Sempre più artisti, mettendo a disposizione le proprie doti con manifestazioni ed eventi, in collaborazione con associazioni benefiche, portano un po’ di vero ossigeno a coloro meno fortunati, a coloro che la vita ha davvero messo a dura prova, e che trascinano sulle proprie spalle fardelli spessi e logoranti, macigni pesanti che gravano tanto su stessi quanto sui familiari che li circondano. Quest’ultimi, spesso, si trovano ad improvvisarsi operatori di un settore sanitario a loro sconosciuto, maneggiare da autodidatti aggeggi salvavita, per rendere meno faticosa la vita di quel tanto amato parente.
Ed allora perché non istituire dei corsi di formazione per imparare e controllare con abilità i vari dispositivi vitali per i malati di Sla? Ed è proprio per tal motivo che abbiamo avuto il piacere di intervistare Aurora Giglio, attrice e insegnante di musica, nota al pubblico come la “Signora della Posteggia”, dedita alla causa per animo nobile ed esperienza famigliare, che la portano quindi ad essere ben informata sui fatti, e su ciò che grava attorno ai malati di sclerosi, particolari e dinamiche del tutto ignote a tanti.
Ci racconti un po’ di lei, chi è Aurora Giglio?
Sono diplomata al Conservatorio. Negli anni 80’ sono stata suonatrice della tammuriata con tanto di fisarmonica per le viottole del capoluogo partenopeo, ma dopo poco ho scoperto quale fosse la mia vera passione, quella per la canzone classica napoletana ottocentesca, per me lingua madre musicale. In una forma particolare, quella della “posteggia”.
Che cos’è la “posteggia”?
Un piccolo spettacolo ex temporaneo al tavolo per pochi invitati, a richiesta e in acustica senza amplificazione. Tuttavia io ho approfondito molto il repertorio, sia la tecnica vocale che quella strumentale. Ma non lirica, perché se no si trasfigura il testo, poiché la canzone napoletana è poesia. Ho avuto il piacere di lavorare con l’ultimo posteggiatore napoletano Giovanni Quintiliani. Durante la posteggia, nulla è improvvisato, se no che la scaletta venga dettata dall’avventore.Inoltredisciplinari rigorosi che io ho rintracciato e organizzato in un corso, con l’auspicio che venga attuato in una struttura che a Napoli ancora non c’è, vale a dire “la casa della posteggia”. Sono anni che mi batto per questo tipo di istituzione, a mio avviso potrebbe essere un monumento intangibile, a discapito anche dei tanti turisti che ogni giorno visitano Napoli e che magari incuriositi vogliono appunto assistere ad un simil spettacolo suonato e cantato da professionisti autentici, veraci e soprattutto “made in Naples”, ma purtroppo per mancanza di luoghi a disposizione, si trovano cosi costretti a rinunciarvi.
La gente del posto vuole riappropriarsi di queste canzoni, della propria cultura, del proprio patrimonio. Parliamo di ben quattrocento pezzi di repertorio classico, di cui si conoscono solo tra i venti e trenta brani. Tuttavia oltre alla canzone classica napoletana, mi dedico anche al recupero delle “macchiette” al femminile.
Di che cosa si tratta?
Canzoni umoristiche, prendo in prestito dei tratti paradossali degli aspetti sia dell’ambito maschile che femminile. Non a caso, venerdì 17 aprile sono a Sant’Anastasia presso il teatro Gregorio Rocco, dove terrò un concerto dal titolo “Come rideva Napoli”. Riprendo dal passato delle macchiette sconosciute e/o quasi, con stereotipi ben conosciuti, quali la donna aggressiva, la casalinga disperata, la timida, la mite e tante altre.
Parliamo di “Sla…cciamoci”, che cos’è e da dove prende spunto l’idea?
Tutto è partito dall’interno della famiglia, mia cognata, Maria Irene Cataldi, sorella di mio marito, persona valida, insegnante di matematica, affetta da Sla da undici anni, completamente paralizzata.Quattro anni fa fato funesto ha voluto toglierle l’unico figlio, un ragazzo di sedici anni, morto durante un’esercitazione in barca a vela. Ma nonostante il destino a lei avverso, Maria Irene è forte e resiste. È seguita da tre badanti più noi famigliari, c’è da dire che con la Sla si ammala la persona ma colpisce tutto l’intero nucleo.Dopo l’evento mediatico della scorsa estate del secchio di acqua gelata, io le ho chiesto cosa potessimo fare per rendere meno tortuose le sue giornate. Lei mi ha risposto tramite puntatore oculare,“che fosse istituito un corso per formare persone in grado di maneggiare a dovere questi macchinari che li mantengono in vita, già li immaginava nella sua mente,ma ovviamente si necessitava della complicità di un risuonatore, che facesse da filtro di diffusione”.E quindi io e mio marito, Vittorio Cataldi, anche lui conosciuto musicista napoletano abbiamo deciso di mettere su questo evento benefico per raccogliere fondi e dare visibilità ma soprattutto attuare il programma del corso di formazione messo appunto fin nei più piccoli particolari dalla stessa Maria Irene con l’ausilio di Angelo Mabilia.
Quindi abbiamo chiesto al Dott. Francesco Montanino, Dirigente Responsabile dell’Asl Na1, nonché presidente dell’associazione no profit “Città aperta”, di sostenerci nell’organizzazione e nell’attuazione dei corsi per le persone da formare, senza però dimenticare il fattore psicologico, poiché il primo impatto è davvero considerevole. Infatti poi i corsisti formati con tanto di attestato di frequenza saranno inseriti in un indice presso la Municipalità Quinta, a disposizione dei malati affetti da questa grave patologia.
Quando e dove si terrà?
Lo spettacolo si terrà il 19 aprile presso il Teatro dei Salesiani Auditorium Salvo D’Acquisto, sito in Morghen – Napoli alle ore 18.
Particolare assai avvincente è che per rendere la manifestazione più intensa, dal momento che io principalmente mi occupo di varietà e recupero di copioni d’epoca degli anni 30’-40’-50, ho inserito all’interno dello spettacolo trenta ballerini. Gli stessi, sono allievi danzatori di sette famose scuole di danza, coordinati per la pièce da due professionisti, coreografi ballerini, Ida e Angelo Marino, che volteggerannosul palcoscenico sulle note della “Nuova Orchestrina Vesuvio”.
Puoi dirci qualcosa in più sullo spettacolo?
È uno spettacolo di varietà che riprende ritmi e atmosfere sia dal Cafè Chantant che dall’avanspettacolo. La storia è ambientata su un vecchio palcoscenico di un teatro degli anni 50’, ballerine e l’intero gruppo di lavoro intenti a provare, e nel contempo aspettano l’arrivo della grande diva, Gilda Mignonette, cantante e sciantosa nel teatro di varietà. Ma la divina non giungerà mai in teatro, non potendo così calcare il palcoscenico.
Come mai? Cosa succede?
Venite a vedere lo spettacolo e lo scoprirete. Nel frattempo vi anticipo solo che la “storia di Napoli non finisce mai”.
Data unica o ci saranno delle repliche?
Io mi auguro che ci siano delle repliche, poiché oltre il recupero di questi vecchi copioni degli anni 50’, non sottovalutiamo l’aspetto propedeutico dei ballerini, che hanno cosi la possibilità di mostrarsi al grande pubblico e poi soprattutto la cassa di risonanza per il progetto appunto Sla..cciamoci, che fa luce sui veri disagi dei malati affetti dalla grave patologia. Infatti sarebbe davvero un passo avanti affidarli a persone competenti e formati, alleviando così il carico alla famiglia senza danno e timore per il proprio caro.
Dov’è possibile acquistare i biglietti per lo spettacolo?
È stata effettuata una grossa prevendita, ma ci sono ancora posti disponibili presso i botteghini. Inoltre l’intero progetto è stato sponsorizzato dalle associazioni culturali Onlus “Salotto Giglio” e “Città aperta”. Quindi è possibile contattare le stesse per info, prevendite e prenotazioni.Doveroso e importante ricordare che l’intero ricavo sarà totalmente devoluto alla causa.