù dell’aiuto di una pelle di maiale che poggiata sui corpi feriti dei guerrieri li guarisce all’istante. Dove Druide guerriere insegnano agli uomini l’arte della guerra, della conoscenza e dell’amore. Storie in cui l’unica strada per raggiungere la saggezza è esperienziale e spirituale al contempo, là dove l’iniziato per essere illuminato e approdare a nuova vita, deve necessariamente trasformarsi in animali totemici legati alla conoscenza profonda e antica degli Elementi. Dove la Natura parla e pulsa allo scoccare di ogni parola. Una mitologia che conserva il vero e antichissimo senso della poesia. Concetto che nessuno potrebbe esporre meglio di Robert Graves: “Un tempo la poesia serviva per ricordare all’uomo che doveva mantenersi in armonia con la famiglia delle creature viventi… oggi ci ricorda che l’uomo ha ignorato l’avvertimento e ha messo sottosopra la casa con i suoi capricciosi esperimenti filosofici, scientifici e industriali, attirando la rovina su sé stesso e sulla sua famiglia. L’oggi è una civiltà in cui gli emblemi primi della poesia sono disonorati; in cui il serpente, il leone e l’aquila appartengono al tendone del circo; il bue, il salmone e il cinghiale all’industria del cibo in scatola; il cavallo da corsa e il levriero al botteghino delle scommesse; e il bosco sacro alla segheria. Una civiltà in cui la Luna è disprezzata come un satellite senza vita e la donna è ‘personale statale ausiliario’. In cui il denaro può comprare ogni cosa eccetto la verità, e chiunque eccetto il poeta posseduto dalla verità”.
Dal mio matrimonio, insomma, sono entrata in un mondo di tanta magia, storia e letteratura fantastica, anche grazie allo studio seguito presso l’Obod (Ordine dei Bardi, Ovati e Druidi).
La seconda fortuna che mi ha portato a imboccare quel sentiero è stata il mio trasferimento in Alto Molise, in un paesino di centocinquanta abitanti a ridosso del Bosco. Un Bosco sacro che mi ha restituito un’anima antica e mi ha ricordato cosa amare e in che modo farlo.»
L’Awen è il potere che domina il Destino del mondo. Ci può dire qualcosa in più su questo termine? a cosa si riferisce?
«Awen è una parola gallese e nella sua radice “wel” vuol dire soffio. Tramandata oralmente da tempi antichissimi, è stata trascritta per la prima volta nella Historia Brittonum di Nennio nel 796 d.C., e dallo storico Gildas di Rhuys. L’Awen era il potere dell’ispirazione che donava agli antichi bardi una sapienza poetica e profetica.
Il simbolo dell’Awen /│\ fu per la prima volta introdotto da Iolo Morganwg (1747-1826), un poeta e antiquario gallese che, contestato da molti storici, pare abbia salvato dall’oblio antichi scritti. In una raccolta di testi da lui pubblicata il simbolo /│\ rappresenta l’inizio della vita. I tre segni corrispondono a lettere primordiali dalle quali derivano tutti gli alfabeti ed esprimono: amore, conoscenza e verità. Successivamente questo simbolo è stato adottato da diverse correnti neo druidiche, assumendo un significato di flusso vitale che dona ispirazione, energia e tranquillità. Per me l’Awen è un’energia di cui non posso fare a meno. È la scintilla che spinge alla creatività e mantiene in vita la vera essenza. Qualcosa che ha a che fare con il Destino nel momento in cui lo immagiamo un po’ come l’immagine innata di un progetto che se realizzato determina una condizione di felicità – la Ghianda di James Hillman – e uno stato sognante che determina l’immaginazione poietica – la Rêverie di Gaston Bachelard.
Awen, insomma, ha a che fare con quanto più intimo, sognante e visionario possa esserci in ognuno di noi. Una scintilla che chiede di splendere e noi abbiamo il dovere di alimentarla e custodirla come un dono per noi stessi e per il mondo intero.
Vorrei concludere questa mia risposta con due citazioni che per un errore non sono comparse in apertura del primo libro della trilogia. In esse, credo, sia racchiuso il senso più antico dell’Awen:
L’Awen io canto
Dal profondo io lo sento
Come un fiume che scorre
So quanto si estende
So quando scompare
So quando si riempie
So quando straripa
So quando si restringe
The Hostile Confederacy – Book of Taliesin VII
“…udendo certe parole il sognatore coglie i suoni di un mondo fantastico”
Gaston Bachelard.»
Lei ha lavorato molti anni a questo progetto, qual è la parte che l’ha impegnata di più?
«Ogni cosa ha richiesto molto impegno. Le ricerche letterarie e storiche. Gli studi, la raccolta, la scelta delle storie provenienti dalla mitologia. La stesura, la correzione, la ricerca di un editore. Ogni cosa è impegno ma al contempo questa storia fa talmente parte di me, esprime in maniera così chiara qualcosa che ha a che fare con la mia vita reale, che l’impegno è diventato magia. Un gioco antico che mi ha permesso di stare sempre a colloquio con me stessa, le storie antiche e gli antenati. Ringrazio Francesca Amore per lo spazio che ha voluto dedicarmi e auguro un felice tempo d’inverno.»