Una giornata per la presa di coscienza di una problematica che è un vero è proprio male sociale per troppo tempo volutamente dimenticato e posto fra i tanti scheletri da tenere nell’armadio della ricerca scientifica. Sensibilizzare è fondamentale solo se si trasmette il messaggio che non basta una giornata, un mese, un anno, ma semplicemente ricordarsi che l’Autismo è, per chi lo vive, tutti i giorni. Informazione corretta, altro che bambini nati con una D in più…
Il 2 aprile si celebra la V Giornata Mondiale della Consapevolezza dell’Autismo, sancita dalle Nazioni Unite con la risoluzione 62/139 del 18 dicembre 2007.Questa ricorrenza è stata voluta perché i dati relativi alla sindrome sono allarmanti ed è questo un modo per sensibilizzare gli Stati ad occuparsi di più di questa vera e propria “epidemiaâ€. Negli ultimi venti anni si è riscontrato un aumento del 600% della diffusione della sindrome e questo non può essere imputato soltanto alla migliore capacità diagnostica anche precoce acquisita dai professionisti. Oggi l’incidenza tocca 1 bambino ogni 170 nati. I Disordini dello SpettroAutistico sono disturbi di natura neurobiologica caratterizzati da difficoltà nella comunicazione e nell’interazione sociale e dalla presenza di comportamenti e interessi ristretti e stereotipati. Attualmente non esiste una guarigione per le persone con autismo, tuttavia il riconoscimento precoce del problema e l’inizio altrettanto precoce di un intervento educativo appropriato possono modificare significativamente gli esiti a lungo termine, migliorando il livello di qualità della vita della persona autistica e di coloro che a vario titolo ne fanno parte. Eventi, manifestazioni, dibattiti, convegni e mostre sono le iniziative principali che le principali associazioni dei genitori hanno organizzato per approfondire una patologia che colpisce lo 0,6% di tutta la popolazione.
Avremmo potuto spendere milioni di parole, invece, ora abbiamo scelto di riportare una pagina dal sito dell’ Istituto Superiore di Sanità che crediamo addensi le informazioni di base sulla patologia autistica e la pubblichiamo integralmente per cercare di fare un po’ di piccola ma corretta informazione perchè siamo convinti che solo l’informazione giusta può creare coscienza reale su questa problematica che troppo spesso è finita nelle mani di cialtroni e santoni che nulla hanno a che vedere con la scienza e la ricerca. Informazione corretta, altro che bambini nati con un una D in più…
(chi volesse cosultare la pagina riportata può farlo all’indirizzo http://www.iss.it/auti/)
L’AUTISMO
Definizione
L’Autismo fa parte, insieme alla Sindrome di Asperger, alla Sindrome di Rett, al Disturbo Pervasivo dello Sviluppo Non Altrimenti Specificato (PDD-NOS) e al Disturbo Disintegrativo dell’Infanzia, del gruppo dei Disturbi Pervasivi dello Sviluppo. Tuttavia i clinici sempre più spesso ormai utilizzano la dizione ‘Disturbi dello Spettro Autistico’ (Autism Spectrum Disorders, ASD) per Autismo, Asperger e PDD-NOS. Questa definizione (spettro autistico) significa che il disturbo colpisce ciascuna persona in modo differente variando da una lieve a una grave sintomatologia. I disturbi dello spettro autistico originano comunque da una compromissione dello sviluppo che coinvolge le abilità di comunicazione e di socializzazione, e sono in generale associati a comportamenti inusuali (ad esempio comportamenti ripetitivi o stereotipati) e a un’alterata capacità immaginativa. L’autismo è stato per anni erroneamente considerato un disturbo dovuto a inadeguate relazioni nell’ambiente familiare dipendenti dal comportamento dei genitori (origine psicodinamica). Attualmente la posizione scientifica condivisa a livello internazionale considera l’autismo una sindrome comportamentale associata a un disturbo dello sviluppo del cervello (porta con sè alterazioni della struttura e delle funzioni nervose) e della mente (include alterazioni dello sviluppo psico-cognitivo ed emozionale) con esordio nei primi tre anni di vita. Sia fattori genetici che ambientali sono oggi considerati all’origine dello spettro autistico. La sindrome si configura come una disabilità permanente che compare in età infantile ma accompagna il soggetto per tutta la durata della vita. Le caratteristiche del deficit sociale e cognitivo, come in generale la sintomatologia clinica, sono eterogenee in termini di complessità e gravità e presentano una espressività variabile nel tempo. Dal punto di vista clinico gli individui con autismo sono spesso divisi in due grandi gruppi: l’autismo sindromico, o secondario a cause note, che si presenta circa nel 10 % dei casi. In questa categoria la sindrome autistica è associata a malformazioni o caratteristiche dismorfiche evidenti soprattutto a livello facciale. In essa sono compresi individui che mostrano alterazioni in un singolo gene come nel caso della sclerosi tuberosa, della sindrome da X-Fragile, della Neurofibromatosi e di alcune malattie citogenetiche. Inoltre a questa categoria appartengono quei casi dovuti a infezioni contratte dalla madre in gravidanza (quali rosolia e citomegalovirus) e casi di autismo derivanti da esposizione prenatale ad agenti teratogenici quali la talidomide o l’antiepilettico acido valproico. Dall’altro lato vi è invece l’autismo primario o idiopatico, detto anche essenziale, nel quale sono presenti i classici segni clinici della sindrome autistica, mentre sono assenti malformazioni e caratteristiche dismorfiche. A questo secondo gruppo appartiene il restante 90% dei casi.
EVIDENZE SULL’AUTISMO
I sintomi
Per la classificazione dei disturbi dello spettro autistico sono riconosciuti e utilizzati a livello internazionale due strumenti diagnostici: il DSM IV, Diagnostic Statistical Manual IV redatto dall’American Psychiatric Association , e l’ICD-10, International Classification of Diseases 10a edizione, redatto dalla World Health Organization. Questi due manuali presentano alcune differenze nella terminologia utilizzata per la classificazione delle diverse condizioni riferibili ai disturbi dello spettro autistico e alcune differenze nella combinazione dei criteri che definiscono la nosografia propria delle varie forme. D’altra parte entrambi i manuali condividono i principali criteri comportamentali considerando la seguente triade sintomatologica:
Sociale: compromissione, ritardo o atipicità dello sviluppo delle competenze sociali, con specifico riferimento alle relazioni interpersonali: apparente carenza di interesse e di reciprocità relazionale con gli altri; tendenza all’isolamento e alla chiusura sociale; apparente indifferenza emotiva agli stimoli o ipereccitabilità agli stessi; difficoltà ad instaurare un contatto visivo
Linguaggio e comunicazione: compromissione e atipicità del linguaggio e della comunicazione, verbale e non-verbale. Siu stima che circa il 25% dei soggetti autistici non è in grado di comunicare verbalmente. I soggetti che sono in grado di utilizzare il linguaggio si esprimono in molte occasioni in modo bizzarro (parole fuori contesto, ecolalia).
Pensiero e comportamento: immaginazione povera e stereotipata con compromissione del gioco simbolico o di immaginazione; comportamenti ritualistici/ripetitivi, e scarsa flessibilità a cambiamenti della routine quotidiana e dell’ambiente circostante. Di solito un limitato repertorio di comportamenti viene ripetuto in modo ossessivo e si possono osservare posture e sequenze di movimenti stereotipati; i cambiamenti nell’ambiente abituale o nei ritmi della giornata possono determinare reazioni abnormi, come perdita del controllo, rabbia, aggressività .
La prevalenza
•La sindrome autistica non presenta prevalenze geografiche o etniche, ma colpisce maggiormente i maschi rispetto alle femmine in un rapporto di 4 maschi per 1 femmina. Alla fine degli anni ’90 viene riportata una prevalenza di circa 1:750 bambini quando si consideri una ristretta definizione dello spettro, che sale a 1:150 quando tale prevalenza si riferisce ai disturbi dello spettro autistico nel suo complesso. Negli Stati Uniti le stime più recenti indicano una prevalenza di circa 1:110 mentre in Europa le stime variano da 1:160 della Danimarca e della Svezia , a 1:86 della Gran Bretagna. Un dato costante riportato dagli studi epidemiologici condotti sia negli Stati Uniti che in Europa è un generalizzato aumento delle diagnosi di autismo e delle sindromi correlate, che sono più che raddoppiate nell’ultimo decennio. L’ipotesi di una vera e propria epidemia di autismo viene però confutata da molti autori, che associano almeno in parte il pur evidente incremento del numero delle diagnosi all’allargamento dei criteri diagnostici e all’abbassamento dell’età alla diagnosi, conseguenze della maggiore sensibilità e attenzione al disturbo.
La diagnosi
•La diagnosi pùo avvenire con una considerevole affidabilità tra il secondo e il terzo anno di vita, ma la formulazione a questa età si limita ad essere una diagnosi di rischio, che deve prevedere la programmazione di controlli specialistici a intervalli regolari durante l’età evolutiva.
La prognosi
•La prognosi per i bambini con condizione autistica è condizionata dal loro grado di funzionamento cognitivo. Questo fattore è considerato un buon indicatore predittivo dello sviluppo futuro, anche se i dati attualmente disponibili indicano la necessità di individuare altri indicatori che possano essere associati con la qualità dell’esito .
FONTI
Il testo è stato redatto sulla base delle seguenti fonti:
American Psychiatric Association (APA), 2002. DSM IV, Diagnostic Statistical Manual IV
World Health Organization (WHO), 2007. ICD-10, International Classification of diseases 10th revision,
Cohen, D.J., Volkmar, F.R. (ed.) (1997), Handbook of autism and pervasive developmental disorders, 2nd edition., John Wiley & Sons, New York
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Gianni Tortoriello