La notizia che la magistratura di Trani ha deciso di avviare un’indagine al fine di accertare il legame fra autismo e vaccino Trivalente (contro morbillo, parotite e rosolia) ha ridestato l’implacabile dibattito sulla questione.
Il P.M. di Trani, Michele Ruggiero, ha avviato le attività di accertamento all’indomani della denuncia dei genitori di due minori ai quali è stata diagnosticata la sindrome autistica, ad insorgenza post vaccinale. L’ipotesi contenuta nel fascicolo è di lesioni colpose a carico di ignoti.
Ma ricordiamo cos’è l’autismo? Cosa comporta? Perché le cause sono ancora ignote?
L’autismo è un “disturbo generalizzato dello sviluppo psico-mentale” accompagnato da anomalie dello sviluppo, della comunicazione, neurologiche, gastrointestinali, endocrine ed immunitarie. Il disturbo è riconosciuto generalmente in un’età compresa tra i 15 ed i 20 mesi del bambino, il quale durante la crescita, progressivamente perde o non riesce a sviluppare, linguaggio, capacità di socializzazione e abilità fisiche.
Le persone affette da questo impedimento risultano spesso chiuse in loro stesse, nel proprio spazio e spesso non gradiscono la presenza di soggetti terzi, specie se invasiva, presentando una forte incontinenza emotiva che le rende speciali.
Non esiste una terapia farmacologica per combattere la sindrome, a dispetto di quanto molti ‘millantatori’ possano prospettare. Alcuni medici suggeriscono un “trattamento relazionale” mirato alla ricostruzione del sé e della percezione dell’altro, inteso come soggetto esterno.
Un bambino affetto da disturbi dello spettro autistico deve necessariamente essere seguito sia dalla propria famiglia sia dalle istituzioni che si propongono di fornire una giusta e mirata formazione. In termini pratici, deve essere seguito ogni minuto della sua giornata ma soprattutto essere spronato, stimolato e/o rieducato alle relazioni interpersonali.
E’ molto chiara su questo punto la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità che, all’art 24 sancisce che gli Stati dovranno garantire alle persone con autismo:
– l’accesso alla vita indipendente attraverso l’inclusione scolastica a tutti i livelli
– lo sviluppo delle proprie abilità fisiche e mentali, fino al loro massimo potenziale
– l’ accesso ad un’istruzione di qualità, all’educazione superiore, alla formazione professionale e all’educazione permanente per adulti
– l’acceso ad accomodamenti ragionevoli.
Per poter rispettare i dettami della convenzione è necessaria un’ intensa collaborazione fra servizi, istituzioni e famiglie e di un programma politico specifico che preveda la creazione di una continuità di aiuti e servizi per tutto l’arco dell’esistenza dell’individuo affetto dal disturbo.
I servizi sanitari, in primis, dovrebbero offrire un supporto medico ed educativo, in modo da fornire una diagnosi accurata e una valutazione funzionale ma sopratutto un servizio di consulenza, formazione e aiuto alla famiglia a domicilio.
Una diagnosi e una valutazione che non siano accompagnate da un programma di intervento e da un supporto concreto possono spingere la famiglia alla ricerca di altre improbabili soluzioni che non fanno altro che danneggiare il bambino e rallentare ancor di più i tempi per l’apprendimento.
La legislazione italiana consente l’accesso alle scuole pubbliche ai ragazzi affetti da autismo al fine di consentire una maggiore integrazione, tuttavia, non sempre le strutture ricettive riescono a fronteggiare le esigenze del bambino e soprattutto ad accompagnarlo nello sviluppo delle proprie abilità. Gli insegnanti, spesso vanno e vengono dalle scuole e non sempre sono adeguatamente preparati in materia.
Alcuni docenti ancora pensano che quell’angosciante ripetere le stesse parole e movimenti da parte di alcuni bambini delle loro classi debbano essere catalogati come “maleducazione”.
Emblematica appare, a tal proposito, l’affermazione di Theo Peeters, neurolinguista belga dedito allo studio sull’autismo, che a proposito del modello italiano dice «voi italiani avete incluso i bambini autistici nelle classi al pari dei termosifoni», a voler sottolineare l’inclusione non adeguatamente conscia di questi bambini nelle scuole.
Anche Luigi Mazzone, un neuropsichiatra infantile del Bambin Gesù di Roma, ha compreso che il sistema delle scuole italiane non funziona e creare delle classi ad hoc, come si rinverdisce da più parti riportando alla mente le vecchie ‘classi differenziali’ di cui pensavamo di esserci liberati, non porterà certo migliori risultati.
Il Dottor Mazzone sostiene fortemente che l’inclusione rappresenti un metodo giusto a patto che sia ben organizzato. A dimostrazione della sua tesi quest’estate la sua associazione, Progetto Aita, ha radunato 90 ragazzi autistici e li ha inseriti in summer camp aperti a tutti.
Nei campus organizzati da prestigiose società sportive di Catania, Milano e Roma ad ogni ragazzo è stato affidato un tutor, uno psicologo specializzato sull’autismo. Nessun marchio, nessuna distinzione, tutti con le stesse divise.
In questi casi bisogna solo conoscere il bambino e la sua sindrome, che sarà diversa da quella degli altri bambini, così come ogni individuo è diverso dall’altro, per statura o carattere.
Ogni bambino autistico ha un proprio personale modo di interagire e vedere la realtà e il suo modo di apprenderla è un po’ come un imbuto: il canale è stretto ma se le informazioni arrivano liquefatte, scivolano sino al destinatario.
Tutti abbiamo seguito la storia di Andrea, ragazzo autistico e di suo padre Franco, presenti ormai in tutti i media nazionali e non solo.
Andrea ha raggiunto un grado di consapevolezza di sé, tale da comprendere il suo status, scrivere al computer le sue paure, il suo mondo interiore e i suoi interessi. Un cammino intimo che ha portato padre e figlio a intraprendere un viaggio lungo da Miami a Los Angeles in Harley Davidson. Vacanza che ha creato il libro “Se ti abbraccio non aver paura” nel quale l’autismo viene descritto come una vita «diluita nel mezzo e troppo densa ai lati».
Sulle cause dell’autismo, la scienza non ha ancora dato una precisa indicazione e, come accade nelle scuole, ancora oggi esiste un forte disagio quando si affronta la materia. Fatto sta che il disturbo meriterebbe la giusta attenzione, scevra da interessi, poiché si parla di dati epidemiologici molto significativi e in aumento.
Alcuni ricercatori, che hanno condotto un recente studio dall’Autism Center of Excellence dell’Università della California, sostengono che il disturbo autistico si elabori durante lo sviluppo del feto ed in particolare della corteccia celebrale. Lo studio è stato portato avanti paragonando la corteccia di bambini sani con quella di bambini affetti da disturbi dello spettro autistico, rilevando in questi ultimi delle anomalie.
Le tesi che generano maggiori polemiche, tuttavia, sono quelle legate al nesso causale con il vaccino trivalente. Una battaglia che non ha prodotto ancora soluzioni o meglio, che non ha prodotto ancora soluzioni “scomode”.
Negli anni novanta il medico britannico Andrew Wakefield condusse, insieme ad altri suoi colleghi, degli studi che dimostravano una correlazione fra vaccino MPR, disturbi dello spettro autistico e malattie gastrointestinali.
Lo studio, poi ritirato perchè palesemente inficiato da un campione statistico di base insignificnate e con risultati manomessi, fu pubblicato su una nota rivista medica, tuttavia, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha sempre escluso un’ eventuale correlazione fra le cause dell’autismo e la vaccinazione trivalente.
Molte però sono le sentenze dei giudici che non sono completamente d’accordo con l’OMS. Fra le tante possiamo citare la sentenza n. 219/11 del Tribunale di Urbino che condannava al risarcimento del danno la Regione Marche e il Ministero della Salute (contumace) nella controversia in materia di previdenza e assistenza con oggetto richiesta di indennizzo ex lege L. 210/92.
In quel caso si era ritenuto valido il nesso causale fra vaccino antiepatite B e l’insorgenza del disturbo autistico.
Allo stesso modo la sentenza del Tribunale di Rimini (sez. lavoro) 146/2012 stabiliva il legame fra vaccino MPR e autismo, sentenza ispirata dallo studio di Wakefield.
Ancora non si conoscono le cause certe dell’insorgere della sindrome autistica, tuttavia, ci sono in gioco non poche forze. Da un lato gli studi (quello di Wakefield e qualcun altro) e non poche sentenze che sanciscono, seppur in termini legali, un qualche legame fra vaccino e autismo, dall’altra la comunità dei medici che nega un qualsivoglia nesso causale.
Non spetta a noi decidere quale sia la versione di fatti più vicina alla realtà, tuttavia, le varie sentenze e non ultima la decisione del PM di Trani di indagare su tali cose fanno pensare.
Certo è, che una diminuzione dei vaccini, fondata su semplice paura piuttosto o su dati effettivi, comporterebbe non solo qualche caso di morbillo in più, ma un declino economico generale dei colossi farmaceutici che alimentano l’industria dei vaccini nonché un costo per la società che dovrebbe investire in ricerca in maniera molto più massiccia.
Ciò che ci chiediamo è se è possibile, oggi, che gli interessi delle case farmaceutiche vadano a confliggere con quelle dei cittadini che di quelle si dovrebbero fidare in quanto produttrici di prodotti molto spesso salvavita. Purtroppo gli ultimi accadimenti di cronaca non lasciano certo molto spazio alla fantasia e anzi ingenerano ed alimentano tutti i dubbi possibili.
Un ultima notazione lasciatecela spendere contro i cosiddetti ‘guru’ della cura dell’autismo che spesso si appalesano più come veri e propri cialtroni approfittatori che non come punti di riferimento per chi è perennemente in cerca di una panacea per questo male. Il sistema sanitario e il sistema giudiziario qui dovrebbero essere non solo inflessibili ma implacabili, contro costoro che speculano per chiari finalità economiche (visite che costano da 300€ in su, esami pseudoclinici perlomeno fantasiosi e tassativamente a carico dei budget delle famiglie, fantasmagoriche cure farmacologicamente rigorosamente non allopatiche. Ci sono famiglie che per seguire il miraggio di queste cure che a conti fatti sfiorano anche i 2000 € mensili, si sono indebitate ricorrendo persino agli strozzini. Questo business della speranza deve finire, in ogni caso e non solo per l’Autismo.
Comunque, in qualsiasi senso si voglia e quale sia il punto di vista dal quale si intende ammirare la situazione, la posta in gioco è sempre troppo alta.