Il 25 maggio del 1895 Oscar Wilde viene condannato dal giudice Willis a due anni di lavori forzati per omosessualità, il massimo della pena prevista dalle rigide leggi dell’epoca Vittoriana. Ad accusarlo, Lord Queensberry, il padre di Bosie, il ragazzo amato da Wilde.
Moisés Kaufman, autore e regista newyorchese di origine venezuelana, ci racconta attraverso un avvincente montaggio di reperti tratti dai verbali giudiziari e altre testimonianze, la vita dello scrittore e, in particolare i tre processi che lo coinvolsero. Kaufman, come spiega lui stesso, cerca di raccontare la Storia attraverso il teatro, tenendo conto delle diverse versioni di quello che era successo durante quei processi: George Bernard Shaw, Lord Alfred Douglas, Frank Harris, Oscar Wilde, ognuno raccontava una sua personale, e a volte molto diversa, storia di quanto era accaduto.
In scena, osserviamo lo svolgimento del processo, dal quale emerge come l’ipocrisia benpensante dell’opinione pubblica osteggiò Wilde, nonostante fosse un celebre e amatissimo scrittore e drammaturgo. La messinscena di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia, con il supporto dei nove straordinari attori, ognuno dei quali interpreta più di un personaggio, riesce a travalicare i confini della ricostruzione storica, trasformandola in un rito teatrale in cui si parla di arte, di libertà, di teatro, di sesso, di passione e in cui si aprono squarci poetici e incursioni commoventi nell’opera del poeta.
Così il processo a Wilde diventa il processo a qualunque artista proclami con forza l’assoluta anarchia della creazione.