E’ stato dimostrato che se si interviene precocemente si possono migliorare molti sintomi collegati allo spettro autistico e i gruppi di ricerca dovrebbero valutare l’efficacia dell’intervento precoce anche sui problemi collegati all’alimentazione oltre a valutare un sistema per impedire che le cattive abitudini alimentari si radichino nei comportamenti degli autistici
La parola autismo è un grande calderone che racchiude pazienti molto diversi tra loro, seppure uniti da tratti in comune. Diversi anni fa il disturbo veniva letto in maniera psicodinamica e la responsabilità veniva attribuita alla cosidetta “mamma frigorifero”. Nel corso degli anni questa visione sbagliata è stata superata ed è ormai stato dimostrata l’origine biologica dell’autismo infantile, nel senso che pur ignorando quale sia la causa, si esclude una responsabilità nel comportamento dei genitori. Questa malattia ha una genesi multifattoriale e può essere determinata da condizioni cliniche molto diverse, tra cui quelle mediche generali come le intolleranze alimentari o patologie metaboliche come la fenilchetonuria , cause genetiche (x fragile, anomalie cromosomiche etc), sensoriali come la sordità , psicosi in fase iniziale e alterazioni del Sistema nervoso centrale come le encefaliti o la sclerosi tuberosa (dal sito web del Prof. Vicari, Bambin Gesù, Roma).
Premesso questo, mentre nei casi più gravi la diagnosi viene fatta facilmente, quando i pazienti non presentano tutta la sintomatologia dello spettro, invece di usare la parola “autismo” si tende a parlare di “sindrome pervasiva dello sviluppo”. Un fattore che accomuna il 90% di questi bambini sono i problemi legati all’alimentazione, che possono essere limitati con l’applicazione di tecniche comportamentali (Kodak & Piazza, 2008). Da un’analisi descrittiva di soggetti selettivi nei confronti del cibo, Borrero e colleghi, su 25 bambini di cui 3 autistici, mostrarono che le reazioni più frequenti dei bambini davanti al cibo sono quelle di abbandonare la tavola o non mostrarsi interessati. Valdimarsdottir e colleghi (2010) provarono a rinforzare dei comportamenti alternativi, tipo non permettere di lasciare la forchetta, e notarono che uno dei bambini autistici diminuì la sua opposizione al cibo e cominciò a provare anche il cibo che non preferiva. Laud e colleghi (2009) valutarono l’efficacia di un programma interdisciplinare per 46 bambini autistici. Ogni partecipante ebbe una terapia basata su principi di analisi di comportamento applicato per 3 h al giorno e terapia orale motoria per 1h al giorno, 5 o 7 giorni alla settimana. L’accettazione del cibo e i grammi in più di cibo consumati aumentarono e il rifiuto del cibo diminuì. Sebbene la ricerca recente su questo tema sia limitata c’è un grosso filone di ricerca per una popolazione pediatrica con problemi di alimentazione simili che potrebbe fornire una guida per ulteriori studi sugli autistici. Tradizionalmente, l’estinzione del comportamento di abbandonare la tavola si ottiene impedendo al bambino di lasciare il cucchiaio o la forchetta e si possono utilizzare anche altre procedure contemporaneamente, ad esempio si possono presentare al bambino simultaneamente cibi favoriti e non (Buckley & Newchok,2005). Nel 2007 Girolami e colleghi dimostrarono infatti che rimettere il cibo in bocca al bambino, dopo che lo ha sputato usando uno spazzolino era più efficace rispetto a ripresentarlo col cucchiaio. L’espulsione del cibo diminuiva anche se sin dall’inizio i bocconi erano presentati con lo spazzolino. Altre prove condotte dal gruppo di Bachmeyer (2009) dimostrarono che, non rimuovendo il cucchiaio quando il bambino cerca di scappare e cercando di mantenere la sua attenzione aumentano l’accettazione del cibo e diminuiscono il comportamento inappropriato.
Per quanto riguarda la selettività , altri studi su un campione maggiore di individui potrebbero essere portati avanti per continuare il lavoro di Munk e Repp (1994) and Patel, Piazza, Layer, Coleman, e
Swartzwelder (2005) e per determinare come la grandezza del boccone, il tipo di cibo, la consistenza, il colore, il sapore e la forma del cibo, ma anche il tipo di utensile usato, possano influenzare il comportamento alimentare degli autistici. Questo tipo di analisi potrebbe essere utile per prescrivere trattamenti per manipolare delle variabili come la consistenza ed espandere quindi la varietà di cibo accettabile per un bambino autistico.
Un altro ausilio potrebbe essere quello basato sul principio del condizionamento sapore-sapore. Ad esempio Mueller e colleghi (2004) dimostrarono, ottenendo risultati su due bambini autistici, che, mischiando cibo preferito con quello non preferito e gradualmente aumentando la proporzione del non preferito nella ricetta aumenta la varietà di cibo consumato. Questa scoperta è in accordo con gli studi che dimostrano che l’introduzione di un nuovo sapore , mischiato a quello già conosciuto e preferito dà come risultato una preferenza anche del nuovo sapore. Esistono anche altri metodi per condizionare la preferenza e l’avversione dei sapori (e.g., Green & Garcia,1971) che potrebbero essere utilizzati in combinazione con gli studi fatti sul comportamento degli autistici e che potrebbero fornire utili informazioni per la formulazione di trattamenti specifici per soggetti affetti da autismo.
Siccome i bambini autistici sono abitudinari (Kodak & Piazza, 2008), si dovrebbero esaminare per primi i trattamenti per i disordini alimentari pediatrici che coinvolgono l’abitudine. Ad esempio Patel e colleghi (2007) aumentarono l’accettazione di cibo di un giovane paziente affetto da sindrome pervasiva dello sviluppo proponendogli ogni giorno prima 3 volte un cucchiaio vuoto e poi un cucchiaio pieno.
E’ stato dimostrato che se si interviene precocemente si possono migliorare molti sintomi collegati allo spettro autistico e i gruppi di ricerca dovrebbero valutare l’efficacia dell’intervento precoce anche sui problemi collegati all’alimentazione oltre a valutare un sistema per impedire che le cattive abitudini alimentari si radichino nei comportamenti degli autistici. Infine purtroppo non si sa molto su quanto la dieta limitata degli autistici influenzi lo sviluppo motorio, cognitivo e comportamentale dei bambini autistici e questo ovviamente è il punto di maggior importanza.
(per ulteriori approfondimenti si consiglia la review di Volkert del centro medico del Nebraska vvolkert@unmc.edu)
 SPECIALmenteNOI
a cura del dr. Stefania Piscopo Brown
Laboratorio di Fisiologia Generale ed Evoluzione
Stazione Zoologica Anton Dohrn